A cura di Ferdinando Terlizzi –
Lo scorso mese di novembre il legislatore, con l’approvazione di una norma nel D.L. 113/2018 ha interpretato, in chiave moderna, il metodo di lavoro della circolarità e dell’analisi delle informazioni lasciato in eredità dal pool Antimafia di Palermo, canalizzando verso la DIA e le Questure l’invio di tutti i dispositivi delle sentenze di condanne irrevocabili a pene detentive e dei provvedimenti ablativi o restrittivi emessi dai Tribunali, dalle Corti d’Appello, dalle Sezioni Misure di Prevenzione e dagli Uffici dei G.I.P., così ulteriormente confermando la centralità della DIA nella lotta antimafia.
Sul piano della prevenzione e della repressione, proprio gli indizi desumibili da una lettura ragionata delle sentenze, uniti al patrimonio informativo, consentiranno di instradare con maggiore efficacia gli accertamenti patrimoniali e giudiziari necessari ad individuare i prestanome e, conseguentemente, aggredire i grandi patrimoni mafiosi. È evidente che l’opera di coordinamento nell’ambito delle attività di investigazione preventiva non può prescindere da una piena “circolarità informativa” di tutte le notizie potenzialmente attinenti alla criminalità organizzata, laddove tali attività mirano ad investigare le modalità operative, le connotazioni strutturali, le articolazioni e i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali.
In linea con i compiti assegnati alla DIA dall’art. 108 del Codice Antimafia, la “Relazione semestrale”, prevista dal successivo art. 109, approfondisce le “connotazioni strutturali” e le “articolazioni” della criminalità organizzata calabrese (capitolo 2), siciliana (capitolo 3), campana (capitolo 4), pugliese e lucana (capitolo 5), nelle regioni di elezione.
Il capitolo 6, denominato “Proiezioni della criminalità organizzata sul territorio nazionale” affronta, invece, “i collegamenti interni delle organizzazioni criminali”, declinati, in maniera sistematica, con riferimento alle diverse regioni in cui sono stati colti segnali di radicamento o di una presenza più sfumata.
Il capitolo 7 è dedicato alle Organizzazioni criminali straniere in Italia”, mentre il capitolo 8 affronta la “Criminalità organizzata italiana all’estero”.
Il capitolo 9 “Appalti pubblici” riepiloga le attività svolte dalle articolazioni centrali e periferiche della DIA in questo settore nevralgico per il Paese, seguito dal capitolo 10 dedicato alle “Attività di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio”. L’undicesimo capitolo descrive l’attività svolta dalla DIA con riferimento al regime detentivo speciale previsto dall’art.41 bis O.P. Il capitolo dodicesimo, riservato alle “Conclusioni”, nel riepilogare gli aspetti salienti del semestre, approfondisce questa volta i “settori economici” di riferimento dei soggetti denunciati e arrestati per reati di mafia.
Nel solco della novità introdotta lo scorso anno, il tredicesimo capitolo propone un focus di approfondimento su un tema specifico. In questo caso sulla “Criminalità nigeriana”, della quale viene offerto uno spaccato anche di carattere sociologico. Da ultimo, il capitolo “Allegati” schematizza le principali attività di prevenzione e contrasto concluse dalla DIA.
ANALISI DEI FENOMENI MAFIOSI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CAMPANA
L’analisi condotta nella Relazione semestrale ha tracciato non solo la distribuzione sul territorio e gli assetti interni delle organizzazioni criminali, ivi comprese quelle di matrice straniera, ma si è posta nella prospettiva di presentarne innanzitutto i modus operandi.
È, infatti, dalla messa a sistema delle evidenze info-investigative registrate per le diverse consorterie che è possibile delineare quelle tendenze criminali utili ad interpretare le mafie sul piano evolutivo, e quindi a calibrare un’adeguata strategia di contrasto.
Le dinamiche criminali della camorra continuano ad essere particolarmente complesse.
