– di Nicolò Antonio Cuscunà –
Mai come in questa scadenza e con larghissimo anticipo sono iniziate le manovre per le ELEZIONI amministrative 2021. Al rinnovo saranno chiamati comuni grandi e piccini, capoluoghi di provincia e regionali di tutt’Italia. In Campania: Caserta, Salerno, Avellino e Napoli rinnoveranno sindaco e consiglio. Non è facile disegnare il giornaliero diario di bordo posto in atto da barcaioli, piloti di canotti estivi, mozzi divenuti capitani di corvetta, ammiragli con truppa e allievi d’accademia. Caserta più che uno specchio di mare o di laghetto d’entroterra sembra un “terreno di pascolo aperto” dove chiunque tenta di diventare allevatore o contadino. Le differenze tra gli schieramenti, non facilmente individuabili né localizzabili, sono difficili da marcare per l’impossibilità d’individuare i terreni per il pascolo da quelli per la coltivazione. Per cui, allevatori (pecorari) e imprenditori agricoli (contadini) non distinguendosi invadono gli uni i terreni degli altri. A dire il vero la confusione è più concentrata nell’area con “eufemismo detta di centrodestra”. Nell’emisfero opposto, in senso geografico, ma non di contenuti e metodi culturali e politici, il centrosinistra pare s’intraveda nella reale consistenza di allevatori e contadini. Le iniziali rivolte di peones e capigregge sembrano rientrate. In quell’area, permanendo usi e tradizioni dei vecchi raggruppamenti, la ragione politico-strategica (diciamo così per convenienza) riesce ad avere la “meglio”. Per quanti l’avessero dimenticato o non calcolato, l’amministrazione uscente, nel bene o nel male (la memoria collettiva è inesistente o cortissima) gestisce il governo della città. Ed anche se il termine gestione non è coincidente col “buongoverno” (visti i risultati della classifica nazionale di Caserta agli ultimi posti), sedere nelle stanze dei cosiddetti bottoni, male che va, consente l’uso a gratis di sedie, scrivanie e telefoni, oltre all’elargizioni di clientele a piene mani. I latrati di dissenso e sfiducia sono rientrati grazie al lancio di qualche nomina, promesse, avanzamenti e futuri incarichi. Il variegato universo di sinistra conosce bene le regole. Frequentato da naviganti di lungo corso, professionisti della politica, mestieranti del ricatto, traggono sempre dalle minacce utili benefici. Così procede da sempre, così continuerà. In quei campi da pascolo i greggi ovino-caprini, con o senza zimbari e arieti, trovano raccolta sotto unico pastore. Al massimo qualche pecorella smarrita lasciata fuori dallo stazzo, non stravolgerà il reddito finale, servirà da pasto ai famelici randagi in agguato. Sempre da quelle parti e per tempo, disponendo acume e risorse, costruiranno il recinto dove accogliere le pecorelle smarrite. E facendo appello al collante dell’anti sovranismo-populista e fascista, convergeranno pastore e gregge in un unico ovile.
Totalmente diversa la situazione nell’area di pascolo del cosiddetto centrodestra
Terreno disponibile vasto e ricco, variegato per colture e con abbondanza di armenti da aggregare. Unica pecca: “troppi pastori, guardiagreggi e inservienti senza allevatore”. Il centrodestra in città ha tradizione e oltre ai demeriti amministrativi degli uscenti, avrebbe gioco facile a vincere per sostituire e governare cambiando radicalmente passo e metodi. Di tradizione non si vive, o meglio, la tradizione culturale d’orientamento politico serve ma non è sufficiente. Per cambiare occorrono programmi con unità d’intenti, strategie e forze comuni. Tralasciare egoismi per consentire l’emersione di competenze, capacità’, credibilità, onestà e volti nuovi. Non è facile eliminare ambizioni, cedere posizioni ed indietreggiare per perseguire unità d’intenti. Ciò accade quando la politica non è perseguita quale “servizio alla COLLETTIVITA’, ma quale strumento indirizzato alla conquista di potere personale.
Il centrodestra in città e provincia ha sufficienti e validi rappresentanti in tutte le Istituzioni. Dall’Euro Parlamento, Camera e Senato oltre al vicinissimo Consiglio Regionale. Quindi, gli eletti pongano in essere quanto loro compete per “dovere”, interesse elettorale e per convenienza. Nel caso contrario se ne assumeranno la responsabilità. Non c’è da pensare ad un eventuale colpevole disimpegno, motivato da recondite e non comprensibili, strategie “puntate” ad un’utile sconfitta. Ne resterebbero travolti. Roma ha sotto lente d’ingrandimento Caserta e la sua Provincia, e Roma non vuole imporre, Roma vuole solo vincere per bene amministrare.
I segnali captati nel centrodestra sono flebili se non addirittura impercettibili. In quell’area insistono troppi “accentratori” non disponibili alla mediazione così come indicato dall’alto. La ritrovata unità d’intenti tra Lega-F.d.I. e Forza Italia, espressa col voto favorevole allo scostamento del bilancio è stata un chiaro segnale al Paese e all’elettorato di schieramento. I leader dei tre raggruppamenti sanno bene che da soli non si vince e, pur nelle differenti posizioni strategico-politiche, l’obbligo è la “federazione elettorale” per battere le sinistre. In periferia i capi e capetti, non finemente guidati, tergiversano, temporeggiano perdendo tempo prezioso. La conquista di migliori posizioni non garantirà vantaggi all’atto di presentarsi all’incasso nella ritrovata unità. Preparare liste d’orientamento personale più che di partito è autogoal. Tra pastori, contadini e naviganti non dialoganti, la differenza la fanno le “fughe in avanti” di sfiduciati dai partiti e dagli uomini che male li rappresentano. Il centrodestra non può correre il rischio di spezzare la corda che da solo ha teso e da solo tira. Non può condannare Caserta ad una nefasta continuità col nulla. Il centrodestra di Caserta, per la fiducia sempre ricevuta in città dai suoi elettori, ha il dovere d’accantonare personalismi seggiole, scranni e poltrone puntando a responsabilmente riportare il buon governo ai cittadini. La politica è arte dell’impossibile, per cui, tutto può diventare possibile. Solo alla morte non c’è rimedio, il volere è potere e Caserta va salvata.