di Andrea Zippa
Prosegue oggi il nostro tour tra i banchi degli emicicli di Bruxelles e Strasburgo, per riprendere l’indagine lasciata aperta sui nostri rappresentanti all’interno del Parlamento Europeo: se nella prima puntata ci siamo occupati di capire cos’è quest’organo dell’UE, ricordando alcuni tra i politici meridionali che hanno fatto la storia (nel bene e nel male) dell’Italia in Europa (leggi qui), in questo appuntamento faremo alcune considerazioni relative ai facta et dicta memorabilia dei nostri rappresentanti a Bruxelles degli ultimi anni. Di conseguenza, eccezionalmente, il quadro si allargherà nel tempo e nello spazio, andando a prendere in considerazione l’operato di uomini appartenenti anche a vecchi schieramenti politici, oggi non più esistenti, e provenienti da altre aree della nostra penisola.
Certo da vent’anni a questa parte è sicuramente cambiato il modo di concepire la politica e di fruirne, con un netto scarto rispetto al passato, non sempre positivo: se, infatti, è vero che al giorno d’oggi si sta cercando sempre più di uscire dalle stanze dei bottoni e di abbandonare il “politichese”, è altrettanto comprovata una netta diminuzione della professionalizzazione politica; è quanto, senza dubbio, attestato dalle stime elaborate in seguito alle elezioni europee del 2014: gli europarlamentari militanti nelle file del Movimento 5 Stelle sono quelli che presentano il maggior numero di donne e l’età media più bassa che coincide, tuttavia, anche con una pressoché totale assenza di candidati con altri incarichi istituzionali laddove il PD è il partito che presenta il maggior professionismo politico grazie ad una particolare strategia che consiste nel proporre come europarlamentari personaggi che hanno già ricoperto incarichi come deputati locali; inoltre se nel centrosinistra emergono più sindacalisti, nel centrodestra si nota una massiccia presenza di imprenditori e liberi professionisti. In questo mosaico di colori politici così variegati spicca, tuttavia, il verde della Lega Nord che, molto coerentemente con la linea politica da sempre adottata, da partito antieuropeista per eccellenza, occupa alcuni seggi all’interno degli emicicli, distinguendosi in particolare per il sobrio e morigerato comportamento adottato dai suoi militanti: è di questi giorni, ad esempio, la sceneggiata alla Mario Merola dell’eurodeputato leghista Angelo Ciocca che, al termine della lettura da parte di Pierre Moscovici del testo con cui l’Europa ha bocciato la manovra italiana, afferra le carte dell’intervento lasciate sul tavolo, si toglie una scarpa e la passa più volte sui fogli, imbrattandoli, per poi postare il filmato della scena su Twitter accompagnandolo da un misurato commento che lascia trasbordare un fiero orgoglio per il comportamento da lui adottato (e per la suola Made in Italy con cui ha compiuto la sua operazione!) chiudendolo con un sibillino: “Ho fatto bene?”; o ancora come non ricordare, nella primavera dello scorso anno, il controllato intervento di Matteo Salvini in cui il premier leghista consigliava agli europarlamentari, durante una seduta in cui si discuteva di fake news e di haters, di farsi curare da un bravo medico e di andare a cercarsi un lavoro vero, polemizzando chiaramente contro il silenzio su temi quali l’immigrazione e il terrorismo islamico, per poi chiudere con un “evviva la rete, evviva Facebook”? Storie di ordinaria follia, verrebbe da dire citando il titolo di un celebre testo di Bukowski…
È possibile notare comunque un decremento di nomi particolarmente noti seduti davanti alle scrivanie europee: rispetto al passato, oggi vengono mandati in Europa soprattutto outsiders o personaggi ormai non più sulla cresta dell’onda; il risultato di tutto ciò è una scarsa conoscenza tanto delle strategie politiche quanto delle discussioni tenute a Bruxelles: una situazione diversa rispetto al passato, quando in Europa si recarono personaggi di primo piano nel mondo politico e culturale quali Susanna Agnelli, Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Pietro Mennea, Alberto Moravia, Marco Pannella, Leonardo Sciascia, Enzo Tortora. Oggi, inoltre, si assiste ad un fenomeno curioso: sempre più europarlamentari italiani, nonostante ricevano uno stipendio più elevato e maggiori privilegi, decidono di tornare nello Stivale, candidandosi alle elezioni politiche locali e abbandonando l’UE, apparentemente senza motivo alcuno. Il fenomeno è stato osservato dal giornalista Alessandro Caprettini nel saggio “L’eurocasta italiana”, in cui lo ha denominato “sindrome Malfatti”: il nome deriva dal politico DC Franco Maria Malfatti che nel 1972, dopo nemmeno due anni di presidenza della Commissione delle Comunità Economiche Europee, decise di abbandonare tale carica per candidarsi alle elezioni politiche in Italia, costituendo dunque il prototipo dell’europarlamentare abdicante. Sembra quasi, ad osservare attentamente tale fenomeno, che il ruolo di membro del Parlamento Europeo venga visto quasi come un ripiego, un contentino nell’attesa di una carica politica in Italia. Anche in occasione delle ultime elezioni politiche si è ripetuto questo vizietto: hanno lasciato l’Europarlamento per candidarsi nel loro Paese, tra gli altri, Nicola Caputo, candidatosi a Caserta per il ruolo di senatore, Gianni Pittella, che ha lasciato il ruolo di presidente di Socialisti e Democratici per candidarsi come senatore in Basilicata, Matteo Salvini, diventato attuale Ministro dell’Interno e vicepremier del governo Conte. Come ha ben scritto in un tweet Ferruccio de Bortoli: “Sono diversi gli europarlamentari che si candidano alle elezioni del 4 marzo, a dimostrazione che Strasburgo è un ripiego. Poi non lamentiamoci se contiamo poco in Europa”.
A dare chiara dimostrazione alle parole di de Bortoli viene anche una classifica, pubblicata nel marzo 2018, dal quotidiano di Bruxelles “Politico” in cui vengono ricordati i venti peggiori eurodeputati: tra questi, manco a dirlo, ben cinque sono italiani e si tratta precisamente di Nicola Caputo, per la confusione da lui attuata tra le competenze in materia sanitaria tra la Commissione Europea e le istituzioni italiane, Eleonora Forenza, accusata di essere sciatta nel presentarsi, Gianni Pittella, per le sue scarse conoscenze della lingua inglese, Matteo Salvini, visto come l’euroscettico diventato europeista per lo stipendio, e Renato Soru, accusato di assenteismo nelle assemblee. Ancora peggio è andata nel 2009 quando su venti persone, la metà era italiana.
Insomma, una situazione complessa che si auspica risolvibile quanto prima, con la speranza di una maggior considerazione dell’Europa da parte dei politici italiani, non vedendola come un ripiego ma assegnando all’UE un ruolo di dignità pari alle istituzioni italiane.
Bene, per il momento è tutto, la puntata di oggi termina qui, ma noi di Appia Polis torneremo a breve ad indagare sui misteri italiani del Parlamento Europeo, offrendovi nuovi aggiornamenti sul caso.