Coesistono, spesso nella stessa zona, gruppi diversi per struttura e scelte operative: accanto a sodalizi minori, prevalentemente dediti al controllo di attività illecite sul territorio di rispettiva influenza, operano storiche e strutturate organizzazioni (come i MAZZARELLA, LICCIARDI, CONTINI, presenti nel capoluogo partenopeo, MALLARDO, MOCCIA, NUVOLETTA, POLVERINO, ORLANDO, nella provincia, i CASALESI nel casertano), sempre più proiettate ad estendere il loro raggio d’azione in altre regioni e all’estero. Se per i primi la violenza è uno strumento necessario di affermazione criminale, i secondi tendono a rifuggire azioni eclatanti e appaiono sempre più orientati a controllare i mercati legali, stringendo rapporti con il mondo imprenditoriale, le pubbliche amministrazioni ed esponenti politici. L’assenza di una struttura verticistica sovraordinata rappresenta, al contrario di quanto si potrebbe immaginare, uno dei punti di forza delle organizzazioni camorristiche più strutturate, poiché è proprio la loro flessibilità a renderle maggiormente capaci di adattarsi ai mutamenti economici e sociali. Inoltre, lo stato di disagio sociale e di illegalità diffusa che caratterizza ampie zone del territorio campano, la stessa convivenza tra organizzazioni camorristiche vere e proprie, gruppi di gangsterismo urbano e bande di giovani delinquenti fa sì che le prime possano, in ogni momento, contare su eserciti di centinaia di persone, costituiti anche da minori impiegati come vedette, trasportatori di armi, corrieri a domicilio per la consegna di sostanze stupefacenti, fino addirittura alla commissione di omicidi.
Il “sistema camorra” deve essere considerato come un insieme di “sottosistemi”, molto diversi tra loro. Uno di questi “sottosistemi” è costituito da sodalizi che, nella continua ricerca di nuovi metodi di controllo dei mercati illegali, evitano di contrapporsi allo Stato, tramandandosi, da generazioni, il potere criminale. La loro vocazione imprenditoriale affonda le radici nel passato e coniuga la finalità di riciclaggio dei capitali illeciti alla produzione di ulteriori profitti. I sodalizi si infiltrano nell’economia legale o attraverso la partecipazione in imprese sane o operando direttamente con proprie ditte di riferimento, caratterizzate da una continua modificazione di assetti e sedi sociali, in modo da rendere più complesso risalire alla reale proprietà. In alcuni casi si tratta di reti di imprese, attraverso le quali controllano l’intera filiera delle attività connesse ad un determinato settore economico: nel settore dei giochi, ad esempio, sono risultate tra loro collegate imprese che si occupavano dell’installazione e manutenzione di slot machine e videolottery, nonché della gestione delle sale e dei servizi di ristorazione.
A Napoli coesistono numerosi aggregati criminali che, seppure di scarsa consistenza, agiscono con modalità mafiose, cercando di imporsi attraverso plateali azioni violente (raid armati, esplosioni di colpi d’arma da fuoco contro abitazioni, autovetture, esercizi commerciali). In alcune zone – centro storico e periferia ad est di Napoli – le tensioni sono più evidenti, spesso alimentate da gruppi strutturati che tentano di espandere la loro sfera d’azione appoggiando i sodalizi locali.
I quartieri del centro storico continuano a suscitare forti interessi per la gestione del mercato degli stupefacenti, la vendita di merce contraffatta e le estorsioni, determinando aspre conflittualità tra i gruppi criminali che si contendono il controllo del territorio. La scarcerazione di affiliati di rango e, contestualmente, l’esecuzione di numerosi provvedimenti cautelari hanno contribuito ad alterare gli equilibri già precari.
Nel secondo semestre del 2018, tra settembre e dicembre, sono deceduti, per cause naturali, alcuni pregiudicati che hanno rivestito un ruolo di rilievo nell’ambito dei sodalizi di appartenenza. Due di questi erano al vertice del clan MAZZARELLA di San Giovanni a Teduccio; il terzo era ritenuto a capo del gruppo LEPRE, originario della zona del Cavone; altri due erano, rispettivamente, il primo uno storico elemento del sodalizio CONTINI e il secondo capo del gruppo SARNO di Ponticelli, prima di diventare collaboratore di giustizia.
Il clima di violenza che caratterizza numerosi quartieri di Napoli (Forcella, Sanità, quartieri Spagnoli, Scampia, Secondigliano, San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, Pianura, Rione Traiano), si ritrova anche in altre zone della Campania, dove pregiudicati non esitano a sparare colpi di arma da fuoco all’interno di esercizi commerciali, incuranti della possibilità di attingere persone innocenti. Le “stese” sono conseguenza di questa magmatica situazione con gravi conseguenze per la sicurezza pubblica. Il notevole impegno profuso da Forze di polizia e Magistratura ed i positivi risultati raggiunti nell’assicurare alla giustizia i responsabili e i capi di questi gruppi non hanno, finora, fermato questa deriva violenta, di certo favorita dalla rapidità dei cambi di vertice, spesso occupato da pregiudicati anagraficamente molto giovani.
