UNA PROVINCIA AGONIZZANTE

0

d anna disegno piccolo 150x150 UNA PROVINCIA AGONIZZANTEdi Vincenzo D’Anna*

Si diceva che la provincia di Caserta fosse un po’ la Brianza del Sud, forte di un apparato produttivo qualitativo e diversificato, che abbracciava tutto  l’hinterland  di Caserta, con un commercio florido che scorreva lungo la dorsale dell’Appia, collegando la città capoluogo alle vicina Maddaloni (ad Est) e Capua (ad Ovest). Intorno alla mastodontica reggia Vanvitelliana ed a Caserta Vecchia si sviluppava anche un discreto turismo. Una fitta rete di esercizi pubblici serviva le centinaia di soldati acquartierati nelle varie caserme e scuole militari dislocate su tutto il territrio. La classe politica era di buon livello con esponenti presenti nel governo nazionale ed in quello regionale. I partiti ed i sindacati, con le associazioni di categoria, tenevano vivo il dibattito e lo scontro dialettico. Basterebbe scorrere, per mera comparazione con l’oggi, i nomi ed i cognomi della rappresentanza parlamentare del secolo scorso, delle assisi regionali e provinciali e dei consigli dei grandi comuni di Terra di Lavoro per rendersene conto all’istante. Non era il paradiso terrestre,  certo, né io intendo fare il laudator temporis acti (colui che loda i tempi passati) di Oraziana memoria, ma il divario politico, culturale ed umano rispetto al passato, appare abissale. Un dato comunque è certo: molte cose sono cambiate in peggio, avvilente segno dei tempi del terzo millennio, con la società che si è modificata e talora è decaduta nel suo insieme. Caserta non fa eccezione nel suo complesso. Tuttavia il troppo è troppo ed il paradigma con il passato mette a nudo qualcosa che va oltre ogni benevola giustificazione. Su questo stesso foglio informatico abbiamo diverse volte denunciato, senza presunzione e senza malevolenza, alcuni aspetti negativi della vita politica locale nonché la progressiva liquefazione di un’intera classe dirigente sostituita  da una folla di “petit trafficant” e parvenu, che in altre epoche sarebbe stata seduta nelle le terze e quarte file dei partiti. E’, quest’ultimo, un dato generale che qualifica tutti i contesti politici della cosiddetta seconda repubblica, dello scadimento, a tutti i livelli, delle conoscenze teoriche che sono il presupposto di un’adeguata azione politico- amministrativa. Peraltro non c’è ambito pubblico che non paghi dazio all’improvvisazione ed alla scarsa conoscenza dei presupposti politici, all’assenza dei partiti politici tradizionali, di quelle entità culturali che furono  luogo di discussione e di confronto, assimilazione di valori fondanti della specifica forza politica. Insomma un folto stuolo di liste civiche porta nei consessi elettivi i più disparati soggetti, a digiuno quasi di tutto, che assurgono poi ai vertici degli enti locali ed al ruolo di rappresentanza politica. Un vecchio adagio recita: “la carica non santifica chi la ricopre”, ossia i mediocri e gli ignoranti restano tali pur se seduti sugli scranni degli eletti. Se questo è il dato prodotto dal qualunquismo delle civiche e dal disorientamento politico, non possiamo aspettarci granché da lorsignori. Abbiamo più volte esortato gli eletti a fare corpo, a difendersi e difendere gli interessi di Terra di Lavoro di poter incidere intorno ai tavoli decisionali ove si determinano i grandi progetti necessari a completare quel che è in itinere (leggi policlinico universitario, autostrada Caserta-Benevento, rilancio del Litorale Domitio, sostegno alle attività agricole e manifatturiere e dei prodotti tipici che sono vocazione secolare della Campania Felix) e quello che c’è ancora da progettare. Invece ci troviamo rappresentati da muti astanti, da personale politico che vivacchia e si accontenta di quel poco di becchime che graziosamente i decisori politici regionali e nazionali concedono loro per alimentare il sostegno elettorale. Una politica che mancando di progetto e di forza autonoma rappresenta poco più che se stessa e le proprie ambizioni di vedersi riconfermati nel ruolo che occupano. E’ questo il vero “je accuse” per quella classe dirigente. Molti tra questi evidenziano che sono oggetto di consenso elettorale, di portare acqua al mulino. Se questo è vero, nella misura in cui davvero può esserlo, va ricordato quel che Indro Montanelli scriveva: “i voti li prese anche la monaca di Monza ma non ne fece buon uso”. In ultimo i recenti echi di cronaca giudiziaria. Dopo l’Azienda Sanitaria, fatta oggetto di scandali ed arresti negli anni passati, si distingue il Comune capoluogo, ove sono stati tratti in arresto l’assessore ai Lavori pubblici e dei funzionari comunali. Una vicenda non nuova per Palazzo Castropignano, viste le topiche dei Magistrati in passato sarebbe bene attendere gli esiti giudiziari più che gridare allo scandalo tout-court. Fermo restando il garantismo bisogna però ricordare che la moglie di Giulio Cesare,  oltre che onesta, deve anche sembrare tale. Che i politici che operano in autonomia senza riferimenti di partito devono evitare frequentazioni compromettenti è un qualcosa di evidente oltre che scontato. Questo perché la politica senza morale là si può anche fare, ma non riesce certo migliore!! Che una provincia agonizzante debba morire, per le idi di Marzo, anche di scorno è veramente troppo!!

*già parlamentare