di Mariantonietta Losanno
Il tema del lavoro, nel cinema, è sempre stato un argomento molto sentito. Si può dire sin dalla prima rappresentazione cinematografica che si conosca, quella dei fratelli Lumière del 1895, L’uscita dalle officine Lumière, e continuando poi con uno degli esempi più citati, ma sempre efficace, Tempi modernidel 1936, di Charlie Chaplin. Il lavoro, quindi, è quasi “il tema dei temi”. Questo, anche e soprattutto, perché il cinema sa parlare di attualità e il suo sguardo sulla nostra società è,solitamente, quello più attento. Vogliamo parlare di film che hanno proposto e analizzato, ognuno in maniera diversa, il lavoro: dalla condizione operaia alla mobilitazione sindacale, dalla consapevolezza del ruolo del lavoratore allo spirito politico, dai mutamenti del contesto sociale e culturale ai risvolti del disagio e della marginalità del nostro tempo.
1 – La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971)
Ludovico “Lulù” Massa è un operaio di trentun anni, ha due famiglie da mantenere e lavora già da quindici anni. È un sostenitore della politica di produzione a cottimo, per questo è odiato dai compagni ma encomiato dal padrone. Dopo essere rimasto vittima di un incidente sul lavoro, la sua vita cambia totalmente. La pellicola di Elio Petri è un classico, un film che non ha perso la sua valenza dopo tanti anni. Si parla di classe operaia, proletariato, lotta di classe, borghesia: forse oggi sono cambiate le modalità, ma il concetto di sfruttamento è rimasto immutato. Questo cult riesce a mostrare, in tutta la sua drammaticità, come il lavoro possa investire totalmente la vita di un uomo, come riesca anche a far perdere il contatto con la realtà, il senso della ragione. C’è follia, violenza, annientamento totale dell’uomo.
2 – Sciopero! di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (1925)
Russia 1912. Un operaio è ingiustamente accusato di furto dai suoi padroni. Dopo il suo suicidio, a causa del torto subito, i lavoratori della fabbrica organizzano uno sciopero per protestare, non solo come atto di accusa contro la durezza padronale, ma anche come dimostrazione di solidarietà. La reazione della polizia è durissima: si assiste ad un vero e proprio massacro. Il primo lungometraggio del regista sovietico è un’opera che ha una grande forza espressiva. In più, il periodo in cui si svolge la vicenda è un’epoca molto delicata. Di lì a poco infatti scoppierà la Rivoluzione d’Ottobre che comporterà la caduta del regime zarista e la presa di potere da parte dei bolscevichi. Un’opera cruda, in cui si assiste a una strage senza distinzioni: visti gli inutili i tentativi per indurre gli operai a far ritorno nella fabbrica, infatti, la polizia uccide uomini, donne e bambini.
3 – I compagni di Mario Monicelli (1963)
Torino, fine Ottocento. Gli operai di una fabbrica tessile sono costretti a quattordici ore di lavoro, con una sola pausa di mezzora. Oltre ad essere stremati dalla fatica, gli incidenti in fabbrica sono sempre più frequenti. Dopo l’ennesimo operaio vittima della mutilazione di una mano, i lavoratori decidono di compiere un gesto dimostrativo, in segno di protesta per le condizioni di lavoro insostenibili. Un singolo atto di ribellione non basta, per questo il professor Sinigaglia, giunto da Roma, diventa la guida, la voce comune, il mentore. Una ricostruzione impeccabile, un affresco dell’Italia di fine Ottocento. Nonostante la sua forte drammaticità, il film di Monicelli dimostra come gli italiani abbiano imparato a battersi per i propri diritti. Un capolavoro profondamente attuale, una pagina importante della storia del cinema italiano.
4 – Crepa padrone, tutto va bene di Jean-Luc Godard (1972)
Maggio 1968. Una giornalista di una stazione radio americana a Parigi (Jane Fonda) e un regista della Nouvelle Vague (Yves Montand) che vive con la pubblicità aspettando nuove occasioni, vengono coinvolti per caso nell’occupazione di una fabbrica, nella quale gli operai tengono sequestrato il padrone, decidendo poi di trattenere anche loro, non facendo distinzioni tra padroni e intellettuali. La rappresentazione della fabbrica occupata è uno spaccato della realtà del lavoro e della ribellione operaia. Il padrone nega la realtà delle classi, gli operai descrivono invece l’alienazione del lavoro e le condizioni cui sono costretti a sottostare. Un film testimone di un’epoca, in cui i risvolti politici si mescolano a quelli sentimentali e in cui, dalla presa di coscienza dei due, verrà fuori una riflessione sulle ideologie, sul progressismo borghese, sulla mercificazione totale.
5 – Fantozzi di Luciano Salce (1975)
Il ragioniere Ugo Fantozzi è uno sfortunato impiegato della Megaditta, preso di mira da tutti i suoi colleghi. È sottoposto continuamente a vari tipi di vessazioni nell’ambiente di lavoro e anche a casa la situazione non è delle migliori: sebbene sia sposato con Pina, prova segretamente dei sentimenti nei confronti di un’altra donna, sua collega, la signorina Silvani. Il film, capostipite della saga ideata e interpretata da Paolo Villaggio, racconta, con una comicità surreale, l’abuso di potere da parte della burocrazia, le gerarchie esistenti in politica e sul posto di lavoro, l’odio fra colleghi (anche se espresso in maniera tragicomica), il servilismo. È forse proprio il modo di trattare questi argomenti che li rende -apparentemente- meno gravi, ma l’ironia non può non farci immedesimare con le varie umiliazioni che Fantozzi subisce. Un film comico sì, ma che sublima la crudeltà e la ferocia.