– domande di Francesca Nardi –
Parlare con Alessandro Scorciarini Coppola è illuminante sempre e comunque…Il suo distacco ed un elegante disincanto, che rasentano quasi, la linea della perfezione, superandola soltanto per diventare placida, consapevole ironia, lasciano intendere un risultato raggiunto faticosamente, non senza profonda amarezza e persino dolore, un attraversamento esistenziale di sé e dei rapporti umani, ricco di luci ed ombre ma sorretto da un unico invariabile elemento: la coerenza. Riprendiamo oggi la nostra conversazione con lui e vista l’origine animale della pandemia che sta investendo come un tornado anche la nostra mente attanagliandoci in una morsa di paura e di ignoranza, chiediamo il suo prestigioso parere sull’argomento.
“Dopo il martellamento che da mesi stiamo subendo dai media e dalla politica ritengo sia arduo e a rischio di scivolare nel ridicolo tentare di introdurre nuovi elementi di discussione sulla pandemia. Un martellamento senza pietà che prosegue a ogni ora del giorno e della notte; non se ne scampa. Mi viene da pensare che si tratti di un esperimento antropologico per misurare fin dove possa arrivare la sopportazione umana”.
- Ci provi…superi l’avversione istintiva verso tutto ciò che appare come un disegno stabilito, aggiri l’ostacolo e parli…La conosciamo quel tanto che basta per avere la certezza che cose da dire ne avrà parecchie.
“Non è impossibile dire qualcosa di nuovo se si affrontano gli aspetti che la stessa politica e gli stessi media dribblano e glissano proponendo una narrazione confusa. Cercherò di fornire il mio modesto contributo, spero evitando di aggiungere confusione alla confusione. L’avverto, però, della mia indisponibilità a omologarmi al generale silenzio su certi aspetti”.
Cosa intende dire?
“Penso che stia sfuggendo il vero senso di un problema certamente del tutto nuovo che ci troviamo ad affrontare. Come se si trattasse di una vicenda burocratica che i nostri burocrati insieme a quelli di Bruxelles debbano affrontare e risolvere rapidamente”.
Secondo lei, perché glissano, dribblano e tacciono?
“Perché non sanno che dire e che fare; non ne sono all’altezza. Di acqua sotto i ponti ne è passata ma il fatto che l’Occidente non si scrolli ancora di dosso il senso di colpa portato dal colonialismo fa sì che, anche in questo frangente, questa ossessione ideologica, accompagnata dal timore di passare per razzisti, una parola, questa, oramai destituita di senso, freni la libertà di parola e di critica e impedisca di usare i termini giusti e di mettere in campo le azioni giuste. Tutti diligentemente muti. Tranne uno, poi dirò”.
Ci sta incuriosendo. A chi si riferisce?
“Il primo degli aspetti che non si affronta è quello di non ricordare che, prima d’ora, la pandemia era trattata in alcune facoltà universitarie come una evenienza sanitaria ormai teorica, visti gli enormi passi avanti fatti dalla medicina dal tempo della “Spagnola” di cent’anni fa. Ma non si teneva in debito conto la stupidità umana che l’ha causata e la superficialità della politica occidentale con la quale all’inizio è stata sottovalutata. Per quanto ne so, eccetto un politico, il Governatore del Veneto, Luca Zaia. Egli, non a caso, ha il mio stesso titolo di laurea in Scienze della Produzione Animale, quindi ha studiato le stesse cose che ho studiato io (che, però, ho dato anche 32 esami di Medicina Veterinaria) e sa quanto i Coronavirus siano diffusi nel mondo animale, selvatico e non. Ebbene, Zaia se ne uscì con la famosa frase “…tutti li abbiamo visti mangiare i topi vivi”, frase che gli fu fatta subito ritirare dal resto della politica. Una frase certamente brusca, poco istituzionale, inopportuna forse, da correggere e migliorare che però esprimeva una realtà. Altre verità sono, poi, pervenute dal collega veterinario Oscar Grazioli, purtroppo relegato in un articolo in decima su “il Giornale” del 29 febbraio e dalla nota virologa Ilaria Capua che di recente ho scoperto frequentasse, da specializzanda, la Facoltà di Pisa al tempo in cui la frequentavo anch’io. La Capua, da medico veterinario quale è, per quello che ricordo è stata forse il primo scienziato a spostare in alto il livello di allarme su quanto stesse realmente per accadere. L’opinione della Capua, che conosce molto bene il mondo animale, è quella che ritengo la più attendibile di tutte. E sul vaccino non si sta pronunciando per un liberi tutti a seguire”.