Il 1° ottobre 2018, a conclusione dell’operazione “Occhio di falco”, condotta dai Carabinieri, è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare a carico di alcuni pregiudicati ritenuti responsabili di estorsione continuata. L’indagine ha accertato l’operatività di un’organizzazione che controllava i parcheggiatori abusivi nel quartiere Chiaia, della quale faceva parte anche il suocero di un elemento di spicco del clan MAZZARELLA.
Nel rione Sanità si registra, da tempo, una situazione di particolare effervescenza criminale, con continui cambiamenti di alleanze e frequenti scontri armati. Tale situazione è ascrivibile ad una pluralità di fattori, quali la presenza di numerosi sodalizi (alcuni storicamente radicati sul territorio, altri di più recente formazione) e le mire espansionistiche di gruppi provenienti da altri quartieri. Con riferimento al clan MISSO, radicato in questo quartiere, ad ottobre la DIA di Napoli ha eseguito un provvedimento di confisca di beni, che ha riguardato immobili, società, una rivendita di tabacchi, auto e moto, depositi bancari – di cui due nella Repubblica di San Marino – e polizze assicurative, per un valore di oltre 9 milioni di euro. Patrimonio intestato a due fratelli, uno considerato cassiere e uomo di fiducia del capo clan, l’altro incaricato del reinvestimento dei proventi illeciti.
I quartieri a nord di Napoli risentono della frammentazione causata dalle faide tra gruppi locali e dai conseguenti arresti. Dalle attività info-investigative emerge una situazione di debolezza da parte delle compagini che hanno segnato, per lungo tempo, la storia criminale dell’area, circostanza che potrebbe portare ad una possibile ridefinizione degli assetti camorristici. Nell’area di Secondigliano è palpabile una situazione di accesa tensione criminale: si tratta, infatti, di una parte del territorio a nord di Napoli, dove il controllo delle attività illecite – in prevalenza spaccio di stupefacenti ed estorsioni – è suddiviso tra diversi gruppi, satelliti di più strutturate organizzazioni criminali. La zona confina, inoltre, con territori appannaggio di altre storiche famiglie di camorra, quali il gruppo MOCCIA originario di Afragola, che estende la sua influenza nel comune di Casoria, limitrofo al quartiere di San Pietro a Patierno.
Nella periferia ad est di Napoli, sin dai primi mesi del 2018, si è registrata un’escalation di omicidi, scorribande armate, esplosioni di colpi d’arma da fuoco, agguati e ferimenti. Le tensioni si sono intensificate a seguito dei numerosi arresti che hanno destabilizzato i gruppi criminali, mutandone equilibri e assetti interni. Le vicende del quartiere San Giovanni a Teduccio sono legate allo storico scontro tra la famiglia MAZZARELLA ed i RINALDI-REALE del Rione Villa.
Nell’area a nord del capoluogo, il clan MOCCIA, originario di Afragola, ha da tempo imposto il proprio potere, dando vita ad una federazione di gruppi, dotati di autonomia operativa nei territori di rispettiva competenza, mentre a Giugliano in Campania si conferma la presenza del clan MALLARDO.
In provincia di Caserta permane il forte radicamento delle principali consorterie federate nel cartello dei CASALESI (con al vertice le famiglie SCHIAVONE, ZAGARIA, IOVINE, BIDOGNETTI), che mantengono il controllo territorio facendo ricorso a sempre nuove modalità operative per la gestione delle estorsioni, dell’usura, del traffico di stupefacenti, del gioco e delle scommesse d’azzardo. A tali illeciti “tradizionali”, il cartello è riuscito, nel tempo, ad affiancare forme di condizionamento della realtà politica locale.
I CASALESI risultano legati ad altri due potenti gruppi napoletani, i menzionati MOCCIA di Afragola e MALLARDO di Giugliano in Campania. Un importante elemento di novità rispetto agli assetti criminali dell’area è da individuarsi nella scelta, nel mese di luglio 2018, del figlio del capo del gruppo SCHIAVONE di collaborare con l’A.G.. Questi, dopo l’arresto del padre, era divenuto esponente di una nuova generazione criminale, garantendo la continuità della consorteria camorristica casalese.
