– di Michele Falcone –
Non intendo entrare in polemica tra la posizione di Bonafede e il PM Di Matteo, anche se il mio rispetto va alla Magistratura, non certo alla politica, almeno “questa” politica.
Tralasciando siffatta dolorosa vicenda che, sottintende le annose modalità con cui sono gestite le nomine e non solo quelle nel Ministero di Grazia e Giustizia così pure in ogni luogo ove si annida il potere, di una gravità enorme appare la scarcerazione dei boss mafiosi
Mi domando alla luce di tanto, se per ottenere l’abolizione del regime di isolamento carcerario la mafia dovette mettere bombe dappertutto e uccidere tanti innocenti negli anni ‘90 cosa è accaduto oggi perché addirittura quei 400 mafiosi non solo hanno ottenuto la sospensione del Regime ex 41 bis ma sono stati inviati a casa da dove potranno meglio gestire i loro affari illeciti con il beneplacito dello Stato? E non mi si venga a dire che si è trattato di un disguido perché non ci crederebbe nemmeno lo scemo del paese.
Io non so di chi sia la responsabilità ma sta di fatto che un provvedimento del genere passato nel silenzio sconcertante dei vari professionisti dell’antimafia e del giustizialismo, forse troppo impegnati con i loro amici pentastellati a spartirsi il sottopotere delle aziende di Stato (qualcosa potrebbe dire l’accorto Travaglio?), ha generato una ferita ripugnante alla legalità nella storia del Paese.
A questo punto un ricordo storico rivisto e revisionato negli aspetti correnti potrebbe aiutare nell’analisi del contingente, non va dimenticato che dalla impresa dei Mille allo sbarco e alla conquista dell’Isola nel 1943 da parte delle truppe angloamericane fino agli incontrastati successi nel dopoguerra della Democrazia Cristiana, la mafia ha svolto sempre un ruolo importante venendo a patti con il potere legale da chiunque fosse rappresentato.
Recentemente questo patto sembra si sia rinnovato in occasione della discussa trattativa nella quale in cambio della abolizione dei provvedimenti di carcere duro ex 41 bis Cosa nostra si impegnò a fare cessare la strategia stragista voluta da Totò Rina e dai suoi seguaci.
Per cercare di comprendere cosa possa essere avvenuto nella inquietante scarcerazione dei 400 boss mafiosi è necessario fare una breve digressione e ricordare quanto ebbe ad asserire Falcone, profondo conoscitore della Sicilia, che la mafia sceglie quale sia partito politico da appoggiare sulla base di due opzioni alternative. La prima riguarda la scelta del partito che offra maggiori garanzie per capacità politiche e per disponibilità Quando l’organizzazione non può puntare su un “cavallo sicuro” la scelta cade sul partito che, come teorizzava Falcone, possa in prospettiva costituire il minore pericolo possibile per gli affari di Cosa nostra.
La storia forse potrà in futuro svelarci quale sia stata la chiave di lettura anche del successo grillino in Sicilia e se la mafia abbia avuto un ruolo in esso.
Dove sono finiti i paladini della giustizia, ignominiosamente dimentichi di Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e dei tanti martiri assassinati dalla mafia che sicuramente si staranno rivoltando nella tomba vedendo quello Stato, per il quale si sono sacrificati, scaduto ad una fogna maleodorante governata da inetti, incapaci se non peggio, protetti da una rete di complici istituzionali e di amici interessati al proprio sporco tornaconto.