di Calpurnia
La Notte racconta
Il Buio ascolta
La Luce purifica
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Dalia è inquieta…sposta gli oggetti sui mobili…passa la mano sui libri appoggiati sul tavolo d’angolo, poi si gira di scatto e si dirige verso la poltrona di fronte a Vittorio…ma lui non la guarda…ha lo sguardo fisso al di là della vetrata…ha spento il telefono…non vuole correre il rischio di guardare…di leggere i messaggi…tra poco sarà buio e lui non ha voglia di incontrare la notte, con le sue domande, con i suoi silenzi, con i suoi piccoli rumori ovattati, che nascono e muoiono, nel legno delle cose vecchie…ma dovrà girarsi prima o poi e ascoltare….ascoltare quello che sa già….quello che sa da tempo….da tempo immemorabile…da sempre.
Strano…quando era un adolescente e sognava la principessa delle favole, pensava romanticamente che un giorno, avrebbe sofferto per amore…che la sua principessa lo avrebbe abbandonato… che una notte sarebbe stata rapita da un cavaliere nero, che l’avrebbe portata nel suo castello arroccato sulle montagne e la immaginava in un turbinio di veli, mentre fuggiva via da lui, abbracciata a quel cavaliere che cavalcava un destriero veloce come il vento…
“Vittorio – disse Dalia, sospirando piano…Vittorio mi ascolti?” – e lui si voltò con lo sguardo freddo, improvvisamente lontano…deciso a controllare i tumulti che gli si agitavano dentro…aveva schiacciato in fondo al cuore ogni possibile emozione…ora non era il momento di girare intorno alle parole, alla ricerca di scuse pietose per rimandare il dolore…quello era il momento di esserci, con la ragione, con la mente…con quell’io positivo e presente che avrebbe dovuto prendere in mano il futuro.
“Dalia…sono tranquillo adesso…parla”…
E Dalia iniziò a parlare, stupita lei stessa dalla piega che sembrava aver preso la vicenda…raccontò dei suoi disagi…delle sue amarezze…delle sue insoddisfazioni e sbagliò…sbagliò…
L’atmosfera, apparentemente serena, l’apparente disponibilità di Vittorio, l’apparente sintonia, erano soltanto pause provvisorie, sospese nel nulla, ma l’avevano tratta in inganno…le avevano preso la mano e come tutte le donne che avevano qualcosa da farsi perdonare, anche lei aveva cercato di spianare il terreno, facendo sentire l’altro in colpa…Vittorio lo aveva capito e si irritò…si sentiva maltrattato due volte, aveva troppo a lungo metabolizzato l’angoscia dell’attesa, troppo a lungo vissuto una sorta di presentimento…per non capire che Dalia cercava scusanti, appoggi, giustificazioni a priori, per quello che avrebbe detto, per renderlo accettabile, anzi quasi una conseguenza logica ed inevitabile al malessere al quale lui non era estraneo…
“Basta Dalia…ti prego… basta Dalia…- Vittorio parlava a voce bassa e si stupiva lui stesso della calma con cui stava affrontando il momento peggiore della sua vita…se fosse successo ad un altro e glielo avesse raccontato, si sarebbe congratulato – non voglio sentire le solite lamentele tipiche delle donne che hanno tradito il marito…non è da te…tu sei diversa…ed ora stai offendendo la tua e la mia intelligenza …dimmi quali sono le tue intenzioni e se vuoi… raccontami come sei arrivata a questo punto, aiutami a capire come siamo arrivati a questo punto, ma risparmiami le sceneggiate preventive… “
Dalia ammutolì…le sembrava di avere un estraneo di fronte…Vittorio era improvvisamente cambiato, un altro uomo…ebbe quasi paura…poi si appoggiò allo schienale della poltrona, chiuse gli occhi e sussurrò: “Hai ragione…hai ragione”
Vittorio la guardava serio…la invitava a parlare con lo sguardo…
“E’ successo inaspettatamente…non avevo mai pensato di poter guardare un altro uomo o che un altro uomo potesse attrarmi…non avevo mai pensato di tradirti…questo lo devi sapere e mi devi credere…hai capito Vittorio?, mi devi credere…”
“Vai avanti…ti ascolto…”
Poi…lasciando quella dimensione perfetta in cui si era rifugiato e che lo voleva algido e distaccato ed anche rassicurante, ripiombò nella naturalezza dell’angoscia e dell’attesa, si aggrappò ai braccioli della poltrona e sporgendosi in avanti le chiese febbrilmente: “Chi è ?, lo conosco?, dimmi …lo conosco?”…
Dalia respirò forte… “Non credo…no…forse di vista…lui insegna da poco nel nostro istituto ma nell’altra sezione…”
Il mondo era già esploso…e le schegge impazzite gli trafiggevano gli occhi, la bocca, le spalle, gli si conficcavano nel petto…persino i piedi gli facevano male…Vittorio guardò il telefono spento…e la sua mente si ghiacciò per un momento… Poi si riprese …si raddrizzò…
“Continua…”
“La prima volta che l’ho incontrato è stato nel parcheggio…- Dalia adesso sembra parlare a fatica – Siamo scesi quasi contemporaneamente dalle nostre auto…lui mi guardò ed accennò un saluto cortese…arrivammo contemporaneamente all’ingresso e lui mi diede il passo e scherzando mi disse: “Prego collega…siamo colleghi non è vero?…”
Io gli risposi di sì e lui mi disse che era nuovo, era arrivato da quattro giorni soltanto e mi aveva notato il giorno prima… l’aveva colpito il mio poncho colorato…sai quello che ho comprato al negozio degli articoli peruviani…quel poncho piace a tutti…figurati che Rossella voleva addirittura che glielo vendessi…pensa …ma ti pare possibile?”
