COVID-19 (III parte): TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai)

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III PUNTATA: EFFETTI INDESIDERATI E COLLATERALI DELLA CLAUSURA FORZOSA  (SOPRATTUTTO PER CHI NON VIVE AL GRAND HOTEL)

       –        di Luigi Cobianchi       –               

Nello scorso appuntamento, il secondo, ci eravamo lasciati con l’impegno di affrontare un ulteriore tema, quello degli effetti collaterali degli arresti domiciliari ‘sine crimen et sine culpa’. Ed eccoci qua!

Just to begin with – come dicono gli Inglesi – tanto per cominciare, si può mai pensare che a un anziano con problemi di deambulazione legati a osteoartrosi o artrite, eventualmente correlati a patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio e del sistema linfatico, dopo settimane trascorse nell’alternanza letto-poltrona, basti dire «alzati e cammina», perché immediatamente si ridesti e riprenda la sua vita normale?

Chiunque, poi, ha avuto la possibilità di occuparsi di una persona meno giovane, accompagnandola con gratitudine e affetto nella fase più delicata della vita, sa che, con l’età, tra i tanti meccanismi ‘difensivi’, scatta quello per il quale compiere le azioni di ogni giorno con sistematicità e abitudinarietà, all’interno di spazi in cui ci si sente sicuri, aiuta a conservare intatte, più a lungo, le facoltà mentali, a cominciare dall’autoconsapevolezza, mentre ogni squilibrio, anche minimo, nella catena logica di processi e percorsi che l’anziano si è costruito, nell’ambito dei quali sente di avere padronanza di sé, può ingenerare problemi talora irreversibili.

Quante volte si assiste a un improvvisa alterazione delle capacità cognitive in una persona più avanti con gli anni, semplicemente perché viene eradicata dal proprio ambiente (magari per un banale trasloco) o, per l’appunto, perché qualcuno o qualcosa altera abitudini consolidate.

Per le donne ‘diversamente giovani’, che già convivono un po’ tutte – chi più, chi meno – con problemi di osteoporosi e che, in ragione di ciò, sono, magari, anche in terapia con assunzione di vitamine del gruppo ‘D’ – segnatamente, il colecalciferolo (vitamina D3) – una mancata esposizione congrua ai raggi UVB della radiazione solare impedisce, da una parte, la sintesi naturale, dall’altra, l’attivazione di queste molecole, ciò che inficia del tutto l’azione dei farmaci assunti che le contengono, con il concreto rischio di un aggravamento della patologia originaria, anche in considerazione del fatto che il predetto gruppo di vitamine interviene nei chimismi dell’intero apparato muscolo-scheletrico, non solo sulle ossa. Invero, oltre a essere coinvolte nell’omeostasi fosfo-calcica e nel metabolismo osseo, esse rivestono una funzione fondamentale nella sintesi proteica e nell’attività mitocondriale, a livello muscolare. Concetti, questi ultimi ben chiari ai biologi, un po’ meno a certi medici che continuano a prescrivere farmaci, come il calcio per os o la vitamina D3, senza preoccuparsi della loro attivazione, fornendo adeguate spiegazioni al paziente sui corretti stili di vita, che ricomprendono un’opportuna esposizione alla luce solare, la quale, oltretutto, mai come in questo periodo, è fondamentale, atteso che incide significativamente anche sul nostro sistema immunitario.

Tanto i pazienti diabetici, che quelli nefropatici traggono enorme nocumento dalla prolungata immobilità, atteso che essa notoriamente determina stasi sanguigna, linfatica, urinaria e fecale (con i picchi azotemici che ne derivano). Qualcuno si è preso la briga di informare questi soggetti che le terapie in essere avrebbero potuto necessitare di una ricalibrazione, in ragione di questa condizione eccezionale, oltre che delle particolari accortezze da dover utilizzare per ‘contenere il danno’?

Certo non ci ha pensato il Governo, che pure avrebbe potuto avviare opportune campagne di sensibilizzazione, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, in luogo di quelle insulse, soprattutto della prima ora, dalle quali siamo stati bombardati (ma di questo ci occuperemo in una delle prossime ‘puntate’).

