ROMA – «Se lo scorso anno accademico aveva certificato la grave perdita di appeal della professione infermieristica, con un calo del 10,5% delle iscrizioni ai test di ammissione per accedere ai corsi di laurea triennale, i primi dati del 2024 sembrano confermare drammaticamente il trend negativo.
Sulla base dei numeri provenienti da alcune “regioni chiave”, dove, e non è certo un caso, la carenza dei professionisti dell’assistenza ha raggiunto il punto di non ritorno, non possiamo che esprimere fondata preoccupazione per quello che, agli occhi dei media e della collettività, ma soprattutto della politica sanitaria, appare come l’ennesimo campanello di allarme».
Esordisce così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle professioni sanitarie.
Piemonte e Lombardia offrono già un quadro chiaro e ahimè desolante. In Piemonte, a fronte di 1.175 posti disponibili per infermieristica, le domande per la partecipazione ai test di ingresso sono ad oggi solo 1.052.
Tutte le sedi della Regione Piemonte presentano il segno meno, tranne Città di Torino e Città della salute che compensano solo in minima parte la forbice tra fabbisogno e domande di ingresso nel territorio.
La Lombardia, primo territorio italiano per carenza di infermieri, ben 10mila, e tallone d’achille della Sanità italiana, presenta, al pari del Piemonte, numeri poco gratificanti. A Varese i posti sono 100 ma gli iscritti risultano solo 76, a Como 99 e le domande 42, a Busto c’è possibilità di ammettere 50 studenti e le domande sono appena 41.
«Il problema delle iscrizioni ai Corsi di Laurea in Infermieristica, continua Ceccarelli, riflette una crisi profonda della professione nel nostro Paese e certifica il fallimento della politica sanitaria nazionale e regionale.
Siamo di fronte ad un palese sintomo di disinteresse, nonché un chiaro segnale delle problematiche strutturali che affliggono la realtà infermieristica: condizioni di lavoro poco gratificanti, che vanno dai salari inadeguati ai turni massacranti, passando per gli organici ridotti all’osso, fino alle scarse opportunità di carriera e all’accesso limitato a percorsi di studio avanzati.
Perché i giovani dovrebbero scegliere infermieristica? Quale attrattività può offrire oggi una realtà sanitaria che, solo nel mese di agosto, ci ha raccontato, addirittura, una aggressione al giorno, contro i professionisti dell’area non medica?.
I giovani che si apprestano a scegliere una delle professioni sanitarie, e ad optare per uno dei test di ingresso in corso in questi giorni, hanno di fronte “le tristi cronache” dell’ennesima estate da dimenticare per gli infermieri italiani.
Attendiamo nei prossimi giorni i dati complessivi, ma il rischio di insuccesso, dell’ennesimo vero e proprio flop, appare concreto.
E’ lecito a questo punto chiedersi, allo scopo di non nascondere la testa sotto la sabbia, per trovare, tutti insieme, soluzioni urgenti per arginare la crisi, quale futuro avrà la nostra sanità pubblica, senza gli indispensabili ricambi generazionali.
Meno iscrizioni a infermieristica equivalgono a meno laureati, ma soprattutto ad un “ingresso di nuovi professionisti” che continua a non pareggiare le uscite. E non parliamo solo di cessazioni legate ai legittimi pensionamenti.
Tra fughe all’estero e dimissioni volontarie (passaggio dal pubblico alla libera professione e abbandono totale del mondo sanitario), come copriremo il crescente fabbisogno di cure della popolazione?
Dovrebbe pensarci la politica, ma a quanto pare l’indispensabile piano capillare di assunzioni non è stato fin qui risolutivo, anche perché, lo dimostrano i bandi dei concorsi che continuano a essere semi deserti, le offerte economiche non sono gratificanti.
Inutile nascondersi: la qualità delle cure, senza un adeguato numero di infermieri, senza un piano risolutivo che copra la voragine oggi arrivata a 150mila unità, continuerà a ritrovarsi minata nel profondo. La soluzione può solo essere quella di investire maggiori risorse nei talenti che abbiamo a disposizione, senza cercare vie traverse e optare per scelte paradossali. Solo così, agli occhi della collettività, agli occhi dei giovani che si trovano a compiere una scelta per il proprio futuro, la professione infermieristica riacquisterà il credito che merita.
Ci stupisce, in questi giorni, l’avanzamento del progetto dell’Assistente Infermiere, che altro non è che un Oss con un corso di formazione base aggiuntivo di 500 ore. Siamo di fronte palesemente ad una figura surrogata che abbassa la qualità delle prestazioni.
Non ci meraviglieremmo se un domani i nostri giovani optassero per una posizione del genere, scegliendo questa figura che sarà caratterizzata da uno stipendio vicino a quello degli infermieri e certamente con meno responsabilità, con il rischio palese che sia questo, nel prossimo futuro, l’incarico che potrebbe ottenere maggiori preferenze, superando una professione infermieristica già fortemente al ribasso come gradimento. Le politiche si interroghino fino in fondo, risolvendo, doverosamente, il dramma della carenza infermieristica con un percorso di valorizzazione economica e contrattuale consono alle elevate responsabilità degli infermieri, al talento, alle competenze che essi rappresentano, anziché cercare pericolose scorciatoie che non faranno altro che abbassare la qualità delle cure, minando ulteriormente la stabilità della professione infermieristica».
Così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle professioni sanitarie.