FESTIVAL DEL CINEMA, “IL BENE MIO” DI PIPPO MEZZAPESA: IL CORAGGIO DI SCEGLIERE

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il bene mio FESTIVAL DEL CINEMA, “IL BENE MIO” DI PIPPO MEZZAPESA: IL CORAGGIO DI SCEGLIERECAPUA – C’è un tempo per lasciare andare e uno per restare: “Il bene mio” insegna a saperli distinguere. Protagonista assoluto della pellicola è il luogo, Provvidenza, un paese fantasma nella campagna pugliese distrutto da un terremoto. Elia (interpretato da Sergio Rubini che, con la sua interpretazione magistrale, rende il film dolce, a tratti persino divertente, ma pur sempre drammatico) è l’ultimo abitante, quello più ostinato. Si rifiuta di abbandonare i propri ricordi, in cui c’è ancora troppa sofferenza. Vorrebbe ricostruire, piuttosto che dimenticare. Non tutto, però, può essere riedificato; certe ferite e certi crolli, per quanto ci si possa impegnare, non possono essere risanati. Elia potrebbe essere visto come un uomo che resiste, che non si rassegna; oppure, il suo atteggiamento potrebbe essere inteso semplicemente come una mancanza di coraggio. Per accettare ed elaborare un dolore c’è bisogno di tempo, ma la vita non aspetta, va avanti. Comprendere tutto ciò non vuol dire voltare le spalle ai propri ricordi, anzi, significa ricostruire pian piano se stessi.

mezzapesa 1030x615 FESTIVAL DEL CINEMA, “IL BENE MIO” DI PIPPO MEZZAPESA: IL CORAGGIO DI SCEGLIERELa pellicola di Pippo Mezzapesa è un racconto intimo e nostalgico che da un’immagine diversa della sofferenza e della solitudine. Il bene mio è, infondo, ciò che si ritiene più giusto per se stessi, non quello che vogliono gli altri, è come che nessuno avesse ragione. Cioè, chi ricostruisce la propria vita ha tutte le ragioni per farlo; allo stesso modo, chi lotta contro la rimozione del ricordo prendendosi cura di quello che il tempo distrugge e non rifacendo tutto ex novo, non deve essere giudicato. Ognuno, a proprio modo, stabilisce quale sia il bene suo. È una questione di scelta. Quello che però va detto è che non esistono scorciatoie per esorcizzare il dolore, prima o poi tutti, in un modo o nell’altro, devono farci i conti. Elia è un personaggio umano, non il classico eremita. È un uomo legato alla propria terra, compie la propria personale rivoluzione per tenersi stretto i propri ricordi, ma è al tempo stesso un uomo vitale, dinamico, ironico. Vorrebbe vita accanto a sé, ma finisce per aggrapparsi a quel poco che rimane: soltanto macerie. I crolli non sono solo fisici, ma sono anche morali, psicologici. Provvidenza è la rappresentazione di una comunità che ha deciso di elaborare il lutto seppellendo ogni cosa. Però, tutti quegli oggetti che apparentemente sembrano inutili cianfrusaglie hanno un grande valore. “Questa è casa mia”, ripete sistematicamente Elia ogni qual volta gli si dice di abbandonare Provvidenza. Lui preferisce vivere in un limbo, abbracciando ogni singola maceria del suo paese.rubiniilbenemio 810x542 FESTIVAL DEL CINEMA, “IL BENE MIO” DI PIPPO MEZZAPESA: IL CORAGGIO DI SCEGLIERENella pellicola di Pippo Mezzapesa c’è, poi, un altro grande tema: l’immigrazione. Elia incontra Noor, una giovane donna in fuga dal suo paese. Entrambi fuggono dalla distruzione, eppure sono diametralmente opposti. Non parlano la stessa lingua, ma si capiscono ugualmente dagli sguardi. Sono salvifici l’uno per l’altra. “Il bene mio”, dunque, oltre ad insistere sul valore della storia, della memoria e dell’amore, si presenta come un’opera sui confini, sui simboli, sulle soglie fisiche e psicologiche da superare. È un film importante, soprattutto per il periodo storico in cui viviamo. Impossibile, infatti, non pensare a quanto avvenuto ad Amatrice (dove tra l’altro “Il bene mio” è stato anche proiettato), o a Genova: luoghi che stanno faticosamente provando a rimettersi in piedi.

Mariantonietta Losanno