Nella notte tra domenica 24 febbraio e lunedì 25, al Dolby Theatre di Los Angeles, sono stati consegnati i premi Oscar 2019. Una cerimonia anomala: nessun presentatore ufficiale. Uno dei protagonisti è stato senza dubbio Alfonso Cuarón, che ha ricevuto l’Oscar alla regia, alla fotografia e come miglior film straniero per la sua “Roma”, una pellicola intima e poetica. Per la quinta volta in sei anni, l’Oscar per la regia è stato dato ad un regista messicano. “Nessun paese può costruire muri e porre barriere” ha detto Javier Bardem introducendo il premio al miglior film straniero andato a “Roma”. Una vittoria prevedibile e assolutamente meritata: “Roma” è un film sincero, basato su un’indiscutibile delicatezza d’animo. Cuarón trasporta lo spettatore nella Città del Messico dei primi anni Settanta, quella dei quartieri borghesi e delle proteste studentesche e popolari. Un’atmosfera magica, che il bianco e nero aiuta a creare. La regia di Cuarón sostiene con brillantezza il tono realistico del racconto e l’evoluzione dei personaggi, i quali vivono tutti un mutamento interiore e un cambiamento esistenziale. Molta importanza, poi, è stata data al ruolo della donna. “Roma” è anche un racconto di culture e tradizioni, è una pellicola che ha una bellezza pura, proprio perché autentica.
La vittoria di “Green Book” come miglior film, invece, ha sorpreso. La pellicola, diretta da Peter Farrelly, parla di una storia vera, semplice e non banale. Una sorta di pellicola on the road che racconta la nascita di un’amicizia tra due persone agli antipodi. Un esempio perfetto di commedia brillante: “Green Book” è un film genuino e originale. Il ritmo nello scambio delle battute, il tono che oscilla tra l’ironico e il sagace, uno stile che si contraddistingue. Le interpretazioni di Viggo Mortensen e Mahershala Ali (vincitore dell’Oscar come miglior attore non protagonista) sono perfettamente credibili: divertono, mostrano ogni stereotipo senza incorrere in alcuna forma di pietà, indossano le vesti dei loro personaggi senza risultare mai fuori luogo. Oltre all’amicizia c’è di più, ci sono tematiche complesse affrontate a dovere e non in modo convenzionale.
Assolutamente da menzionare, poi, il duetto da brividi di Lady Gaga (che con la sua “Shallow” ha vinto l’Oscar come miglior canzone) e Bradley Cooper, protagonisti di “A Star is Born”. La pellicola, diretta dallo stesso Bradley Cooper, che si dimostra all’altezza del ruolo di regista, attore e cantante, non è la classica storia d’amore hollywoodiana. È la storia di un rapporto conflittuale che tenta in tutti i modi di tenersi in piedi, che lotta affinché i sentimenti diventino più forti delle
dipendenze da alcool o droghe che annientano totalmente. Una pellicola che inevitabilmente commuove. Bradley Cooper riesce a convivere con ogni personaggio, ma non predomina la scena, sa anche valorizzare il talento di Lady Gaga (lo aveva già fatto ne “Il lato positivo” con Jennifer Lawrence), che ci offre una prova indimenticabile.
Rami Malek ha vinto, poi, l’Oscar come miglior attore per “Bohemian Rhapsody”. Il ruolo di Freddie Mercury non è assolutamente un ruolo facile da indossare e interpretare, ma Rami Malek si dimostra convincente, nonostante le difficoltà e le grandi responsabilità affidategli. “È stato un onore per me – racconta – sapevo che dovevo metterci onestà dentro il personaggio. È una questione di giustizia per lui e la sua band. È per questo motivo, che volevo farlo al massimo delle mie capacità”, ha detto Malek.
Spike Lee ha vinto per la migliore sceneggiatura non originale per “BlacKkKlansman”, Olivia Colman (nonostante fosse più quotata Glenn Close) ha ottenuto l’Oscar come miglior attrice per “La favorita” di Yorgos Lanthimos.
“Black Panther” ha invece vinto i premi per i costumi, scenografia e colonna sonora: sono stati i primi Oscar mai vinti da un film della Marvel.