“BOYHOOD”: RACCONTARE LA VITA ATTRAVERSO IL CINEMA

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      –        di Mariantonietta Losanno      –               

MAC28 BOYHOOD POST e1416658701768 “BOYHOOD”: RACCONTARE LA VITA ATTRAVERSO IL CINEMA

Si sono incontrati ogni anno, per dodici anni: “Boyhood” è una pellicola sui generis che rappresenta uno degli esperimenti cinematografici del nuovo millennio. Il regista racconta le fasi di crescita di un ragazzo e della sua famiglia anno per anno, utilizzando gli stessi attori, per un tempo lunghissimo, quasi inimmaginabile per un film. Un progetto che ha comportato, dunque, un impegno fisso di poche settimane ogni anno, sfidando ogni genere di eventualità.ellar coltrane fast food nation hd pictures 4 840x420 1 scaled “BOYHOOD”: RACCONTARE LA VITA ATTRAVERSO IL CINEMAChe non si dica che Linklater (regista texano, maestro delle “storie di formazione” che ha diretto anche la trilogia sull’amore “Before Sunrise”, “Before Sunset”, “Before Midnight”) non abbia avuto un’idea rivoluzionaria: raccontare la vita attraverso il cinema è qualcosa a cui aspirano tutti i cineasti. Quale modo migliore, allora, se non quello di seguire (letteralmente) tutte le fasi di crescita per raccontare il passaggio dall’infanzia all’età adulta? La rivoluzione consiste nel fatto che la rappresentazione non solo è credibile, ma è profondamente aderente alla realtà. Riflettiamo, appunto, sul fatto che anche un attore negli anni cambia modo di approcciare alla recitazione: matura, acquisisce consapevolezza e nuovi modi di rappresentare stati d’animo ed emozioni. “Boyhood” è, quindi, un esperimento sovversivo, un unicum. Linklater ci mostra cosa vuol dire “crescere davanti alla cinepresa”. La storia in sé è semplice, vengono raccontati i primi approcci all’amore e i primi tentativi di inserirsi nel mondo lavorativo, i rapporti con i genitori; il tutto con un ritmo disteso, servendosi della musica per scandire il tempo che passa. Il regista ha immortalato la crescita (e anche l’invecchiamento) degli attori scelti senza filtri o effetti visivi.

Eppure dodici anni sembrano un’eternità. Sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa: attori non più disponibili a ricoprire il ruolo, screzi, o, nella peggiore delle ipotesi, anche decessi. Linklater ha sfidato ogni imprevisto e ha portato avanti un progetto in cui ha creduto ostinatamente. L’eccezionalità del film sta tutta nel fatto che vuole celebrare il cambiamento. Il racconto passa attraverso momenti in linea di massima ordinari o poco importanti (c’è anche chi l’ha criticato ritenendolo banale o lento), quello che conta è il passare del tempo. Gli attori (e, di conseguenza, i personaggi interpretati) cambiano realmente, non utilizzano trucchi e non si servono di altri attori simili e più adulti. Linklater ha portato a termine un progetto ambizioso: mostrare l’evoluzione. E non ha rinunciato alla forza comunicativa di un corpo che invecchia. “Boyhood” è un film sul tempo “senza tempo”: è il racconto di un’educazione alla vita, che si sofferma sul tempo come quantità di cose che si hanno a disposizione per fare e disfare, per crescere e cambiare, per sbagliare e correggere. Come in una catena infinita.BN DP154 Boyhoo MV 20140708130743 scaled “BOYHOOD”: RACCONTARE LA VITA ATTRAVERSO IL CINEMA