“IO DALI'”, LA MOSTRA AL PAN DEDICATA ALLA PIÙ IMPORTANTE FIGURA DEL MOVIMENTO SURREALISTA

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di Dalia Coronato

A 9 anni volevo fare il cuoco, a 10 volevo essere napoleone. La modestia non è la mia specialità”. Salvador Dalì, esponente di punta del movimento surrealista del Novecento, non è stato soltanto un pittore. Il suo essere anticonformista, incoerente e stravagante lo ha portato a diventare presto un genio apprezzato in tutto il mondo.

Maestro di surrealisti e futuristi, l’uomo di Figueres si è lasciato coinvolgere da quelli che sono i canoni ispiratori del movimento. Opere oniriche, irrazionali, con accostamenti impensabili, contraddistinguevano la prima fase della sua vita artistica, attraverso la quale esprimeva le nevrosi, le angosce e le visioni del momento.

Il movimento artistico d’avanguardia per Dali’ è stato un “sublimare l’esperienza di tipo anarchico della rivoluzione surrealista dentro il caos della grande tradizione mistica”. Ogni aspetto della sua vita è stato controverso, anche quello politico. Si definiva spesso un’anarchico-monarchico prima e un dalinista poi. Discusso era il rapporto che aveva con il dittatore Francisco Franco durante la seconda guerra mondiale. Un regime storicamente ricordato per aver ripulito la Spagna dalle forze distruttive del comunismo e del socialismo. Allo stesso tempo il pittore disattendeva gli ordini dettati dal regime, lodando il poeta Federico Garcìa Lorca , quando le opere di quest’ultimo venivano messe al bando.

Sintomatici sono state le ispirazioni e i sogni che hanno accompagnato il pennello dell’artista catalano, le quali hanno dato origine a figure mitologiche, animali-simboli e oggetti fantastici, frutto di ciò che visionava realmente. Soltanto una mente spiccatamente brillante e un’anima originale come la sua poteva vedere attraverso un semplice cucchiaio il retro di una tonaca da suora e nel vagare con la fantasia guardare un famoso formaggio francese pensando alla memoria che perde la forza fino a sciogliersi. E’ stato il simbolo più discusso e ciò che forse lo ha contraddistinto di più: l’orologio molle. L’opera celebre “La persistenza della memoria”- raffigurata da una terra deserta e arida contrapposta dalla presenza di oggetti mobili, in particolare orologi che si dissolvono con fluidità-  ha rappresentato al lungo termine una descrizione icnografica dell’elasticità del tempo.

Dall’epoca etichettata dall’uso del metodo paranoico-critico si è giunti alla singolare fase caratterizzata dalle opere stereoscopiche. “Prima il mio eroe era Sigmund Freud, ora invece è il fisico Werner Heisenberg, perché le sue idee riflettono un maggior contatto con Dio e con l’unità cosmica” dichiarava Dalì. Con lo spettro del doppio il pittore usava il ritratto con paradossalità ultramoderne come il “Autoritratto di Dalì con il collo raffaellesco” e “Dalì di spalle che dipinge Gala di spalle eternizzata da sei corni virtuali provvisoriamente riflessi da sei specchi veri”. Entrambi i capolavori sono stati affermanti nella doppia fase della vita del pittore che non si accontentava di ritrarre semplicemente ciò che il suo sguardo era capace di vedere, ma andava oltre la terza dimensione, creandone una quarta infinita ed immortale: l’esibizione del retro di un quadro.

La musa ispiratrice e menager dell’attività artistica dell’eccentrico genio catalano è stata la moglie Gala. La modella e mercante russa ha seguito e supportato Dalì in tutte le performance ed exhibition fino a raggiungerlo a Port Lligat dove si trova ancora la Casa-museo Salvador Dalì”, una piccola casa di pescatori, spettatrice di numerose attività creative. Tra quelle mura Dalì utilizzava oggetti singolari e a volte anche esseri animati, come i tentacoli di un polipo, al fine di rendere i suoi quadri innovativi ed inimitabili.

Oggi, è possibile visionare- dal 1 marzo al 10 giugno 2018- molti reperti biografici all’interno della mostraIo Dalì presso il PAN di via dei mille a Napoli. Le molteplici sezioni dedicate all’artista raccontano una figura brillantemente stravagante attraverso le fotografie di Philippe Halsman, le riviste internazionali più note e i giornali più celebri di sempre.

Col supporto del ministero della Cultura spagnolo e dell’Istituto Cervantes e dell’ambasciata di Spagna in Italia, la mostra – a cura di Laura Bartolomè e Lucia Moni per la Fundaciò Gala- Salvador Dalì e Francesca Villanti, direttore scientifico di C.R.O., con la consulenza scientifica di Montse Aguer e Rosa Maria Maurell- è in esclusiva per Napoli, al fine di far comprendere cosa si cela dietro il pensiero dalinista.

Un’esibizione pensata non per riguardare i capolavori noti alla maggior parte del pubblico, ma piuttosto con l’intento di mostrare il Dalì libero da qualsiasi preconcetto, il Dalì maestro, il Dalì genial e sconsiderato che prima di lasciarci ci ha regalato un mondo dove tutto è possibile, un mondo senza confini e in continuo divenire. Tutto questo è stato materializzato poi dallo stesso autore con la realizzazione del Teatro-museo Dalì”, costruito a Figueres e dedicato interamente alla vita e alle opere del pittore. All’interno della mostra , il docu-film sulla realizzazione dello straordinario edificio dalla struttura architettonica inconsueta, un teatro cittadino ai tempi guerra civile spagnola, luogo in cui il pittore era solito recarsi da bambino e dove è stata organizzata una delle prime esposizioni pubbliche del giovane ed esilarante Dalì.