Dalia affastellava le parole…era arrossita…cercava una via di fuga… ma Vittorio taceva…un silenzio inesorabile che non ammetteva pause…e lei a fatica continuò, ingoiò saliva e continuò: “Si trattava di un complimento senza importanza…un complimento per il mio poncho colorato, ma mi accorsi che quel complimento stupido mi aveva fatto piacere e quel giorno più volte tornai con il pensiero a quelle poche sciocche parole…Il giorno dopo lo incontrai ancora…avevamo più o meno gli stessi orari, anche lui aveva il pomeriggio…mi offrì il caffè al distributore, nello spacco…io accettai…non c’era niente di male…gli chiesi se abitava in città e lui mi disse che si era trasferito da poco…era originario di Ivrea…non era sposato…viveva solo”…
Vittorio guardava sua moglie seduta di fronte a lui… e ascoltava…beveva le sue parole che gli arrivavano in gola come cristalli di ghiaccio e si fondevano lungo la trachea fino a gelargli lo stomaco…Non voleva interromperla, voleva sapere, conoscere tutta la storia, quella storia che chissà da quanto tempo andava avanti… sotto ai suoi occhi, a due passi da lui… e allo stesso momento desiderava vederla scomparire, avere la possibilità di cancellare tutto, anche lei, con un solo colpo di spugna…chiuse soltanto gli occhi per un attimo e poi la guardò…e lei continuò…faticosamente nel silenzio freddo di lui…
“Poi…poi…sai una parola poi un’altra, ci vedevamo sempre nello spacco…qualche volta ci fermavamo a parlare nel parcheggio…lui mi raccontò che aveva avuto una grande delusione d’amore e questo era stato il motivo per cui, l’anno prima, aveva chiesto il trasferimento qui…poi… un giorno mi chiese di accompagnarlo a fare compere al centro commerciale, di mattina…avremmo potuto pranzare assieme e poi arrivare a scuola in tempo…si sentiva solo…era triste…diceva che l’unico raggio di sole arrivava nella sua vita nell’ora di spacco…lui si inebriava e conservava quel momento per tutta la notte…gli faceva compagnia, fino al giorno dopo…io ero affascinata dalla sua voce…dalla sua maniera particolare di starmi vicino… mi sentivo compresa… mi sentivo come abbracciata…protetta…”
Vittorio comprese che sua moglie, da qualche minuto non era più in imbarazzo, che le parole fluivano in maniera naturale…morbide e serene…che parlando, riviveva la sua storia d’amore e se ne compiaceva…la sua storia clandestina la difendeva dal resto del mondo”…
E fu la volta di Vittorio di sbagliare…toccò a lui scivolare nella norma istintiva che presiede all’atteggiamento di chi è vittima e fa leva sulla sua condizione per commuovere, accusare, provocare sensi di colpa che non sarebbero risultati utili a nessuno, tanto meno a lui…ma non ci sono regole per le emozioni…nessuno torna indietro a pescare la ragione, se la ragione è estranea all’emozione… e sbagliò…
“ E quando sei andata al centro commerciale eh?, forse quando mi hai sciorinato la storia della tua amica Alessandra, che arrivava da fuori e si fermava soltanto un giorno e tu avresti tanto voluto passare un pò di tempo con la tua vecchia compagna di scuola, non è vero? ed io?, chissà come avete riso tutti e due mentre mangiavate il sushi…perché sicuramente avrete mangiato il sushi no?,…lo mangi sempre quando andiamo al centro commerciale…avrete riso pensando a questo deficiente, che ti aveva rassicurato…vai… vai pure Dalia…ai ragazzi penso io… E’ andata così non è vero?, vuoi forse negare che sia andata così??? E i tuoi figli? Non hai pensato ai tuoi figli?…”
Dalia lo guardava con gli occhi spalancati…rigida…aveva paura di continuare…
In quel momento qualcuno suonò il campanello… una scampanellata violenta…Dalia e Vittorio si guardarono, come se fossero stati sorpresi in flagranza di chissà quale delitto…
Fine della terza puntata