GLI INVISIBILI MENO INVISIBILI E LE INCONCLUDENZE DI CONTE, BELLANOVA, PD, M5S, I.V., LEU…

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          –       di Nicolò Antonio Cuscunà       –                         

Le lacrime della ministra Teresa Bellanova (Italia Viva) saranno apparse anche di commozione, fatto sta, il Suo provvedimento ha raggirato gli italiani. Di fatto, non è andata tanto lontano affermando l’amara verità: ” …gli invisibili, saranno meno invisibili”. Il che non significa: abbiamo risolto il problema dello sfruttamento della “FORZA LAVORO”, degli italiani o dei migranti irregolari sottopagati a sfruttamento “caporalato”.  Sfruttamento schiavista e baraccopoli com’erano così resteranno. Per meglio comprendere la portata del “truffaitalia”, in materia di regolamentazione e soggiorni a termine per i lavori stagionali, chiariremo riferendo situazioni semplici, quotidiane e da tutti conosciute.

Analizzeremo la filiera agro-alimentare italiana partendo dall’ultimo anello della catena: “produzione, commercializzazione e vendita al dettaglio”. L’ISMEA è l’Ente che conosce, cataloga, monitora, tutte le terre agricole coltivate italiane, oltre a gestire i finanziamenti europei, nazionali del settore.  Stessa situazione dicasi per: Catasto, Camera di commercio, industria, agricoltura ed artigianato, infine, non per importanza, operano le associazioni datoriali e sindacali dei lavoratori dell’agricoltura, i Consorzi di Tutela, tracciabilità dei prodotti bio, agricoltura sociale e a kilometro zero.  Questo per fare comprendere quanto è conosciuto di ciò che avviene in ambito delle produzioni agricole in Italia.

Le riforme organiche dei “settori agricoli” e gli interventi normativi sui singoli segmenti produttivi, in Italia sono al top europeo. Cioè, a partire dal “testo unico sul vino, coltivazione vite e produzione e commercio del vino – L. n.238 del 12/12/2016 -, continuando alle filiere di produzione agrumicole, orticole, foraggere, ecc., ecc.. Le norme, quindi, ci sono e sono serie. La normativa italiana recepente le direttive europee, oltre a diramazioni e applicazioni regionali, è la migliore ed adeguata al mondo. I prodotti della filiera agroalimentare italiani sono i più controllati al mondo. L’applicazione delle norme in materia di tracciabilità dei prodotti, concedono le maggiori garanzie alle produzioni agro-alimentari e zootecniche. Le eccellenze italiane di questi settori sono tra le maggiori voci del PIL, oltre e purtroppo, ad essere i prodotti maggiormente contraffatti all’estero.  A questo punto, cosa hanno da spartire gli agroalimentari col l’emersione del “nero della forza lavoro in agricoltura ed altri lavori di manovalanza”?  Il lavoro per la produzione della materia prima è il primo anello della catena della “filiera agro-alimentare”. Produrre la materia prima: agrumi, frutta e ortaggi, latte e derivati oppure olive e olio, è la prima fase della filiera, e per produrre occorre la “forza lavoro”. Le produzioni abbisognano di “spazi agricoli -terreni-, capitali d’investimento pubblici e privati – imprenditori agricoli singoli, associati o multinazionali, ecc.-. Oltre alla manovalanza lavoro, c’è necessità della specializzata col sempre maggiore apporto di tecnologia e affini.  Non entreremo nello specifico del tipo di agricoltura rispetto alle aree di produzione, pianura, aree interne e disagiate collinari o montuose. Analizzeremo la filiera della produzione in generale: ” dai campi ai banchi della grande distribuzione, dettaglio o all’industria di trasformazione”.

