A Fiume Basso, nel sud-ovest della Russia, una comunità di criminali tiene viva la sua etica: il capoclan Kuzja svolge il ruolo di educatore e guida spirituale; il riflessivo Kolima e il ribelle Gagarin apprendono gli insegnamenti e vengono iniziati alle rapine, all’uso delle armi, alla simbologia dei tatuaggi, e alle prescrizioni della violenza. I siberiani però si ritengono “criminali onesti”, perché non rubano per arricchirsi, ma per sostentare la propria comunità. Però, la brutalità ritualizzata, le tentazioni e la brama di denaro possono mettere a dura prova i codici e le tradizioni, e anche le relazioni personali.
La pellicola, tratta dall’omonimo romanzo di Nicolai Lilin, rappresenta la formazione criminale: viene descritta la gerarchia, secondo la quale tutti gli anziani vengono rispettati in modo quasi sacro e vengono chiamati “nonno” o “zio” prescindendo dai legami di sangue; vengono raccontati i riti di passaggio e l’impatto della globalizzazione con la Tradizione. Salvatores porta sullo schermo un affresco storico-sociale della Russia attraverso una comunità di criminali: descrive il culto della violenza e della forza, giustificando le azioni efferate e la sorte degli innocenti con la scusante della religiosità. L’anarchia è visibile anche nel modo di dirigere: la pellicola, infatti, si discosta significativamente dal romanzo, in cui la violenza risulta più tangibile; i protagonisti sembrano essere fin troppo “puliti” rispetto alle loro azioni. Però, dell’etica criminale -più che i rituali di cui siamo quasi tutti a conoscenza- ci interessa il linguaggio e i simboli: il tatuaggio, ad esempio, è il marchio da esibire per non confondere il corpo di uno con quello di un altro; è un modo per mettere in mostra le ferite, per raccontare le proprie origini, permettendo una lettura pubblica, non solo del branco.
“È poco importante il riferimento ai fatti realmente accaduti o non. L’importante del film non è il suo approccio storico e realistico, nemmeno il mio libro era saggistico o giornalistico. Ho cercato di raccontare le storie umane, l’esperienza di tutta la Russia dopo il crollo del Muro, quello che è accaduto. Il film è la revisione di una revisione letteraria sulla realtà”, ha affermato Lilin commentando l’adattamento del suo libro: Salvatores rispetta i pilastri dell’ “Educazione siberiana”, ma sviluppa una linea drammatica nuova che offre un’interpretazione diversa, meno violenta e più incentrata sui rapporti umani (in particolare quello tra Kolima e Gagarin, e quello tra Kolima e Xenya).
Mariantonietta Losanno