È difficile definire uno scemo, perché ciascuno rischia di essere lo scemo dell’altro. Tuttavia qualche misura oggettiva esiste, ci sono categorie di scemi che sono universali. Inoltre, siccome siamo dei primati sociali, la vita quotidiana è una continua repressione di istinti omicidi, mi chiedo per esempio cosa succederebbe se tutti gli automobilisti avessero il porto d’armi e la licenza di uccidere.
E io, quante volte avrei voglia di uccidere quel tizio impiegato delle poste che mi tratta come se fosse lì a farmi un favore. E la vicina che quando passo con il cane si allontana schifata? Adducendo non so quale trauma infantile, quante volte ho pensato di infilarle in casa un Pitt Bull furioso. E quel burocrate amministrativo impiegato al comune che fa di tutto per complicarti la vita? E lo scemo che sai che è scemo perché cresciuti insieme e diventato poi politicante sfaticato che si crede più furbo degli altri? E quella tipa che voleva farmi spegnere la sigaretta elettronica all’aperto? E mia zia, che ogni tanto mi telefona cercando di convertirmi al cristianesimo. (Ovviamente mia zia vorrebbe uccidere me, e dirà che sono io lo scemo).
Nella vita reale poi nessuno uccide mai nessuno, ci mancherebbe, mica siamo come l’Isis (con cui i soliti scemi vogliono dialogare) ma pensarci non è reato. Quindi anche scriverne. Vorrei farne un romanzo dalla lettura liberatoria e terapeutica, una storia semplice: un tizio arriva a un certo punto della sua vita in cui non ne può più di sopportare gli altri, e comincia ad uccidere gli scemi che gli capitano a tiro. Iniziando dall’amministratore di condominio: «Non ho mai capito perché alcune persone provano timore per questa categoria, forse perché avvocati falliti e repressi nella maggior parte dei casi. La loro nocività è ampiamente dimostrata dall’uso e abuso che fanno del loro piccolo potere sugli inquilini dei palazzi». Non è forse così? E poi un impiegato dell’agenzia delle entrate, un automobilista prepotente e cafone, un intero pullman di anziani rompipalle, assassinando in duecento pagine centoquaranta cretini, senza contare cani e gatti.
Quest’ultima strage farà incazzare gli animalisti ma io la trovo molto ugualitaria, chi ama tutti gli animali è in fondo razzista, come chi ama i gay e i neri come categorie astratte; io gli animali non umani li amo talmente da considerarli uguali alle persone, e quindi ci saranno cretini di razza anche tra cani e gatti. Per citarne uno, il chihuahua messicano di una mia amica non l’ho mai sopportato, è supponente, spocchioso, petulante, fastidioso, direi una bugia se affermassi di non aver mai desiderato spiaccicarlo sul divano sedendomici sopra, facendo finta di non averlo visto.
Tuttavia non c’è neppure più bisogno di uscire di casa per sognare stragi di non innocenti, colpevoli di risultare cretini, basta aprire il pc o il proprio smartphone e leggere i commenti o i post dei tuoi cosiddetti amici di Facebook, oppure basta accendere la televisione, soprattutto quella italiana. In fondo è un dato di fatto: per quanto dovrebbe esserci meritocrazia, in democrazia purtroppo la mediocrità arriva sempre al potere prima, quasi in ogni campo, e i cretini cooptano altri cretini. Basta osservare i Grillini o i simpatizzanti di Salvini.
Infine, per questo giustiziere inventato, c’è perfino una morale sociale, in quanto «contrariamente a un’idea molto diffusa, i cretini non sono recuperabili; su di loro le campagne di prevenzione non hanno alcuna presa. Una sola cosa può indurli non dico a cambiare, ma quanto meno a restare tranquilli: la paura. Io voglio che sappiano che li osservo e che il tempo dell’impunità è finito».
PepPe Røck