– di Massimo Moscarella –
Alla fine della messa domenicale, Nevio notò la signora che usciva dalla chiesa e con passo spedito si avvicinava alla Panda bianca e un po’ arrugginita che lui aveva parcheggiato.
La donna squadrò la macchina e subito dopo guardò lui.
Per come gli si rivolse, Nevio pensò che la tipa, più che dalla casa del Figlio della Vergine, stesse tornando tutta gasata da un concerto di Louise Veronica Ciccone, alias Madonna.
– Ehi, lei… ma si rende conto di come ha parcheggiato? Me lo spiega come faccio a uscire?
Il tono gli diede fastidio, ma si impose compostezza: la signora aveva all’incirca la sua età, e perciò andava trattata con quel po’ di rispetto extra che si deve alle persone non più giovani.
– Scusi tanto, ma non mi pare che la mia macchina intralci la sua. Fra i due paraurti c’è almeno mezzo metro. Se fa retromarcia di pochi centimetri e poi mette la prima, le basta una sterzata per uscire.
Lei sbuffò.
– E andiamo, porca vacca! Non mi faccia perdere tempo. Sposti la macchina e facciamola finita.
Lui restò di sasso.
Che cosa mai autorizzava quella svanita a fare una sparata simile? Era la Panda, piccola e vecchiotta, a darle fastidio? O forse il fatto di guidare una Mercedes SLK le faceva supporre di avere qualche diritto in più degli automobilisti normali?
La osservò meglio. La donna gli ricordava qualcuna. Doveva trattarsi di una di quelle papere di una certa età che ricevono inviti per stare in qualche TV a dire la loro su ogni argomento.
No. No. Era qualcosa di diverso.
Si batté la fronte con il palmo della mano.
Aveva capito.
Era Mariangela Melato.
Nel film Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.
Uguale!
La grande attrice, sotto la direzione di Lina Wertmuller, negli anni ’70 mostrò la sua bravura nel ruolo della signora lombarda carica di miliardi che vive un’avventura inattesa su un’isoletta deserta dopo un naufragio fatto con un rozzo marinaio siciliano, che le fa scoprire l’amore primitivo ma al tempo stesso sincero e travolgente.
La storia finisce come ci si aspetta: quando i due vengono soccorsi, la donna si piega agli schemi e torna ad essere la signora ipocrita, reazionaria e mignotta.
A Nevio venne da ridere.
– Signora, guardi che sta attirando l’attenzione di mezzo quartiere.
Lei reagì come se avesse preso uno schiaffo in piena faccia:
– Porco zio! Vuol dire che sembro ridicola? Questa è veramente bella! Lei, piuttosto, crede di fare un figurone andando in giro con una macchina acquistata di seconda mano da un marocchino?
Nevio pensò di lasciar perdere.
Aveva capito che quella era solo una goffa, insulsa, patetica signora di mezza età che giocava a fare la ragazzina sboccata. Tuttavia ci tenne a non farsi mettere sotto del tutto.
– Signora cara, fino a prova contraria le mie macchine sono libero di comprarle da chi mi pare e piace.
La frase produsse lo stesso effetto di una secchiata d’acqua gelata, e da quel momento fu tutto un susseguirsi di Zio vigliacco, Zio cane, Zio schifoso e via di questo passo.
Zio chiaramente stava per Dio.
Lui ebbe anche la tentazione di dirle che stava comportandosi come una troglodita, ma ci rinunciò: la signora si stava squalificando da sola.
Lei non capiva che stava coprendosi di ridicolo.
O forse sì, e per questo s’infoiò ancora di più:
– E’ proprio inutile che mi guarda con quell’aria di superiorità, ha capito? Così non impressiona proprio nessuno. Presuntuoso che non è altro!
Ma insomma!
Se Nevio parlava, lei perdeva le staffe. Se restava zitto, quella svanita le staffe le perdeva lo stesso, dandogli per giunta del presuntuoso.
Che doveva fare?
Gli sembrò di essere stato catapultato in un romanzo Urania.
Appena un minuto prima era stato sul punto di spostare la macchina e chiudere la discussione, ma poi decise di lasciare la Panda dov’era.
Meglio un caffè al bar di fronte: che la signora altezzosa e cafona si arrangiasse.
Come fece per allontanarsi a piedi, lei lo inseguì.
– Ma che fa, va via? La sposta quella cazzo di macchina si o no?