Peraltro, a volte, si possono prevenire problemi seri con semplicissime pratiche: giusto a titolo di esempio, nei pazienti nefropatici non dializzati, il fondamentale trattamento idropinico ‘domestico’, a base di acque oligominerali da assumere in quantità opportunamente definite, va tarato in funzione dell’attività, degli stili di vita, della temperatura esterna, dell’esposizione più o meno prolungata al sole, della sudorazione, ecc..

Queste gravi mancanze hanno evidenziato, una volta di più, tutte le incongruenze della cosiddetta ‘medicina di base’: chi, più del ‘medico di famiglia’ dovrebbe conoscere i propri assistiti? Eppure quanti di essi – ovviamente nelle zone d’Italia non in emergenza, dove hanno ben altro di cui occuparsi, visto che, in taluni casi, si sono visti scaricare addosso, senza mezzi, l’intero problema della gestione dei casi sospetti di COVID-19 – hanno potuto contattare, uno a uno, i loro pazienti più anziani e quelli con patologie croniche e/o metaboliche per fornire loro adeguati suggerimenti terapeutici?

A scanso di equivoci, è bene chiarire che il problema (salvo casi isolati, come in tutte le attività professionali) non è degli operatori, bensì: di un cronico sottorganico; di un sistema a dir poco farraginoso, che manifesta spesso e volentieri anelli mancanti nella catena assistenziale, fino a determinarne il blocco; della mancanza di una rete che faccia sentire questi medici tutelati, accompagnati dal sistema sanitario nazionale; della regionalizzazione di quest’ultimo, che determina inaccettabili disparità nei servizi e nelle prestazioni erogate ai Cittadini, a seconda di dove risiedono, in totale spregio del dettato costituzionale (cfr. art. 117, comma 2, lettera m).

Ritornando ai pazienti, vogliamo parlare di obesità – e, più in generale, di aumento ponderale dovuto all’inattività – con i rischi correlati, uno per tutti, quello a carico dell’apparato cardiocircolatorio? E qual è il messaggio che dà, al riguardo, la TV? Cucinate, cucinate, cucinate! In Chiesa, per la Settimana Santa, regolando accessi e distanze, non sia mai, ma al supermercato, datevi pure alla pazza gioia! E che tristezza vedere con quanta sollecitudine alcune aziende produttrici di generi alimentari abbiano immediatamente rimodulato le loro campagne pubblicitarie consumistiche, lucrando sul particolare stato d’animo di questi giorni: farebbe famiglia rimpinzarsi di questo o quel dolciume, acquistare questo o quel prodotto…

Ma i veri, grandi assenti, anche in questa occasione, sono i soggetti con problemi depressivi. Non c’è nulla da fare, non entra non solo nel senso comune, ma anche nella mente di tanti operatori sanitari e, soprattutto, di chi ci governa il fatto che la depressione, quella vera, è una P A T O L O G I A, non ‘uno stato d’animo’.

Non penso che occorra disturbare uno psichiatra di chiara fama o uno psicoterapeuta esperto per comprendere che questa clausura forzata potrebbe avere effetti drammatici su persone che hanno siffatti problemi. A ciò si aggiunge, nuovamente, la mancata esposizione alla radiazione solare, che ha un fondamentale ruolo, diretto e indiretto (stimolando la produzione o l’attivazione di alcuni ormoni) come regolatore dell’umore.

Se, poi, ci mettiamo anche l’inspiegabile [quantomeno da noi al Sud] clima catastrofista, alimentato quotidianamente dagli organi di stampa, la ‘ricetta’ è completa. Meritevole di massima attenzione, al riguardo, l’ammonimento reso dal prof. Giulio TARRO – già Libero Docente di Virologia oncologica nell’Università di Napoli e primario emerito dell’Ospedale “D. Cotugno”, ma, soprattutto, allievo di SABIN, il papà del vaccino contro la poliomielite – nell’intervista rilasciata a «il quotidiano del Sud» (ed. del 13/03/2020): «Ricordo che oltre alla cattiva alimentazione e agli stili di vita sregolati, il nostro sistema immunitario può essere compromesso dallo stress. Questi ‘bollettini di guerra’ costantemente diffusi dai media non aiutano».

