“COLLATERAL BEAUTY”: COME RIUSCIRE A COGLIERE LA BELLEZZA COLLATERALE ANCHE NEL DOLORE

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di Mariantonietta Losanno

Howard (Will Smith) è un dirigente pubblicitario di successo. La sua vita trascorre serena fino alla morte prematura della figlia di soli sei anni; da allora, si chiude in se stesso, si rifiuta di reagire e sfoga tutta la sua rabbia scrivendo lettere che indirizza a “cose”, nel tentativo di trovare una risposta al suo dolore: Amore, Tempo, Morte. I suoi tre migliori amici e colleghi di lunga data vengono a sapere di queste lettere e assoldano tre teatranti perché impersonino queste entità astratte e dialoghino con Howard, così da scuoterlo e riportarlo alla consapevolezza che la vita può proseguire nonostante la sofferenza.

%name “COLLATERAL BEAUTY”: COME RIUSCIRE A COGLIERE LA BELLEZZA COLLATERALE ANCHE NEL DOLORELa pellicola ci catapulta immediatamente all’interno del dolore del protagonista. Una sofferenza così forte da far perdere stimoli o iniziative, voglia di fare e di relazionarsi con altre persone: conseguenze tipiche di uno stato depressivo particolarmente grave (il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ha proposto la diagnosi di “disturbo da lutto persistente complicato”). Non ci sono fasi predefinite o reazioni più o meno “giuste” alla perdita di una persona cara; di solito, da una iniziale negazione dell’evento -con profonda angoscia, tristezza ed ansia associate alla mancanza di motivazione- si arriva alla sua progressiva accettazione, che porta al recupero di un buon funzionamento, alla rielaborazione sul piano affettivo e cognitivo e all’acquisizione della capacità di stare al mondo anche senza la persona defunta. “Collateral beauty” non è un film da catalogare, e probabilmente non è stato compreso e apprezzato a pieno proprio perché quello che vuole indagare è molto profondo. Non si tratta di pessimismo cronico, il film non cerca la lacrima ma analizza un concetto che a molti spaventa: la tristezza. L’approccio scelto dagli amici per aiutare Howard ad affrontare il dolore è molto più complesso di quello che può sembrare, e si rivelerà molto più utile per loro stessi per affrontare i propri demoni e le proprie paure. L’idea viene in mente a uno dei co-protagonisti che, parlando con la madre affetta da Alzheimer, capisce che per scatenare qualcosa in persone che non riescono più a vedere la realtà così com’è, si deve entrare nella loro visione del mondo attuale. Per Howard é un modo per relazionarsi faccia a faccia con i “responsabili” del lutto subito, è l’unico modo per dare senso alla situazione che sta vivendo. Il fatto che abbiano sembianze umane da un’idea di concretezza diversa: Howard può fare i conti con l’ineluttabilità della fine con la Morte, può affrontare il Tempo che determina la nostra esistenza e può parlare con l’Amore, che ormai crede di non meritare più. Vedere queste figure materializzarsi davanti ai suoi occhi lo spinge a partecipare ad un gruppo terapeutico: finalmente Howard può condividere le sue emozioni in un “luogo sicuro” che gli consente di raccontare la propria storia di vita e di ascoltare l’esperienza di perdita di un altro.

%name “COLLATERAL BEAUTY”: COME RIUSCIRE A COGLIERE LA BELLEZZA COLLATERALE ANCHE NEL DOLORE“Collateral Beauty” è stato paragonato ad una brutta copia di “Canto di Natale” di Dickens: è stato criticato per essere “melenso”, eccessivo. Perché è veramente facile spingere alla commozione il pubblico raccontando di un padre a cui è morta la figlia di sei anni, oppure di un padre che sta morendo di tumore pochi mesi dopo la nascita del primogenito, o di una donna che ha dovuto rinunciare a mettere su famiglia per perseguire una carriera, o ancora di un uomo divorziato la cui figlia non vuole più parlargli perché gli addossa la colpa della separazione. Forse dipende dalla sensibilità di ognuno di noi riuscire ad apprezzare a pieno questa pellicola: c’è chi coglierà un’eccessiva tristezza, chi troverà forzata la scelta di raccontare più storie dolorose una dopo l’altra, chi troverà invece consolazione o comprensione del proprio dolore. O chi si chiederà come si possa parlare di “bellezza collaterale” quando la tematica principale del film è il lutto. Anche a questa domanda, non può esserci un’unica risposta. La “bellezza collaterale” può essere una speranza, un sorriso, un gesto cordiale da parte di uno sconosciuto, una poesia. Può essere la vita che non smette di sorprenderci, la capacità di ognuno di noi di riuscire ad andare avanti: la “bellezza collaterale” ci ricorda di godere di quei brevi frammenti di tempo che rendono la vita brillante, anche nel dolore. Ognuno di noi può associare un significato diverso, l’importante è avere ancora la forza e la sensibilità di coglierlo.

%name “COLLATERAL BEAUTY”: COME RIUSCIRE A COGLIERE LA BELLEZZA COLLATERALE ANCHE NEL DOLOREPiù che di accettazione, forse, bisognerebbe parlare di adattamento ad una “nuova vita” che viene dopo la perdita della persona cara. Tutto viene ricostruito: i ricordi, le emozioni, i legami. “Collateral beauty” -che vanta un cast d’eccezione composto da Kate Winslet, Edward Norton, Keira Knightley e Helen Mirren- ci insegna come riconciliarci con noi stessi, come prendere coscienza delle proprie sofferenze (ma possono anche essere fallimenti, difficoltà, imprevisti), e a reagire, rispettando i nostri tempi e il nostro dolore.