Nevio la guardò con durezza, ma all’improvviso ricordò: altro che Mariangela Melato.
Quella era Marika.
Marika. La prima donna della sua vita.
Figlia d’imprenditori del settore agroalimentare, Marika da giovane aveva fatto strage di cuori fra i ragazzi della sua età.
A ventidue anni si era sposata con uno ricco sfondato di Vercelli, e Nevio l’aveva persa di vista.
Da allora erano passati quasi quarant’anni.
Nevio non si era sposato. Aveva avuto tre o quattro relazioni, ma nessuna era durata più di un anno. La sua vita era trascorsa in modo tranquillo, ma gli era mancato il cosiddetto picco emozionale.
Forse solo di una era stato sul serio innamorato: Marika.
Era successo quando entrambi frequentavano le superiori.
Si trattava di cose andate. Cose ormai lontane.
Però nel corso degli anni non aveva mai smesso di pensarla.
Aveva, via via che il tempo passava, provato a immaginare come il suo corpo si stesse trasformando.
Che Marika non avesse mai smesso di giocare con i sentimenti, glielo aveva raccontato, una dozzina di anni fa, un vecchio amico che l’aveva incontrata.
Nata ricca e abituata da sempre a vivere negli agi, la sua esistenza doveva essere stata, come si dice, tutta rose e fuori.
Ma adesso che Nevio la vedeva strillare come una squilibrata, capì che anche lei doveva aver conosciuto i guai.
Pure i ricchi piangono, pensò banalmente.
Marika nel frattempo stava dando fuori da matti, e d’un tratto Nevio ne provò pietà: aveva intravisto dietro il volto rugoso, che pomata al collagene e trucco non riuscivano a far apparire meno vetusto, la sofferenza.
– – –
Talvolta a Nevio capitava di vivere nella realtà una certa esperienza, e di trasformarla con la fantasia in qualcosa di diverso.
Si trattava di un espediente per isolarsi per un po’ dai problemi della vita.
Gli sarebbe piaciuto che la stessa cosa capitasse ora, perché la donna che aveva di fronte lo attraeva.
Con tutte le sue rughe. Con tutti i difetti dell’epidermide arrivati con il trascorrere degli anni.
– Oddio – esclamò lei all’improvviso – ma tu… tu sei Nevio.
– Sì, sono proprio Nevio. E tu come stai, Marika?
Era contento che lei lo avesse riconosciuto.
Marika era arrossita come una quindicenne.
– Perdonami, Nevio. Perdona il mio scatto di poco fa. Il fatto è che… è che io… insomma … beh, io…
– Lo so Marika. Tu non sei felice.
Lo aveva detto d’impulso, ma non ne era per niente pentito.
– Sì. E’ vero. Non lo sono. Quant’è che ci vedemmo l’ultima volta? Trenta? Quaranta anni fa? Da allora sapessi quante ne ho passate…
– E’ la salute che va male? – Le chiese con apprensione.
– Beh, in questi ultimi tempi sono stata poco bene, ma non è quello il problema.
Fece una pausa e riprese:
– Avevo un figlio. Era sano. Ed era bello. Si chiamava Lorenzo. Morì in un incidente stradale. Aveva sedici anni.
Nevio portò una mano alla bocca. La notizia lo addolorava in modo sincero.
Marika stava parlando ancora:
– Da allora trascorro dei lunghi periodi di depressione. Anche mio marito è morto. E’ successo l’anno scorso. Sono sola, Nevio. Sono una donna vecchia e piena di soldi, ma sono sola. E sono infelice.
– Questo è terribile – fece Nevio – Mi dispiace.
Lei sorrise con amarezza e precisò:
– Beh, in verità non sono proprio sola. Ho una coppia di chihuahua, un acquario con tanti pesciolini tropicali e un merlo indiano.
Rimasero per un po’ in silenzio. Poi lei lo guardò dritto negli occhi.
– Io potrò sembrare una sciocca, ma ti confesso che in tutti questi anni non ho mai smesso di pensarti. Rammento perfino la sera in cui ci scambiammo il nostro primo bacio… e tutto il resto.
Lui non se l’aspettava.
– Ma no, dai. Che dici? Marika, la ragazza che ha spezzato un sacco di cuori, si ricorda di me!
