di Francesca Nardi
La storia di tutte le storie si consuma brevemente… a distanza di anni luce dalla dignità del rimorso…e quella di Bruno Contrada avrebbe potuto concludersi nella morte provvidenziale dell’imputato eccellente, una morte comoda che avrebbe evitato l’ultima farsa ai giustizieri della notte…anche se la notte appena trascorsa, è stata troppo lunga….anche se il buio, ostinatamente coerente, si ribella alla velocità del risveglio e si stempera lentamente…come le parole dell’ex dirigente del Sisde in quel giorno neanche tanto lontano, in cui l’abbiamo incontrato, nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere…in una stanza stretta…che affacciava su un corridoio altrettanto stretto movimentato da uno strano viavai… o come quella volta che, libero, in possesso di una strana libertà, abbiamo potuto intervistarlo dinanzi ad una telecamera..In questo paese che falcia il grano assieme alla storia e lo tritura con i suoi figli migliori, quelli che non rinnegheranno nulla anche se la voce è diventata tremante e le gambe cedono e la sigaretta la settantesima della giornata non è così ferma tra le dita e si incurva e si stropiccia….in questo Paese si muore e si torna a tentare di vivere ogni giorno e ci si incammina su percorsi fortunosi che qualcuno traccia per noi con il consenso dello Stato…Non avendo creduto Bruno Contrada colpevole allora, oggi non possiamo congratularci con quella forza coriacea di cui è composto ed impastato il suo essere…non ci congratuliamo, perché ci vergogniamo, fortunatamente riusciamo a vergognarci…ma per continuare a parlare di Bruno Contrada attendiamo il pensiero illuminato dei giustizialisti e di coloro che con tanta acre certezza lo hanno condannato massacrando assieme a lui moglie figli nipoti, ipotecando un futuro su cui non avevano diritto alcuno di intervenire.