Il giovane avrebbe dovuto affrontare domani il processo. Ha lasciato in cella una lettera: “Su di me solo bugie”
Roma – Marco Prato (31 anni), accusato dell’omicidio di Luca Varani, si è suicidato nella cella del carcere di Velletri, in cui era detenuto perché accusato della morte di Luca Varani, avvenuta il 4 marzo del 2016 durante un festino a base di sesso e droga. Domani avrebbe avuto luogo l’udienza del processo. E’ stato trovato da un agente penitenziale durante il giro di ispezione, con un sacchetto di plastica in testa: sarebbe morto soffocato. Il suo compagno di cella dormiva e non si sarebbe accorto di nulla. Si indaga, contro ignoti, per istigazione al suicidio.
Prato aveva 31 anni. Il pm di turno ha autorizzato la rimozione della salma su cui verrà effettuata l’autopsia. Per l’omicidio di Luca Varani è già stato condannato, in abbreviato, a 30 anni, Manuel Foffo che, con Prato, aveva seviziato e ucciso la vittima. Prato, a differenza del coimputato, aveva scelto il rito ordinario.
Secondo quanto sostenuto dallo stesso Marco Prato, si sarebbe suicidato per “le menzogne dette” su di lui e per “l’attenzione mediatica” subìta.
“Non penso che Prato si sia tolto la vita per rimorso e pentimento: né lui né Manuel Foffo si sono comportati bene con i genitori di Luca”, ha affermato l’avvocato Alessandro Cassiani, legale della famiglia Varani, alla notizia del suicidio del giovane detenuto. “Fermo restando che lui e Manuel Foffo hanno meritato il carcere per la gravita’ del fatto loro attribuito – aggiunge l’avvocato – Ritengo che su di lui, più che il rimorso, abbiano pesato la lunga detenzione prima del processo, e soprattutto il fatto che in udienza avrebbe deposto, su citazione della Procura, lo stesso Foffo, che avrebbe scaricato sull’ex amico ogni responsabilità.
Marco Prato, lo ricordiamo, il 4 marzo 2016, aveva dato un appuntamento nell’appartamento di Manuel Foffo all’amico Luca Varani inviandogli diversi messaggi: “vieni che c’è roba e soldi per te”- scriveva. All’arrivo del giovane i due stordirono Luca con un bicchiere pieno di farmaci e lo torturarono. Lo legarono e, per evitare che gridasse, tentarono di tagliargli le corde vocali per poi infliggergli diverse coltellate e colpi di martello. Il tutto, dissero, senza una vera ragione. La ragione, in seguito, fu individuata nell’omosessualità del Prato, il quale pare fosse terrorizzato all’idea che il suo segreto divenisse di dominio pubblico. Per allontanare i sospetti, infatti, finse di essere il ragazzo di Flavia Vento…la quale fu ben lieta di prestarsi pur di non lasciarsi scappare l’occasione di finire sui giornali.
Il processo, rinviato più volte, avrebbe dovuto far luce sui veri motivi di un delitto che appare assurdo e che, pur avendo chiari i colpevoli, forse resterà comunque avvolto nel mistero.