ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA AD UN ESPERTO: ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA (VI puntata)

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–    Domande di Francesca Nardi    –           

La nostra storia è la somma di tante piccole storie che si rincorrono nel silenzio lungo i viali di una dimensione parallela in cui, nella notte dei tempi, si sono rifugiate… a distanza di anni, emergono da un ingresso decorato per l’occasione, come fossero prodotti dell’alba recente e non ciò che realmente sono: pensieri sedimentati in un altro tramonto… che oggi splendono fregiati di una firma, di una parola, di un simbolo creato per soffocare il passato con la volgare invadenza del presente…

L’emergenza Coronavirus non ha risparmiato gli allevatori e si registra un “fermo” preoccupante nella richiesta e nella produzione di mozzarella. Gli allevatori sono in grande agitazione e cercano aiuti, per affrontare un dopo che sarà difficile per tutti. Non crede che una rivisitazione del sistema, potrebbe rappresentare l’unica strategia per favorire una ripartenza veloce e produttiva?

“Le affermazioni e la domanda che mi pone, sono musica soave per le mie orecchie e a simili scenari di disperazione, mi sono già trovato ad assistere. La domanda di mozzarella oggi è ridotta, i caseifici sono fermi e il latte è sottopagato o non ritirato. Tutto questo è confermato da un servizio al TG 3 Campania di qualche giorno fa, in cui alcuni rappresentanti di settore, ripresi da una telecamera all’esterno di un caseificio, hanno ricordato i 300mila capi, i 20mila addetti e i 60mila con l’indotto, che rischiano di perdere il lavoro e questo mi dispiace. Le proposte che ho avuto modo di ascoltare da loro, sono state quelle di ottenere il consenso per trasformare in questo periodo il latte fresco in latte in polvere, da destinare ai vitelli e di surgelare la mozzarella in modo da stoccarla e venderla a distanza di tempo, visto, lo ripeto, il breve periodo di vita che ha il prodotto, dalla produzione, alla vendita e al consumo. Non mi piace ergermi a primo della classe, ma in entrambi i casi, si tratta per me di roba vecchia di oltre 20 anni fa, quando proposi di importare latte in polvere di bufala dall’India, dove grazie ai congressi e ai convegni avevo concretizzato contatti personali in mezzo Mondo e dove il prezzo al litro, non era il nostro, avendo cura, però, di colorarlo di arancione con l’anneto, una pianta, al fine di rendere impossibile una caseificazione truffaldina in mozzarella, salvo non la si volesse mettere in tavola di quella tinta. Avremmo potuto così alimentare al meglio i nostri vitelli, sia quelli destinati alla carne, quelli del famoso progetto, sia quelli destinati a divenire bufale da latte, senza avere il rischio, come ho detto prima, di altri utilizzi come, al contrario, potrebbe accadere ora se fosse messa in pratica quella proposta. A parte il fatto, mi dica lei, ma non sarebbe preferibile realizzare finalmente i formaggi alternativi, sui quali solo in pochi hanno fino ad ora posto attenzione, piuttosto che del latte in polvere per uso zootecnico? Per quanto, invece, concerne la mozzarella surgelata, condussi alla fine degli anni ’90 un esperimento alla buona, grazie a un certo quantitativo di mozzarelle fresche per il consumo locale e quelle imbustate per il mercato foraneo e per l’esportazione che mi fornì l’allora Presidente della Associazione Allevatori, il dottor Salvatore D’Amore, il quale, devo dire, in quel caso mi fu vicino. La prova dimostrò che, al consumo fatto a distanza di tempo anche di mesi, sia di quello in busta e da frigorifero che del prodotto fresco surgelato, il secondo era sempre e di gran lunga migliore, quasi simile a quello di una mozzarella fresca. Di ciò relazionai a un convegno, forse l’ultimo tenuto, affermando che solamente quella sarebbe dovuta essere la mozzarella per i mercati lontano dal nostro, che ciò avrebbe rappresentato una notevole riduzione dei costi di trasporto e spedizione non dovendo trasportare più con il prodotto, anche il liquido di conservazione e che andava pertanto modificato il disciplinare di produzione. Un altro pò mi volevano linciare, ma il titolare di un noto caseificio del casertano mi ascoltò con interesse, tant’è che ripetè la prova in modo più professionale e ciò che oggi esporta è prodotto in quel modo. Gli altri casari hanno gettato via vent’anni e il disciplinare del DOP, credo sia sempre quello lì. La sintesi è che l’altro giorno ho avuto ancora una volta la prova di trovarmi di fronte, gente priva di memoria storica; che non me, per carità, per quanto…, ma neppure le cose sue conosce. E’ un settore nel quale ci sono troppi improvvisati senza passione. Sono curioso di sapere se sono consapevoli del fatto che con le dismissioni dei bufalini, vitelli o anziani che siano, dalle parti di Modena fanno soldi a palate con la carne e la pelle degli animali che loro dismettono. Posso aggiungere che in quegli anni proposi anche l’idea di produrre gelati e yogurt di bufala, da realizzarsi in un caseificio consortile con le eccedenze invernali di latte, ma si ritenne preferibile insistere a spostare i parti in primavera. Proposi pure la realizzazione di un altro piccolo caseificio consortile oltre oceano, a New York, dove conferire le eccedenze rappresentate dalla pasta filata congelata, ottenuta in Italia al fine di servire sulle tavole degli americani, mozzarella appena fatta al posto di quelle in busta a lunga durata da frigorifero, immerse nel liquido di conservazione che la invito a provare, per non mangiarle più. La prova vivente che tutto questo è fattibile, si trova in provincia di Latina; se vuole glielo racconterò. Circa la “rivisitazione”, pur non essendo di natura ottimista, devo anche ricordare che allora si è scacciato chi fa impresa ad altissimo livello e che avrebbe portato soldi, lavoro e benessere e oggi si piange ma penso pure che ci sia sempre tempo per tutto, basta volerlo, sapendo, però, che 25 anni buttati via al tempo della globalizzazione, non ce li darà più nessuno. I due dirigenti della Plasmon che avrebbero ritirato 10mila di quei vitelli portati a maggior peso, saranno da tempo in pensione, l’industriale della Provenza che scappò via, pure lui a gambe levate, anni dopo vendette l’industria e seppi che se la stava spassando in Costa Azzurra. Consalvo, Pannullo e Merola ogni tanto li sento come pure il n.ro 1 del settore che opera a Latina. Siamo tutti un po’ più vecchi e acciaccati ma una squadra si potrebbe ancora ricomporre ma stia sicura che, finita la pandemia, non ci starebbe a sentire più nessuno”.