Premesso, lo Stato italiano per combattere il cosiddetto “caporalato” s’è munito di una apposita legge, la 199 del 29 ottobre 2016. Legge votata da tutti i partiti presenti nei due rami del parlamento, con l’astensione di F.I. e Lega. Contiene norme sul contrasto al lavoro nero, sfruttamento del lavoro e “allineamento retributivo” rispetto ai contratti nazionali dei settori del lavoro agricolo e edile. L’ISTAT nel 2016 calcolava un giro d’affari in nero, compreso tra i 14 e 17,5 mld di euro. In 80 distretti agricoli monitorati, si registravano tra i 400 mila e 430 mila lavoratori presenti e lavoranti, con forma di sfruttamento da schiavitù. Di questi la maggioranza extracomunitaria, conseguentemente sprovvista di permessi di soggiorno, assistenza logistica e sanitaria. L’intermediazione del lavoro al nero è reato penale dal 2011, art. 603/bis C.P., titolo XII libro II – delitti contro la persona e libertà individuali. Prevede dai 5 agli 8 anni di carcere per gli intermediatori, agli imprenditori da 500 a 1.000 euro di ammenda per ogni lavoratore utilizzato e sprovvisto di paga contrattuale del settore. Cos’è, quindi, e da cosa dipende il non funzionamento del contrasto allo sfruttamento della forza lavoro? …Il professor Bruno Giordano della Statale di Milano, magistrato di Cassazione e consulente la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla sicurezza sul lavoro ha dichiarato: ” …negli ultimi tre anni si è più sanzionato che prevenuto”. Si riscontrano grosse difficoltà nel “coordinamento ispettivo”. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro -I.N.L.- per intervenire in un’azienda, oltre alla squadra mobile della Polizia di Stato, deve raccordarsi con altri ben 5 organismi. Primo anello debole della catena: ” impossibilità di controlli in applicazione delle leggi per farraginosità e asfissiante burocrazia”. Alle leggi, il governo Conte aggiunge altre leggi, allargando solo il numero degli invisibili …, …. resi meno invisibili. D.Lgs. n.34 del 3 aprile 2018 -Testo unico in materia di foreste e filiere forestali- Programma quadro per il settore forestale D.Lgs. n.74 del 21 maggio 2018 – riorganizzazione dell’A.G.E.A – Agenzia per l’Erogazione in Agricoltura – Riordino del sistema agroalimentare-. La materia è complessa per l’enormità di lacci e lacciuoli, vincoli, norme ed enti soprintendenti ai controlli e verifiche. Per cui, chi controlla il controllore? Eppure basterebbe poco per “beccare” gli schiavisti imprenditori, commercianti-trasformatori e distributori di secondo, terzo e quarto passaggio utilizzatori di mano d’opera al nero.  Gli enti preposti ai controlli, con le forze di polizia, dovrebbero analizzare il percorso all’indietro. Dai banchi di vendita della grande distribuzione, dettaglio e industria di trasformazione fino ai campi di produzione agricola. Eppure, all’acquisto di frutta e verdura è d’obbligo la “bollinatura” di qualità e di certificazione all’origine, luoghi, azienda produttiva e commercializzazione. Le sovrapposizioni ad impronta dei documenti di certificanti all’origine sarebbe sufficiente per combattere il “LAVORO AL NERO”. CHIARO! …Lavoro semplice …se lo si vuole…?! L’elargizione del “reddito di cittadinanza”, ad italiani e non solo, di fatto ha favorito il lavoro al nero. In particolare nelle aree depresse del Sud Italia, dove lavoro al nero significa caporalato, complici i beneficiari del reddito di cittadinanza, il ricorso all’illegalità è aumentato. Nasce il doppio reddito: ” lavoro al nero più la “zizzella assistenzialista dello Stato”. La filiera olivicola e vitivinicola, come l’agrumicola e fruttifera in generale, abbisognano di “trattamenti con fitofarmaci”. Biologico o non biologico, per portare frutta e verdure sulle tavole dei consumatori la chimica, invasiva e meno invasiva, svolge il suo ruolo. L’uso dei fitofarmaci in agricoltura, come in zootecnia, abbisogna di tracciabilità, e questa dovrebbe essere garantita da specialisti abilitati (patentino), quindi, controlli e certificazioni. I virtuosi del biologico, oltre a finanziamenti pubblici, ottengono la “bollinatura” per le corsie privilegiate del commercio di nicchia-specializzato. Orbene, entrare nei controlli di questi virtuosi, nell’uso non solo di prodotti, ma anche della forza lavoro, è elemento essenziale alla lotta allo schiavismo. La Unione Europea, ai differenti settori agro-zootecnici, concede aiuti ed integrazione economiche (spesso frodate – quote latte, esuberi di produzione, integrazioni alla produzione, terre incolte ecc.), integrazione, olivicola, aiuti al settore vitivinicolo, come alla pesca, ecc., ecc. Il “biologico” non è eterno, vale 5 anni, senza controlli si perde e non si ottiene facilmente.  Nel settore si ottengono contributi per l’ammodernamento tecnico e strutturale, capannoni, tecnologia per la trasformazione, dalla 1° alla 5° gamma, agevolazioni sui carburanti, insomma per Enti e Consorzi di Tutela controllare non dovrebbe essere fatica.  Al contrario, l’obbligo dei controlli rientra nei loro doveri da cui derivano utili.  Accorpare, quindi, in un’unica banca dati, per conoscere i terreni agricoli in produzione, i produttori e chi lavora per la produzione. Il volere è potere. L’ennesimo provvedimento spacciato quale lacrimoso-toccasana per l’emersione degli invisibili è un “falso” come tutto il “Decreto Rilancia Italia”. Le baraccopoli sparse per tutta l’Italia resteranno tali, aumenteranno i disperati sfruttati ma col permesso di soggiorno.  Sensibilità e acume politico, oltre alla conoscenza reale di fatti e circostanze, sarebbe stato sufficiente a combattere il caporalato rendendo giustizia alla forza lavoro. Colpe e responsabilità sono anche da addebitarsi ai partiti d’opposizione, più attenti alle facili parole d’ordine per i loro seguaci, che a proporre attenti e non pretestuosi emendamenti rispetto ai quali, la maggioranza, non avrebbe potuto esimersi dall’accettarli.