Cosa intende dire a proposito di Zaia?
“È il secondo aspetto; quello di non parlare più del perché e del percome si sia scatenato a Wuhan questo assurdo e incredibile, ma prevedibile pandemonio. Un disastro planetario causato dal fatto che, col pretesto della fame del tempo che fu, alcuni popoli orientali, cinesi in testa ma ci sono pure le due Coree, la Malesia, l’Indonesia, la Cambogia, le Filippine, il Vietnam mantengono la bizzarria gastronomica di cibarsi di specie selvatiche catturate in natura, per poi macellarle alla buona, al momento e in promiscuità, in sfregio a ogni norma sanitaria, nei cosiddetti “mercati umidi”, così definiti per il fatto che chi si reca a fare la spesa assiste allo scempio delle bestie, pestando e spandendo ciò che per decenza non descrivo. E non sussiste, per me, neppure il pretesto, peraltro reale, del flagello della povertà di alcune di quelle aree, perché questa viene coperta e superata dalle crudeltà gratuite dei trasporti e delle uccisioni affinché, sempre secondo quella cultura, le carni siano più gradevoli e diano vigore sessuale. Ma figuriamoci! Per non parlare delle terapie a base di corno di rinoceronte e bile d’orso. In quell’inferno degli animali non si risparmiano neppure quelle specie che, per noi occidentali, sono d’affezione, empatiche e intelligenti, che ci seguono a breve distanza, poste in alto nella scala biologica delle specie viventi e che per questo meriterebbero rispetto: cani, gatti e scimmie. Un miscuglio di umani, animali e, lo sottolineo, dei relativi agenti patogeni, virus, batteri, parassiti, che altrimenti non si incontrerebbero mai. Ne stiamo verificando il risultato”.
Dottore, lei cosa pensa della Cina?
“La Repubblica Popolare Cinese si professa ancora comunista, ma in pochi lustri si è trasformata da arretrata economia agricola a potenza mondiale dal PIL a due cifre, che non perde occasione per ostentare e sbattere inelegantemente, in faccia al mondo modernità, grattacieli strepitosi, ponti che attraversano baie, treni che viaggiano a 500 Km/ora e presto astronauti sulla Luna. Solo che, ha talmente dimenticato l’agricoltura che, anziché impiantare ovunque allevamenti di polli e maiali, induce ancora parte dei cittadini a sfamarsi di pipistrelli catturati nelle grotte o ratti presi nelle fogne per non parlare dei serpenti, dei pangolini e così via. Mica che la Cina si aspetti pure degli aiuti internazionali per tirare su i capannoni dove mettere le galline? Altro che aiuti, piuttosto, dovrebbe pagare i danni; come dopo una guerra. Si tratta dell’ultimo danno arrecato dal comunismo all’umanità”.
Lei appare pessimista, lo è davvero?
“No. Nonostante tutto, resto ottimista; il che non rientra nel mio carattere. Penso, infatti, che, grazie ai vaccini, ci vorrà ancora del tempo, ma la pandemia si risolverà e non credo alla narrazione del complotto del virus sfuggito o fatto sfuggire dal celebre laboratorio per oscuri propositi in barba a James Bond. Credo che il contagio si sia diffuso nel modo più semplice e banale, che ho appena ricordato. È già accaduto due volte; con la SARS del 2003 causata sempre in Cina dal Coronavirus di uno zibetto, una sorta di marmotta e la MERS del 2012 in Arabia Saudita portata dal latte; un consumo consono questo. Due diffusioni limitate che quasi nessuno le ricorda più; neppure i media e la politica”.
Cosa ha fatto la differenza?
“Non lo scopro certamente io: il rapido sviluppo industriale di quelle aree, la conseguente moltiplicazione degli scambi commerciali e turistici e dei voli aerei; cioè la globalizzazione”.
Quindi …cosa dovremmo fare?