Ma veniamo ad un altro punto di riflessione. E’ facile dire: «Restate a casa», per chi abita 365 giorni all’anno al Grand Hotel, tra maggiordomi, governanti, chef, camerieri e «affini», come diceva il grande ‘Totò’, vivendo un’esistenza completamente scollata dalla vita reale, avendo perso ogni memoria dei problemi quotidiani delle persone ‘normali’, come l’approvvigionamento di viveri, farmaci; il doversi ‘misurare’ il portafoglio ogni volta, prima di effettuare un acquisto; i rincari continui – mai come in quest’ultimo periodo, frutto di speculazioni indecenti – financo dei generi e dei beni più fondamentali e irrinunciabili. E’ facile dirlo per chi vive in appartamenti dai cento metri quadri in su – se non in ville con giardino e piscina – o, ancora, per qualche radical-chic di sinistra, che ha avuto la possibilità di rifugiarsi nella propria ‘dacia’, nella seconda casa a mare, piuttosto che nella magione di campagna, circondata da ettari di uliveti e vigneti, ove i bimbi possono scorrazzare liberi, dando sfogo alla propria (sacrosanta) esuberanza.

Discorso diverso è per quelle famiglie che vivono in cinque in un monolocale di pochi metri quadri, senza neanche una finestra da cui affacciarsi, o un balconcino su cui poter stendere un panno, piuttosto che in strutture occupate, improvvisate ad abitazione, senza servizi, talora prive di fornitura elettrica o di acqua corrente, il tutto per l’ignavia, l’inadeguatezza o, peggio, la disonestà di chi ci ha governato e la totale, conseguente mancanza, da decenni, di un ‘piano casa’ degno di questo nome.

E’ facile ‘restare a casa’ quando si ha una bella famiglia unita, ma in una delle tante realtà in cui si partoriscono ‘femminicidi’, infanticidi e altre aberrazioni simili deve essere roba da incubo!

Vogliamo parlare delle nostre carceri – dove la Costituzione urla vendetta ogni giorno per gli attentati che subisce – trasformatesi, con le dovute, rarissime eccezioni, da luogo redentivo, di recupero, di reinserimento sociale, in altrettanti lager punitivi, criminogeni, nella peggiore tradizione dittatoriale di qualsivoglia matrice (di sinistra, di destra, militare)?

E non mi si venga a dire che la situazione di convivenza forzata, in soprannumero e in luoghi angusti, privi di adeguato ricambio d’aria, in cui si sta schiacciati come sardine in scatola, come i bassi di Napoli o Palermo, piuttosto che le celle di un penitenziario di quelli de quibus rappresentino altrettanti luoghi salubri, ove ripararsi dalla diffusione di patogeni.

Nelle ultime ore – come se fosse una subitanea, grande scoperta da premio NOBEL [incredibile!!] ci siamo sentiti dire [e meno male, meglio tardi che mai!] che l’aerosol che produciamo ogni qualvolta tossiamo, starnutiamo, ma anche sbadigliamo, oppure urliamo o, ancora, cantiamo a piena voce (eppure, soprattutto nei primi giorni di ‘clausura’, la TV incoraggiava simili performance, da balcone a balcone; altra follia!) permane in sospensione in aria per un tempo relativamente lungo, ragion per cui, se in esso vi erano dispersi agenti patogeni – e, segnatamente, virioni – anch’essi permangono in questo stato e, quindi, vi può essere contagio da persona a persona senza un contatto diretto (accidentale, o meno) con liquidi corporei, bensì, semplicemente, attraverso la respirazione.

Al riguardo, posto che le mascherine – come abbondantemente illustreremo nella VII ‘puntata’ – anche le tanto agognate ‘FFP3’ NON SERVONO A NULLA [che anzi!] e che quelle con valvola andrebbero PROIBITE, siamo certi che la reclusione forzosa di tre o più persone in un basso di 25 metri quadri, inclusi angolo cottura e servizi, con un’unica ‘presa d’aria’ (la classica porta ‘a vetrina’ che funge da ingresso) rappresenti un comportamento corretto (con buona pace di qualche ‘Governatore’), dal punto di vista igienico-sanitario, tenendo anche conto del fatto che, come riporta qualsivoglia manuale di Fisica tecnica o di Fisiologia, un uomo adulto consuma mediamente, a riposo, 3,5-5 ml/min di ossigeno per ogni Kg di peso, eliminando anidride carbonica più o meno in pari quantità (cui vanno aggiunti 30/40gr di vapore acqueo all’ora)?

