– di Vincenzo D’Anna* –
È ancora acceso il dibattito sulla costruzione delle piramidi che giganteggiano, da secoli, nella valle dei Re, in Egitto. Non a caso un bel po’ di anni fa ebbi a leggere il libro di Peter Colosimo “Non è terrestre” in cui si affaccia addirittura l’ipotesi che tali costruzioni fossero state erette ben prima che la civiltà umana prendesse il possesso della Terra. In quello stesso volume si ipotizzava che, oltre ad essere monumenti funerari destinati ai faraoni, quegli imponenti edifici potessero nascondere altri “significati”. L’autore lo deduceva dal “puntamento” della camera sepolcrale che, in particolari giorni dell’anno, indicava precise congiunzioni astrali, come a voler indicare una strada “scolpita” nella volta del cielo. Insomma: macchine astronomiche prima ancora che gigantesche tombe. Comunque sia, al di là del fatto che tali teorie, basate perlopiù su illazioni e deduzioni empiriche, trovino, oggi, scarsissimo riscontro nella moderna scienza astronomica, questi giganti di pietra destano ancora stupore per la loro maestosa mole, per la ricchezza degli affreschi che ne caratterizzano gli interni, oltre che per i tesori che un tempo custodivano. Finanche le scienze matematiche, soprattutto ai primordi, si sono avvalse di determinate conoscenze, poste poi alla base dei teoremi geometrici, per misurarne le dimensioni assegnando alla base di questi giganteschi “prismi”, la prerogativa di determinare la stabilità stessa del monumento. Ora è finanche troppo ovvio traslare questo concetto fisico in altri diversi ambiti scientifici e, perché no, socio-politici. Come negare, ad esempio, che la stabilità di un corpo sociale dipenda dalla base sociale, ossia dalle opinioni e dalle scelte che quella quantità di persone compie in un determinato sistema democratico ove i governi vengono scelti dalla volontà popolare? Gli statistici chiamano questo insieme decisionale “universo di riferimento” scegliendo, statisticamente, il numero e la tipologia dei cittadini che formano la base del campione da esaminare. I sondaggi politici sono appunto fatti con questo metodo e si avvicinano il più possibile ai dati reali se il campione statistico è bene individuato per quantità e tipologia. Se questo è vero dovrebbe essere altrettanto vero che il decisore politico, che trae il proprio successo dai consensi elettorali, è tenuto a conformarsi, nella propria azione politica, alla cura degli interessi diffusi, ossia a quelli rappresentati dall’universo di riferimento politico. Ancor più stringente è la regola di gestione del problema da risolvere quando questo è rappresentato da una modifica di una legge speciale che travalica la legislazione ordinaria varata dal Parlamento, ossia la modifica della madre di tutte le leggi: la Magna Carta costituzionale. In questi casi occorre la maggioranza dei due terzi del Parlamento che, se non raggiunta, sottopone a referendum confermativo la norma di revisione. Ebbene, innanzi a quest’ultimo adempimento sono naufragate le due ultimi riforme (Berlusconi e Renzi). Ora sembrano volerci riprovare la Meloni e la destra di governo, con il cosiddetto “premierato”, ossia l’elezione diretta del primo ministro e l’aumento delle sue prerogative. Un disegno complessivo che prevede anche la modifica di alcuni meccanismi parlamentari, come la sfiducia al governo. Un tentativo condivisibile, certo, per smuovere l’acqua del pantano politico italiano, ma invero parziale e credo insufficiente per accantonare le pastoie ed i farraginosi meccanismi di Camera e Senato (bicameralismo perfetto) e sopratutto la riforma dell’anacronistica Costituzione che va aggiornata in alcuni punti essenziali (in particolare nella seconda parte del testo). Mancando infatti tale revisione viene a mancare anche la modifica che riguarda l’organizzazione dei partiti politici, che così sono destinati a rimanere semplici associazioni private come un qualunque altro circolo ricreativo. Per dirla con altre parole: se non si rifonda la base della…piramide politica, ossia i partiti che la determinano fattualmente, ogni sforzo, in tal senso, sarà destinato a rimanere vano. Se la gente non rientra in queste associazioni avendo garanzie di trasparenza finanziaria, di rispetto della vita democratica interna ai movimenti politici, oggi ridotti a simulacri personalizzati, per scegliere la classe dirigente in libere assemblee statutarie, nulla cambierà. Ed allora il disegno riformatore della Meloni somiglierà ad una specie di piramide capovolta poggiata su di un rinnovato vertice proteso, a sua volta, a reggere innaturalmente una decrepita base. Un esercizio impossibile ed al tempo stesso demagogico, che rinnova il palazzo del governo ma non i meccanismi per arrivarvi!! Occorre un’autority che controlli i partiti intesi e prescritti come enti di diritto pubblico non assoggettati politicamente ma controllati amministrativamente. Lo impone il buon senso geometrico, politico e morale. Insomma le mezze riforme non servono a tenere in piedi le Istituzioni decrepite ne’ a ridare slancio alla nobile ed insostituibile arte del governare la società.