UN UOMO DAL NOME BENITO

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L’autore di questo scritto è Stelvio dal Piaz che ebbi l’onore di conoscere negli anni in cui diressi come segretario provinciale il MSI.

“I lettori di queste note non avranno alcun dubbio nell’identificare il personaggio su cui voglio richiamare la loro attenzione. Di Lui è stato scritto tutto e il contrario di tutto; di Lui è stato detto tutto il male possibile e il bene possibile; la Sua vita familiare ed affettiva è stata scandagliata fin nell’intimo del lecito e dell’illecito; la Sua genesi politica è stata analizzata sotto ogni punto di vista e da ogni angolazione; alcuni momenti della Sua vita hanno toccato l’apoteosi della gloria, mentre il suo declino umano e politico è stato caratterizzato dal tradimento e dalla solitudine.

A distanza di oltre settant’anni ogni notizia, ogni immagine che riguarda quest’Uomo così amato e così odiato, desta interesse e fa ancora “cassetta “. Lo sanno bene gli editori! E lo sanno bene anche dei giornalisti che si fanno scrittori o scrittori che per vincere premi letterari riprendono Mussolini e tentano di romanzare la Sua vita, la Sua ascesa e la Sua caduta. Sono stati scritti tanti <libelli> in cui viene descritto un Mussolini disperato che ha perfino gettato nella mischia anche dei ragazzini. NON HANNO CAPITO NIENTE!  E come potevano capire certi italiani con la coda CRESCIUTI ALL’OMBRA DEL DISONORE E DELLA MENZOGNA.

Migliaia di ragazzini e di giovanissime ragazze si presentarono nelle caserme e nelle sedi del partito volontariamente per arruolarsi nelle nuove FF. AA. della Repubblica, per cui si rese necessario regolamentare la loro posizione ed ottenere di conseguenza anche l’autorizzazione genitoriale. In un primo momento si tentò anche di rimandarli a casa ma tutto fu inutile! E questi ragazzi e ragazze, cresciuti all’ombra del LITTORIO, si sono comportati bene fino all’ultimo, cari “pennivendoli” della domenica! Li avete raccontati come dei fanatici suggestionati dal clima creato dal Fascismo. NO!

Ragazze e ragazzi entusiasti, disciplinati e consapevoli, che nel momento della verità sentirono il richiamo della stirpe e seppero anche morire! Esempi che rimangono nel libro della storia:  ausiliaria Franca Barbier, medaglia d’oro al valor militare,  posta di fronte al dilemma tra la salvezza della vita e la fucilazione se rinnegherà, accetta la sua sorte e comanda lei stessa il plotone d’esecuzione; Guido Piovaticci ancora un ragazzo lascia un biglietto in cui scrive con mano ferma: sono morto per l’Italia: lo sguardo fiero di Solaro, l’uomo che sfidò la Fiat e Wall Street: Robert Brasillach, il poeta  del fascismo –  così definito da Adriano Romualdi. – alla sentenza di condanna a morte, quando uno del pubblico grida “è una vergogna!” Risponde con voce ferma: “no, è un onore”.  Solo alcuni esempi che noi sopravvissuti vogliamo ricordare soprattutto a noi stessi, anche per l’ambizione di volere – a nostra volta – essere ricordati con i versi finali di una poesia di Giuseppe Giusti: “e buon per me se la mia vita intera / mi frutterà di meritare un sasso / che porti scritto: “non mutò bandiera”.

Anche recentemente sono usciti due libri sull’UOMO BENITO, personaggio che è ancora nella coscienza di tanti italiani. Non voglio citare questi due libri né tantomeno gli autori perché questi due libelli sono stati portati in giro in tutte le televisioni e in tutti i siti mediatici per cui anche i lettori di queste note ne sono a conoscenza. Una cosa chiedo: NON comprate questi libri, non fatevi attrarre dal desiderio di conoscere. Non troverete la STORIA né tantomeno, l’obiettività e la VERITÀ Sono il frutto del momento in cui si fa ancora cassetta su chi non si può difendere, né su chi potrebbe mediaticamente ricollocare il PERSONAGGIO al posto che gli compete attraverso i documenti che abbiano valore storico incontrovertibile. E allora mi chiedo – parlandone fra di NOI – cos’altro c’è da aggiungere? Come Volontario R.S.I. classe 1929, sento necessariamente il bisogno di aggiungere qualche cosa che riguarda il sentimento particolare che ci lega ancora all’Uomo Benito e che si riferisce all’immagine percepita da noi giovani e giovanissimi volontari, immagine che è rimasta perenne nel nostro patrimonio dei ricordi.   È il Benito dal solito sguardo profondo e magnetico, smagrito e pallido, in semplice divisa grigioverde, senza orpelli, greche, privo di <aquiloni> sul cappello, ma una semplice <bustina> militare, camicia nera – quella SI sempre! – e sulle maniche della giacca un <simbolo> che nelle stesse divise dei vari reparti anche in camicia nera era quasi scomparso: le due righe rosse da squadrista. Quello è il nostro Mussolini, quello è il Mussolini rivoluzionario e rinnovatore, il Mussolini che ha guidato i nostri nonni e i nostri padri in tutte le battaglie nell’interesse supremo della Patria e per il bene comune, è il Mussolini nostro Capo amato e riconosciuto in Repubblica Sociale Italiana. Quell’immagine ci lega a Lui con rispetto profondamente umano, mistico vorrei dire;  è una caratteristica che ci distingue da tutti e che ci fa ancora affermare con orgoglio consapevole: SI, sono un fascista, un fascista repubblicano, un soldato di MUSSOLINI! È reato? Si, in questa repubblica demo-parlamentare che dovrebbe garantire tutte le libertà è punibile con leggi liberticide anche il <reato di opinione>. È stata istituita la <polizia del pensiero>. E allora, per coerenza, cosa posso dire ancora se non: ME NE FREGO!”

Stelvio Dal Piaz