Vorrei guardare in faccia uno a uno certi igienisti della domenica, quando si producono in siffatte affermazioni semplicemente ANTISCIENTIFICHE!

E – si noti e si badi – almeno finora, NESSUNO di questi cultori della reclusione forzata che abbia quantomeno raccomandato, dai pulpiti televisivi che occupano, di effettuare opportuni ricambi d’aria, in maniera cadenzata, nelle nostre case divenute prigioni, ma, soprattutto, in ogni esercizio ancora aperto al pubblico, nelle aziende e negli uffici in cui si lavora…

Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, si ripropone, ancor più prepotentemente, la domanda che ci eravamo posti ab origine: forse la strada da seguire, in punto di scienza, non è la clausura, bensì un’altra? E quest’altra strada esiste? E, se sì, qual è?

Ne parleremo nella prossima ‘puntata’, ma, in chiusura, mi sia consentita una goccina di vetriolo finale rispetto a un tristo spettacolo cui stiamo assistendo vieppiù: vecchie gloriette della politica locale, starlette, ‘influencer’, pseudoartisti sulla via del tramonto (di quelli che quando non sanno più come andare avanti, si riscoprono filantropi ex abrupto, organizzando, a ogni piè sospinto, spettacoli di beneficenza che fanno bene esclusivamente a loro stessi, o giù di lì) divenuti improvvisamente filogovernativi, che inneggiano alla clausura forzosa, senza sapere neanche di che parlano.

Ovviamente vuoi che Caserta [purtroppo] mancasse all’appello per ‘social addicted minus habentes’? Non sia mai, perché il messaggio «Io sto a casa» [ma chi ca…volfiore sei?!] ‘fa figo’, e allora giù con una gara di video tra ‘fanciulle’ âgée, in cui il silicone oramai predomina su «carne, ossa e cartil(l)agine» – come avrebbe detto Carlo di TORREALTA in Totò Diabolicus, che ostentano con orgoglio la collezione primavera-estate dei presidi di chirurgia plastica prêt-à-porter che indossano, e giovanottoni ‘evergreen-peterpan’, formato ‘mastro lindo’, l’ultima cui lettura è stata quella [nella migliore delle ipotesi] dell’etichetta del filtro UV che si stendono addosso, nel tentativo di trasformarsi tutti in ‘conti’, o, al massimo, di una rivista di fitness per soli uomini [non sia mai!].

Purtroppo a questa pletora di disperati/disadattati di provincia si sono aggiunti anche volti noti, soprattutto televisivi, alcuni dei quali professionisti indiscussi [nel loro campo], i quali, sotto una precisa cabina di regia, simulano anche vicendevoli interviste, nel corso delle quali i messaggi che devono passare sono: la sacralità degli arresti domiciliari cui siamo stati sottoposti; cucina über alles, per spegnere le nostre menti e trasformarci tutti in altrettante, novelle Clerici/Parodi in grembiulino, come se la vita, sia pure con le limitazioni alla circolazione, dovesse esaurirsi in questo; norme igieniche discutibilissime, delle quali ci occuperemo punto per punto, dalla V ‘puntata’ in poi.

Ora, a proposito di questi ultimi, mi domando: se uno è un professionista della comunicazione, della televisione, perché deve lasciarsi trascinare in ambiti non propri, rischiando – nel ripetere ‘ a pappagallo’ cose che esulano del tutto dalle proprie competenze – di non essere da meno dei ‘teleimbonitori ’, sul piano etico, i quali, scientemente, fanno pubblicità ingannevole che, talora, si è trasformata in vere e proprie truffe o, addirittura, in tentativi di estorsione, come la cronaca non molto risalente ci insegna?

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INTANTO LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI:

II PUNTATA: EFFICACIA DELLA CLAUSURA FORZOSA

I PUNTATA: EFFICACIA GIURIDICA DELLE RECENTI RESTRIZIONI GOVERNATIVE