di Mariantonietta Losanno
L’attrice Premio Oscar Anna Kendrick interpreta una ragazza (Alice) vittima di una relazione disfunzionale: il suo fidanzato, infatti, sviluppa, con il passare del tempo, atteggiamenti sempre più morbosi e spaventosi. L’occasione di una gita con le sue amiche si trasforma in uno scenario di inattesa tensione: Tess e Sophie si rendono conto della condizione in cui versa Alice e provano ad aiutarla ad osservare la sua storia da una prospettiva diversa, facendo luce sugli atteggiamenti opprimenti del suo compagno.
La pellicola, distribuita da Notorious Pictures e presentata all’ultima edizione del Toronto International Film Festival, si sofferma sul rischio che si corre quando si viene manipolati; su come, cioè, sia difficile tutelarsi (ma prima di tutto accorgersi) quando ci si trova in una situazione rischiosa, che – lentamente – può distruggere. E portare anche ad un’autodistruzione. Alice, infatti, assume condotte autolesive, giustifica il suo fidanzato, concedendogli costantemente “alibi”, legittimando i suoi comportamenti insani. È proprio attraverso il legame con le sue amiche d’infanzia che comincia a maturare consapevolezza della sua situazione, a realizzare di trovarsi tra le nervature di un amore tossico.
La sceneggiatura di “Alice, Darling” è stata scritta da Alanna Francis, con cui la regista e attrice britannica (al suo esordio dietro la macchina da presa) ha lavorato a stretto contatto per entrare nel modo giusto nella mentalità di Alice. Nel cast, insieme ad Anna Kendrick, ci sono anche Kaniehtiio, Charlie Carrick e Wunmi Mosaku. La pellicola è stata distribuita nelle sale poche settimane dopo l’uscita di “Mia” di Ivano De Matteo. Entrambe le opere sembrano – inizialmente – voler ridurre tutto a dei cliché; la narrazione, infatti, procede per quasi più della metà appoggiandosi e adeguandosi agli stessi ragionamenti che mette in scena. Ad un certo punto, poi, emerge in modo chiaro – e sicuramente violento – l’intento degli autori, che quei luoghi comuni puntano a distruggerli proprio mostrandoli nella loro più comune realtà. Nella scuola, nei momenti di socialità più frequenti – nel caso di “Mia” – e nelle immagini che (ri)conosciamo fin troppo bene. Allo spettatore viene mostrata la realtà, quella più dura e senza compromessi. Una realtà che coinvolge e responsabilizza, che non dà un istante di tregua. Sulla pelle si avverte il dolore, la rabbia e l’impotenza, nonostante nessuno possa assumersi la presunzione di comprenderne la gravità.
Uno dei punti di forza di “Alice, Darling” è indubbiamente quello di mettere in scena una relazione tossica in cui sono evidenti gli abusi, ma affrontandola su un piano più nascosto e profondo, così da far emergere ogni dettaglio, anche quello più impercettibile. Anna Kendrick si mette alla prova con uno dei ruoli più intensi e complessi della sua carriera. “Mi interessava molto raccontare una storia su una relazione tossica, una relazione di abuso che non fosse come viene solitamente raccontata nei film. Tutti in qualche modo sono stati toccati da questo tipo di abuso molto insidioso, magari indirettamente, avendo un’amica o un amico che si è isolato o che sembrava soffocato, ed è difficile capire cosa sta succedendo”, ha raccontato l’attrice spiegando il perché ha accettato questa sfida. La complessità del personaggio consiste proprio nel fatto che ha perso sé stessa. Tutte le sue energie sono destinate a gestire la potenziale reattività del partner e il modo in cui questa si insinua. E prima di rendersene conto, non si riconosce più. Riconoscersi: è questo l’obiettivo.