– di Vincenzo D’Anna* –
La chiamano lingua morta. L’hanno progressivamente ridotta ai minimi termini nei licei e cancellata del tutto dalle scuole medie, dove, un tempo, si traduceva il “De Bello Gallico” in cui si narravano le gesta militari di Caio Giulio Cesare. Parliamo del Latino, la lingua degli antichi abitanti dell’Urbe, studiata in tutte le scuole superiori del mondo anglosassone per preparare gli studenti al ragionamento ed ispirarli ai valori etici che resero, per secoli, Roma caput mundi. È, questa, una scuola di pensiero, contenitrice di alti valori storici e morali, di fulgidi esempi di vita posti alla base di un concezione del mondo, della vita e della stessa presenza dell’uomo nel consesso umano. I filosofi la chiamano “Weltanschauung” (visione filosofica e critica del mondo) e intere generazioni vi si sono ispirate dopo averne appresa la lezione, per avviarsi ad essere il meglio della società, a concepire grandi opere morali e materiali. Ne ha beneficiato anche la classe politica, quella, s’intende, di larghe vedute e di sani propositi, messa al servizio del bene comune. Un bagaglio di sapere e di valori che purtroppo manca, oggi, agli sprovveduti della politica politicante, agli orecchianti ed ai piccoli trafficanti che spesso assurgono ai vertici di Enti ed Istituzioni. Insomma: quelli che commerciano voti e favori, che praticano indefessi il familismo amorale delle clientele e del nepotismo. Ed è esattamente quello a cui ci è stato dato assistere, ahinoi, nelle vicende che riguardano l’Amministrazione della Provincia di Caserta. Chiariamo subito. Ad oggi si tratta solo di pratiche politiche indecenti sul piano squisitamente amministrativo, ancorché giungano da ambienti bene informati, ben altri sussurri su scenari molto più squallidi . Ma stiamo all’oggi ed ai soli fatti, poco commendevoli, da valutare. E per farlo dobbiamo citare un brocardo di quella lingua cui abbiamo fatto cenno come fonte di acculturazione e conoscenza. “Mala tempora currunt et peiora parantur” vale a dire: “corrono tempi cattivi e di peggiori se ne prospettano in futuro”. Un epitaffio che oggi si attaglia come motto sotto la cornucopia traboccante dei beni del fertile “ager campanus” e che rappresenta lo stemma dell’ente che governa ed amministra la Terra di lavoro. Dopo l’annuncio di indagini giudiziarie a carico del presidente di quell’ente, Giorgio Magliocca, questi si è dimesso dalla carica. Un gesto che crediamo sia solo un’avvocatesca cautela per non incorrere in altri e più duri provvedimenti della magistratura. Ma, convengo, si poteva comunque valutare il gesto delle dimissioni con maggiore benevolenza, ossia come un atto di sensibilità politica. Di rispetto, cioè, verso quei principii di trasparenza e di correttezza che devono essere osservati da chi ha sulle spalle la rappresentanza di un grosso ente, testimonianza valevole anche per gli inquirenti. Tuttavia, i fatti succedutisi dopo le dimissioni hanno reso del tutto evidente che la seconda, più benevola, interpretazione del gesto dimissionario evidentemente non apparteneva alla sensibilità politica né al doveroso distacco dalla gestione del potere amministrativa che si conviene innanzi alle ombre paventate da chi indaga. A Magliocca, infatti, è subentrato, provvisoriamente, nella carica, il vice presidente Marcello De Rosa. A quanto pare, però, tale subentro non è risultato gradito all’ex presidente il quale si è subito opposto, invocando la necessità della nomina di un altro consigliere provinciale. Secondo le “voci di dentro” il mancato gradimento si sarebbe fondato sul fatto che De Rosa non sarebbe apparso in odore di assoluta ortodossia con la corrente politica di Magliocca, per dirla tutta non gradito al vero dominus politico del governo della Provincia. E per non fare nomi, faremo solo i cognomi, indicheremo nel consigliere regionale Zannini, anch’egli sottoposto ad indagini giudiziarie coeve, forse anche consustanziali, con quelle di Magliocca, il soggetto politicamente dominante in tal caso. La deduzione logica è che le dimissioni del presidente della Provincia siano dunque state solo un atto meramente formale, un espediente, privo di ogni altro requisito etico e disinteresse politico. Questo significa che le vicissitudini politiche dell’ente ed i conseguenti disagi amministrativi, sono ritenuti aspetti marginali e che ancorché oggetto di vari filoni di indagini giudiziarie sia Magliocca che Zannini non mollino la presa sulle attività gestionali di quella amministrazione. Reiterano la visione angusta e particolare del loro agire politico, confermano un improntitudine personale che sfocia nella protervia e che depone molto male perché potrebbe essere causa di ulteriori addebiti a loro carico e di tempi peggiori in futuro. Ma le vicende che qui interessano sono di natura deontologica e politica e vanno stigmatizzate a dovere, presso un’opinione pubblica, quella Casertana, che certo non merita questi esempi di Cesarismo rurale e di inutile protervia. Ed a nome dei Casertani occorre dire: Signori calate il sipario su questa commedia da guitti.
*già parlamentare