“Non si tratta di individuare un responsabile e prendercela con lui. Penso pure, però, che sarebbe giunto il momento di indire una campagna mondiale per pretendere l’immediata interruzione di quegli usi alimentari che qualcuno tenta di nobilitare definendoli “cultura” pena che tutto si ripeta in peggio con Covid 20, 21 ecc. La cultura è altro. Questa è una usanza tribale. E’ questo l’aspetto che mi tiene sul serio in apprensione, non il presente vissuto che oramai percepisco come superato. Sono io stesso a ricordare che insetti e pipistrelli sono composti per il 99% dagli stessi cinque macroelementi (ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto e fosforo) come noi umani e come un bovino ed il calcio si trova nelle ossa del pollo come nella corazza dello scarafaggio. Non sussiste, quindi, nessuna differenza biologica per cui, per quanto mi riguarda, se c’è chi gradisce per cena un “cuoppo” di cavallette fritte, una zuppa di pipistrello o una pantegana arrosto, omologa del coniglio all’ischitana, non ho che da augurare buon appetito. Nessuna meraviglia quindi, né critica su questo da parte mia”.
Se non è questo allora quale sarebbe per lei il punto?
“Il punto vero, per me, come ho detto sta negli aspetti sanitari, nelle crudeltà e nel nutrirsi di cani, gatti e scimmie. Lungi da me voler alimentare un esecrabile sentimento anticinese e antiorientale in genere, peraltro striscianti che potrebbero dar luogo ad altro di ancor più criticabile, ma certe cose nessuno le dice non perché le conosca solo io, ma perché ci sono di mezzo i ritmi del commercio globale. Sta, a questo punto, a noi occidentali decidere se rimanere muti, come d’altronde lo siamo pure nei confronti dell’Egitto per i casi Yaki e Regeni e tenerci Covid 19, sperando di non fare esperienza di Covid 20, oppure avere uno scatto di orgoglio e dignità ribellandoci al nostro PIL a -10 con quello cinese a + 5 tanto che presto verranno da laggiù a comprare al prezzo di saldo i nostri guai da loro stessi causati. Non si tratta di offendere e risentirsi e vedere richiamato a Pechino un ambasciatore quando fino all’altro giorno in Cina ci si vantava a favore di telecamere di mangiare tutto ciò che si muovesse. La “Sagra della carne di cane di Yulin”, prego chi legge di documentarsi in rete se ne ha lo stomaco, si è tenuta persino quest’anno. Ritengo sia davvero il colmo”.
Nulla da eccepire alle critiche che muove
“Non vorrei che le mie parole, certamente dure, fossero male interpretate e strumentalizzate. Contro quel regime comunista aggiungerei dell’altro ma subito dopo mi ritengo molto vicino a quel popolo laborioso per una serie di circostanze. Un mio amico fraterno di Bologna ha avuto una moglie cinese con la quale ha messo al mondo due belle figlie ormai grandi, che vivono laggiù con la madre e attualmente ha una simpaticissima compagna di Hong Kong; la nipote di un mio cognato vive lì felicemente sposata ed è in attesa di un bimbo e, soprattutto, il prozio del mio bisnonno paterno è considerato un ambasciatore culturale in Cina e Mongolia essendo stato il primo occidentale a scrivere nel 1834 un trattato di agopuntura ritenuto ancora oggi valido (basta digitare in rete “agopuntura Vincenzo Coppola”). Qui parliamo di cultura a proposito”.
Vorremmo la sua opinione sul vaccino?
“Come sappiamo, la multinazionale Pfizer lo ha quasi approntato e, forse, non è un caso visto che si tratta di una delle principali case farmaceutiche che producono vaccini per le patologie respiratorie virali di suini e bovini e mi piace pensare che forse si è trovata in vantaggio nella ricerca e nella sperimentazione, rispetto ad una concorrenza che comunque segue a ruota. Mi torna strano o forse non lo è che nel giro di poco tempo si sia di molto ridotto il tempo di attesa annunciato la scorsa estate perché si avesse il vaccino. Dopodiché, come ho detto, mi rimetto soprattutto a Ilaria Capua”.
Vi sono aspetti particolari del problema, che la preoccupano?
