ARTE, DOMANI TERRE BLU INAUGURA LA MOSTRA “PALINGENESI” DEL FOTOGRAFO FABIO DONATO

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Manifesto dell’evento Palingenesi

(g.l.) CASERTA – Si terrà domani, Sabato 18 gennaio alle ore 19,30 la kermesse artistica dal titolo “PALINGENESI” a cura del collezionista ed esperto conoscitore di arte, nonché editore Giuseppe Coppola, presso la sede dell’associazione culturale Terre Blu, in via San Nicola al civico 27, a Caserta.

Un evento aperto al pubblico che si rivela un’integrazione della mostra antologica dell’artista Fabio Donato con 7 nuove foto e accompagnato dalla presentazione del 3° libro d’artista.

Chi conosce il fotografo Fabio Donato, sa che sin dagli anni ’70 egli ha documentato i movimenti artistici e teatrali che hanno interessato la città di Napoli e la regione, storicizzandone i linguaggi e conducendo la sua ricerca su due binari paralleli, quali lo studio dei movimenti artistici in essere  e i temi incentrati sulla sospensione del tempo, la soglia come linea di demarcazione tra spazi, tempi, dimensioni mentali contrapposte, il “doppio” come rapporto tra la realtà e la finzione, l’altro da sé. Quel binario che ama definire “poetico”, quasi a voler separare arte e scienza: Fabio Donato scienziato e Fabio Donato artista, Dottor Jekyll e Mister Hyde.

Chiamato a realizzare le foto per il libro “Nel quale la donna si specchia”, Fabio Donato si è confrontato con autori che aveva conosciuto personalmente e fotografato: Raffaele La Capria, Vincenzo Cerami, Toni Servillo, Mimmo Paladino e Ruggero Cappuccio. Di essi ha restituito ciò che ha condiviso e amato, cioè l’anima, come egli l’ha sognata riproducendola. Confrontandosi con l’oggetto, un insolito contenitore di “cose” realizzate in ceramica sulle indicazioni di quegli stessi personaggi, esso gli è apparso nella sua nuda reale totalità, separato da quanti lo hanno generato, nudo, quasi attraverso un meccanismo di pirandelliana memoria che sottrae agli autori ciò che essi hanno creato.

Il titolo del libro è accattivante quanto misterioso: “Nel quale la donna si specchia”, opera trasversale ai linguaggi, a confine tra design, letteratura e arti visive, oggetto evocato attraverso la scrittura di letterati ed artisti, costruito in ceramica, fotografato, rievocato attraverso le immagini dei luoghi e degli autori che lo hanno generato, ricostruito attraverso due nuovi racconti nelle sue singole parti: una scatola, un pesce, una chiave, due tazzine per il caffè e una tegola che reca l’iscrizione “respiro”: edificio abitato da cose nelle quali gli autori si identificano (“Scegliete un oggetto che in sintesi vi rappresenti”, fu chiesto loro). Cosa inutile e proprio per questo irrinunciabile: l’oggetto nel quale la donna si specchia, oggetto del libro, che 64 pagine di testo e 64 di immagini riproducono, un equilibrio perfetto.

“Tutto è cominciato così – dichiara il curatore Giuseppe Coppola – Era, se non ricordo male, la primavera del 2011 quando mi incontrai con Ruggero Cappuccio a San Mango. Non ci vedevamo da molto tempo e ci inventammo una cosa insolita, a metà strada tra letteratura e design, per il piacere di fare di nuovo qualcosa assieme, quasi a voler rinnovare le assidue frequentazioni ed i giochi di un tempo, quando da ragazzi abitavamo quei luoghi in estate.

La letteratura è adusa a giochi di questo tipo, il design molto meno. Io producevo in quegli anni oggetti in ceramica disegnati per me dai personaggi più rappresentativi del design italiano contemporaneo. Chiesi a Ruggero, totalmente estraneo a quel mondo, di curare una piccola collezione.

Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura –mi rispose – Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti. E’ uno splendido libro di Francesco Orlando, dovresti leggerlo”.

Interpellò così Vincenzo Cerami, Raffaele La Capria, Toni Servillo e Mimmo Paladino, che suggerirono ciascuno un oggetto e lo descrissero nelle sue qualità interiori. E’ stata una gestazione lunga e sofferta fotografarlo: ricordo i tempi, i modi, i tentativi, finché la chiave, l’ultima a vedere la luce, non è stata evocata dalle profondità della sua assenza. Un calco vuoto sotto la luce di una lampada, per quanto minuta, che invade anch’essa la scena proiettando su quel calco una luce livida ed enigmatica. Fabio Donato, dinanzi all’oggetto nudo nel suo osceno abbandono, e dovendo realizzare le 7 foto che compongono il suo libro d’artista, si è commisurato con il proprio linguaggio poetico, appunto con la sospensione del tempo, la soglia, il doppio, riuscendo a fotografare sè stesso.

La mostra è aperta al pubblico ad ingresso libero.