– E’ così. Te lo giuro. Io ricordo tutto di te, Nevio. Mi ricordo di tua sorella Gemma. E di tua madre. Era bionda e alta, non è vero? Perfino di quel piccolo neo che avevi sotto il naso, mi ricordo. Vedo che lo hai fatto togliere…
Sì. Effettivamente lui aveva avuto da giovane un neo sotto il naso. A trentadue anni un piccolo intervento glielo aveva portato via, perché era diventato fastidioso.
Nevio era piacevolmente meravigliato.
– E tu? – gli chiese Marika – Immagino che ti sia sposato…
– No. Non l’ho fatto. La mia vita è stata simile a quella di tanta altra gente. Il lavoro, la partita a poker il sabato sera a casa di amici, un po’ di problemi economici e qualcuno di salute. Ringraziando Dio, non si è trattato di niente d’importante.
Tacquero di nuovo.
Fu lei a rompere il silenzio:
– Nemmeno un caffè mi offri?
– Oh, ma certo! Te lo offro con molto piacere.
Si rese conto di essere arrossito. Il cuore gli batteva a mille.
La prese sottobraccio e fecero per avviarsi al bar.
Pensò che, tutto sommato, Marika gli piaceva ancora.
Lei non possedeva più nemmeno una di quelle doti che marcano la differenza fra una donna carina e una femmina irresistibile.
Una volta, irresistibile lo era stata sul serio.
Ma adesso no. Ora era solo una donna matura.
Però lui se ne sentiva ancora attratto.
E poi, quel tono di voce così sereno eppure così disperato…
Avrebbe avuto la forza per consolarla?
E lei, Marika, avrebbe saputo colmare i vuoti affettivi di lui?
E perché no? Si chiese. Lei era libera. E anche lui lo era.
Perché non poteva accadere quello che fino a poco prima avrebbe creduto impossibile?
Progettò di portarla a cena quella sera stessa.
Sarebbero andati nel miglior ristorante della città.
L’invito gli sarebbe costato almeno duecento euro, ma un incontro così bello valeva molto di più.
Da una parte il denaro; dall’altra la passione. Un raffronto fra le due cose nemmeno era da proporre!
Dopo la cena si sarebbe offerto di riaccompagnarla.
Lei per una volta avrebbe viaggiato in Panda, e si sarebbe accorta che non era poi una cosa così indecorosa.
Arrivati sotto casa, Marika di sicuro lo avrebbe invitato a salire; così, giusto un minuto. Il tempo di farsi insieme un bicchierino in ricordo dei vecchi tempi.
E poi, e poi…
Beh. E poi il tempo avrebbe fatto il resto.
– – –
Nevio ebbe un sussulto.
Stava forse sognando?
E se pure fosse, quello era un sogno giusto o sbagliato? Esistono gli uni e gli altri, lo sapeva.
Che sogno era, quello?
Aveva appena confessato a Marika (o aveva soltanto immaginato di farlo?) che nella sua vita c’erano stati patimenti economici e di salute. Ma era pur sempre la sua vita. Non era un sogno.
Si girò di scatto.
Marika in mezzo al parcheggio stava ancora sbraitando.
Era tornata la Mariangela Melato del film della Wertmuller: ipocrita, reazionaria e senz’altro mignotta.
Il tono era lo stesso dell’inizio di quell’incontro.
Prepotente, borioso, insolente.
– E allora? Lo sposta o no quel catorcio? Lo capisce l’italiano? Forza, avanti, si dia una mossa ché ho fretta.
Sì. Nevio aveva capito.
Lei vent’anni prima non perse un figlio.
Forse neanche era stata madre.
O magari di figli ne aveva avuti. Anche più di uno, considerato che glieli avrebbe cresciuti la tata.
Ora saranno stati tutti grandi e ben sistemati. Molto probabilmente le somigliavano nel carattere.
Insomma erano come lei.
Cioè degli stronzi.
Facile che fosse ancora sposata con l’uomo ricco che l’aveva portata all’altare tanto tempo fa.
Probabilmente gli aveva messo pure un po’ di corna.
Anche lui di sicuro si era dato da fare.
Adesso, miliardi o non miliardi, sarà stato un vecchio bacucco pieno di protervia ed acciacchi.
Uguale a lei.
Nevio sorrise.
Marika poteva anche restare da sola a urlare e riempirsi di scorno in mezzo al parcheggio, con tanta gente che la guardava.
Si avviò verso il bar, pensando che un caffè, bevuto da solo, a quel punto ci sarebbe stato bene.
Così si sarebbe svegliato meglio da quel sogno.
Un sogno pazzo.
Un sogno sbagliato.