“Un altro aspetto che mi preoccupa molto ma molto di più della cronaca quotidiana è l’antibioresistenza. Questa può sommarsi e aggravare un’infezione da Coronavirus ma per essere un problema di massa, come pare sia, deve dipendere da un’assunzione sempre di massa, quella involontaria e inconsapevole causata dalle somministrazioni, per così dire disinvolte e diffuse, praticate alle specie da allevamento, coi principi attivi che finiscono nelle produzioni di latte, carne e uova, dalle quali nessuno scampa; nessuno si illuda. Escludo che possa dipendere dal medico che ha prescritto un antibiotico di troppo o dal singolo che lo ha assunto trovandoselo in casa per una cura fai da te. Ho visto coi miei occhi viaggiare troppi scatoloni da 100 pezzi di antibiotici per pensare diversamente. È un reato contro la salute che denuncio da oltre vent’anni fino al punto da aver lasciato il lavoro nel campo del farmaco veterinario non essendomi mai adeguato al facile andazzo delle vendite al nero. L’infausto giorno che la antibioresistenza, non sia mai, dovesse esplodere, il ricordo di ciò che stiamo vivendo oggi sarebbe nulla”.
Ritiene che l’Occidente abbia responsabilità precise?
“Certamente sì. Voglio ricordare, tanto per dare un colpo al cerchio dopo averne assestato uno alla botte, la vicenda della BSE che partì dalla Scozia negli anni ’90, nota anche come Encefalopatia Spongiforme Bovina o sindrome della mucca pazza, che diventa Morbo di Creutzfeld Jacob nell’uomo. Si trattò di una infezione neurologica causata da un prione, una particella infettiva proteica priva di DNA, quindi priva di informazione genetica che infettò i bovini e poi l’uomo. Era trasmessa da farine di carni, somministrate ai ruminanti fatti così divenire carnivori e cannibali per aumentarne le produzioni. Si è risolta da tempo tanto che si è ripreso a somministrare quelle farine. Come vede, anche noi abbiamo di che vergognarci come sono una vergogna gran parte degli allevamenti intensivi di cui sono responsabili anche i consumatori per la troppa carne che si mangia e il prezzo troppo basso che si pretende pagarla”.
Qual è il suo pensiero sui visoni infetti?
“Negli ultimi giorni abbiamo saputo di qualche caso di passaggio del virus dall’uomo ad alcuni animali domestici e più diffusamente ai visoni d’allevamento per pelliccia. Un altro orrore che pesa pure sulla domanda. Questo anomalo passaggio è detto zoonosi inversa o zooantropozoonosi e si tratta di casi sui quali gli esperti o presunti tali stanno gettando profluvi di ottimismo. Le faccio un esempio. Nel piano della Regione Campania per la eradicazione della brucellosi bufalina, è scritto in prima pagina che la brucella è un virus quando non lo è. Si può leggere in rete. Lo hanno scritto esperti molto ben remunerati che potrebbero impartirmi una lezione sulla brucella, mi creda, solo che l’improntitudine e l’arroganza del ruolo immeritato alle volte oscurano loro la mente. È anche nelle mani di gente così che la nostra salute è affidata. Ne tragga lei le conseguenze”.
Quindi quali sono i suoi suggerimenti?
“Nessuno potrà contraddirmi l’affermazione che nei confronti della Repubblica Popolare Cinese ci sia ben poco da fare, a meno che non si vogliano rompere i rapporti diplomatici e commerciali. Conoscere le verità dalla Cina è impossibile perché quel regime politico illiberale, condiziona l’informazione per cui, tanto vale, non prendere nulla in considerazione. Differente cosa se ci si rivolge alla Corea del Sud e all’Indonesia. La Cina seguirà per emulazione; sappiamo quanto siano maestri nel copiare. A Seul come a Jakarta si vive all’occidentale. Due economie solide e sostenibili. Ce lo ha mostrato il film premio Oscar “Parasite” (parassita) sia pur con risvolti tragici ambientato in Corea. La parte più evoluta di quelle società nutre ormai imbarazzo per certi usi tribali, dai quali vorrebbe essere addirittura liberata, quella di allevare cani per carne, tanto che molti di quegli orrendi allevamenti sta chiudendo i battenti e con essi anche i mercati umidi; l’inferno degli animali come ho detto. È lì che bisogna agire senza che nessuno si senta offeso affinché certe pratiche rischiosissime per la salute umana, analoghe a quelle di Wuhan da dove tutto è partito, vengano interrotte per sempre. Nell’interesse di tutti”.