Punti di forza del cartello sono i legami con gli ambienti deviati della politica e la capacità di impiegare i proventi illeciti in attività imprenditoriali, creando un vero e proprio impero, in grado di produrre profitti e di acquisire consenso sociale attraverso l’impiego in attività commerciali di riferimento del sodalizio. Tra i provvedimenti mirati a sottrarre beni ai componenti del citato cartello si citano due decreti di sequestro riferiti al gruppo BIDOGNETTI. Il primo – emesso su proposta dei Procuratori della Repubblica di Napoli e Santa Maria Capua Vetere e del Direttore della DIA, eseguito nel mese di novembre – ha riguardato un fabbricato, totalmente abusivo, situato a Casal di Principe ed edificato con le caratteristiche tipiche di una vera e propria villa bunker, riconducibile ad un pregiudicato inserito con un ruolo di primo piano nel gruppo BIDOGNETTI. Con il secondo provvedimento, la DIA di Napoli ha eseguito il sequestro di alcuni terreni e di un’azienda riconducibili a un elemento di spicco del citato clan.
La provincia di Salerno presenta una situazione generale riferita alla criminalità organizzata particolarmente disomogenea. I sodalizi di maggiore spessore e di più datato radicamento hanno sviluppato, accanto agli affari illeciti “tradizionali” (traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, usura), tecniche di infiltrazione nel tessuto socio-economico, politico e imprenditoriale locale finalizzate al controllo di settori nevralgici dell’economia provinciale ed al condizionamento di Enti territoriali e Comuni.
Si segnalano, poi, altre manifestazioni criminali legate alla commissione di reati contro la persona ed il patrimonio (rapine, anche in danno di furgoni portavalori), nonché truffe ai danni dello Stato, delle assicurazioni e di singoli cittadini. Continuano a essere largamente praticate anche l’usura e l’esercizio abusivo del credito, che costituiscono un vero e proprio mercato finanziario parallelo. Al riguardo, nel mese di novembre, la DIA di Salerno ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari ad una componente della famiglia ZULLO di Cava de’ Tirreni (SA), articolazione del clan BISOGNO, responsabile del reato di usura. La misura è stata poi convertita, il 7 dicembre, nella detenzione in carcere, poiché la donna, dalla sua abitazione, aveva continuato a gestire il clan.
Scendendo nel dettaglio delle dinamiche che interessano il Capoluogo, si segnala l’operatività dello storico sodalizio D’AGOSTINO, che ha retto al tentativo di “scalata”, alcuni anni or sono, da parte di gruppi composti anche da giovani leve, che volevano approfittare dello stato di detenzione in regime ex art. 41 bis o.p. del capo clan. La recente scarcerazione di soggetti dall’indiscusso profilo criminale, unitamente alla presenza di nuove leve delinquenziali prive di scrupoli, avrebbe riacceso i contrasti per affermare la leadership criminale in alcune zone cittadine, dove gestire il traffico di stupefacenti, l’usura, le rapine e le estorsioni.
Il contesto criminale della provincia di Avellino resta particolarmente permeabile ad infiltrazioni di clan delle province di Napoli e Caserta. Per quanto riguarda gli assetti dei sodalizi locali, non si registrano mutamenti di equilibri nelle aree a maggior densità criminale (Vallo di Lauro, Baianese, Valle Caudina, comprensorio Montorese – Solofrano, alta Irpinia e Arianese).
Anche nella provincia di Benevento non si sono registrati mutamenti dei preesistenti equilibri criminali. Per i gruppi dell’area la principale fonte di finanziamento si conferma il traffico di stupefacenti. Come meglio specificato nel cap. 6. “Proiezioni della criminalità organizzata sul territorio nazionale” (in particolare con riferimento alle presenze in Lazio, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Abruzzo), l’interesse fuori regione delle consorterie mafiose campane si rivolge prevalentemente al narcotraffico e al riciclaggio di capitali.
All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno, si segnalano la Spagna, il Regno Unito, la Svizzera, la Germania, Malta, il Messico, la Colombia e la Cina (cfr. cap. 8 “La criminalità organizzata all’estero”).