di Francesco Capo
CASERTA – La street art e la Reggia di Caserta: connubio insolito ma reso possibile dalla mostra collettiva Room service, curata da Pia Lauro, che apre oggi, 6 settembre alle ore 17, le porte ai visitatori e sarà visitabile fino al 15 ottobre. Nelle retrostanze del Palazzo, in passato luoghi di passaggio oppure spazi privati in cui i sovrani si muovevano liberi dalle convenzioni sociali, sarà possibile ammirare le opere di artisti under 40, ma già alla ribalta nel mondo dell’arte contemporanea.
Il primo è Rero, urban artist francese, che riflette sul potere comunicativo della parola e concentra il suo approccio sulla frase “What you see is what you get”, ciò che vedi è ciò che cogli. Utilizzando il carattere Verdena, uno dei più diffusi sul web per la sua universalità e facile leggibilità, Rero abbandona, sui muri di spazi urbani o in disuso, delle parole e poi con una linea le cancella, a testimonianza della fragilità dei nostri pensieri e delle informazioni che riceviamo ogni giorno. Sul pannello installato alla Reggia propone la parola “Atarassia” scritta in latino, accompagnandola a terra da tantissime fascette di carta che riempiono la stanza e su cui scrive un celebre aforisma di Blaise Pascal che dice che tutta la nostra vita trascorre in questo modo: “cerchiamo la quiete impegnandoci per superare alcuni ostacoli e una volta che li abbiamo superati, la quiete diventa insopportabile per la noia che genera”. Nella stanza campeggia una colonna con sopra una risma di fogli bianchi, come un invito all’azione, a riempire quei fogli scrivendo la “propria” parola. Ciò ben si sposa con l’atarassia, che per i greci indicava infatti lo stato di calma e imperturbabilità in cui si è padroni sé, in cui si agisce in assenza di desiderio e timore e non lo stato di apatia e freddezza come erroneamente è oggi inteso il termine.
Segue l’opera meno suggestiva della mostra, quella del collettivo romano Sbagliato. Si tratta di un parallelepipedo che, con la tecnica del poster, rappresenta una cabina telefonica cinese. Secondo la curatrice della mostra, Pia Lauro, l’idea alla base dell’installazione è la necessità sempre più impellente, anche nel mondo dell’arte, di alzare la cornetta e chiamare i cinesi, che ormai sono tra i principali finanziatori di opere d’arte e restauri. Ed è suggestivo lo sforzo della Lauro di impreziosire il racconto alludendo al fatto che la cabina ricorda anche Clark Kent che ogni volta vi entra per trasformarsi in Superman, come a dire che gli americani ci sono ancora.
Halo Halo, con un’idea alla David Lynch, piazza al centro della stanza un enorme cubo, come se questo fosse un’altra stanza all’interno della stanza reale, e vi disegna sopra, con un tratto che ricorda quello di Keith Harring, la sequenza del sistema numerico binario, ripetendola lungo le quattro facce del cubo con linee e curve dalle forme più disparate che spingono il visitatore ad immergersi nell’opera. L’opera è una riflessione su quanto le nostre vite sia ingabbiate dai bit informatici e sul confine tra ciò che è reale e virtuale, tanto che lo spettatore posizionando il cellulare in un preciso punto della stessa, grazie a un codice informatico (molto probabilmete un QR code, ndr), potrà vedere sul suo dispositivo la faccia superiore del cubo, quella la cui visione è impossibile nella stanza reale.
Segue l’opera del romano Lucamaleonte, noto per aver realizzato un murales con la faccia di Francesco Totti, che alla Reggia espone su un pannello-parete un disegno che ricorda illustrazioni medievali e in cui si aggrovigliano diversi animali (un puma, un serpente, uccelli, topi, insetti) facendo percepire allo spettatore, al primo impatto visivo, la forza espressa da questi, salvo poi, una volta spostarsi dalla stanza la globalità dell’immagine che forma un teschio.
Jacopo Ceccarelli, aka 2501, con le sue linee ipnotiche bianche e nere che suggeriscono continuo movimento, installa nella stanza una lampada che il visitatore potrà spostare e in un angolo uno specchio da cui si propagano quelle linee. E sorge il dubbio se queste rappresentino la nostra energia in movimento o più semplicemente quella della luce che dialoga con lo specchio.
La mostra è impreziosita dall’installazione sonora del musicista Salvatore Prezioso che, nella stanza un tempo utilizzata dai reali per giocare a carte o biliardo, riprodurrà delle musiche intervallate dai rumori che un tempo dovevano animare quell’ambiente. Ancora una volta a ricordarci che passato, presente e futuro si fondono, così come finzione e realtà.