– di Vincenzo D’Anna * –
Regionali alle porte ed effetto solleone sulle liste che si presenteranno in concomitanza dell’esodo ferragostano, tanto da caricare di ulteriore disinteresse i non addetti ai lavori sulla composizione delle medesime. Sotto l’ombrellone, si sa, non si legge che la cronaca sportiva, più che le cose della politica, salvo in seguito lamentarsi del nuovo record di astensioni che verosimilmente si registrerà. Eleggeremo Governatori di minoranza rispetto alla platea degli aventi diritto al voto ed è facile prevedere che il primo partito sarà quello delle astensioni.
Tuttavia, pur nella eccezionalità del momento, non capita spesso alla politica italiana di restare imbalsamata. Come in Campania, ove pare che il tempo si sia fermato da dieci anni, tanto da ripresentare per la terza volta consecutiva gli stessi sfidanti. Una specie di spareggio tra Vincenzo De Luca e Stefano Caldoro, già vincitori entrambi di una sfida per parte.
Forse sarà stata la quarantena e la rarefazione dell’attività politica a creare, quasi dappertutto, la riconferma degli uscenti, avvantaggiati dall’effetto traino delle ripetute apparizioni televisive. Un plebiscito per i governatori in carica già amati ed un portentoso recupero del consenso e dell’apprezzamento per i meno amati. È, quest’ultimo, il caso del vulcanico Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che in arretrato con il centrosinistra di molti punti rispetto al centrodestra ha rimontato il disavanzo durante la quarantena. Il centrodestra, dal canto suo, arrivato a tentennare oltre ogni decenza politica, alla fine ha designato Stefano Caldoro che corre, secondo i sondaggi, ad handicap con una mezza dozzina di punti da recuperare.
Entrambi hanno governato per cinque anni e hanno disatteso le promesse. Sono due facce della stessa medaglia, il frutto del trasformismo e della gestione del potere di stampo politico-clientelare. A scavare appena, si nota che hanno fallito nei punti chiave delle grandi questioni poste sul tappeto. La prima è quella dell’ambiente. La terra dei fuochi resta quella che era, con un inquinamento microscopico da nanoparticelle, metalli pesanti, prodotti chimici da degradazione e combustione di rifiuti, soprattutto polveri sottili e diossine. Un inquinamento completamente diverso da quello ipotizzato da macroinquinanti presuntivamente interrati a destra ed a manca. Non un metro quadrato è stato bonificato né si sono disinquinate le popolazioni nelle enclavi più esposte agli inquinanti. Non un solo finanziamento ai ricercatori ed a coloro che hanno messo in luce quei fenomeni epigenetici che legano l’inquinamento ambientale alle gravi patologie. Una tra tutte la sterilità maschile che colpisce circa il 70 percento dei giovani maschi. Un’ecatombe della quale nessuno si è adeguatamente preoccupato.
La seconda questione attiene alla sanità. La Regione ha redatto diversi piani ospedalieri, nessuno di questi rispondente ad una logica di efficientamento del sistema sanitario regionale, men che meno allo spostamento sul territorio delle cure all’utenza. Le prestazioni specialistiche sono mancate puntualmente a metà dell’anno con l’uno e con l’altro Governatore, così come gli sprechi e gli sperperi di una sanità che viene pagata a piede di lista senza alcuno criterio di spesa preventivata. Entrambi punteranno sulle assunzioni per infarcire le fila del personale sanitario ed amministrativo di clienti elettorali.
La terza questione è quella delle zone interne. Con Caldoro non sono proprio esistite e con De Luca si sono ridotte e circoscritte a Salerno e dintorni.
La quarta questione è quella della bonifica delle società partecipate dalla Regione, vere e proprie consorterie ad appannaggio di politici trombati e di grandi elettori ed elemosinieri delle campagne elettorali. Nessuno dei due si è sottratto alla gestione del particolare a vantaggio della nomina di manager qualificati per una politica di risanamento. Campania Ambiente, Istituto Zooprofilattico, Arpac, SMA, sono terra di conquista dei capibastone che si contenderanno la miriade di società partecipate.
Non intendo privare di meriti né l’uno né l’altro dei contendenti per le cose che, invece, hanno fatto. Prepariamoci alle solite polemiche sulle liste pulite e sugli impresentabili, i cui nomi campeggeranno sui manifesti; al polverone delle accuse ed ai buoni propositi dei programmi che, per entrambi i contendenti in lizza, saranno l’elenco delle cose non fatte nel tempo in cui hanno governato.
Alla fine, non resta che porci una domanda, semplice ed intellegibile: non c’era niente di meglio che innescare questa corsa a ritroso del gambero?
* ex parlamentare