– di Adriana Castiello –
Il mio primo approccio alla politica si è sviluppato intorno agli aneddoti di mia nonna sulla nostalgia verso il partito democratico, il cui contenuto lo collega direttamente al nome: semplicemente un orientamento democratico, a cui si è affiliata per il suo rispetto ai valori cristiani.
Una concezione forse priva dei reali riscontri della politica o che forse rispecchia una più diretta passata trasparenza, ad oggi sostituita da un’assenza di netta corrispondenza tra la causa e l’affetto, il motivo e il risultato, l’idea e il mezzo.
La puntata di ieri del programma ‘Otto e mezzo’, in onda su La7 ogni sera, ha visto la Gruber condurre una linea precisa di intenzione, attraverso le domande poste ai suoi ospiti, Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano e Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia. I due hanno seguito due linee parallele, incontrandosi talvolta lievemente, ma per lo più attorniate dalle risate di uno e il sorriso sardonico dell’altro.
La linea comune è stata una consapevolezza circa la debolezza della politica stessa e in particolar modo quella italiana, in cui Cacciari individua un singolo carismatico, privo di un’adeguata base dirigente, con conseguente necessità di affidarsi alla famiglia. L’inadeguatezza della classe dirigente, è infatti il pilastro attorno cui vengono mosse critiche ed opinioni. Le parole della Christillin, vertendo attorno all’instabilità e alla crisi economica, non sono parse immediate e confacenti alle domande poste dalla conduttrice o forse, al contrario, erano proprie le domande ad essere poste con un orientamento di risposta talmente preciso, da far sembrare poco idonee quelle espresse dal presidente del Museo Egizio. Alla domanda “La Meloni è un’eccellenza italiana?” sembra quasi che il sì, pronunciato dalla Christillin, non basti.
È infatti l’intervento di Cacciari a porre l’attenzione sul rischio di propaganda in atto all’interno del dibattito, richiamando la necessità di un’obiettiva visione del contesto e del passato politico italiano, dimostrando una volontà di espressione, libera dai vincoli ideologici.
La difficoltà d’azione del governo attuale, va rapportata alla difficoltà preesistente edificata dai fallimenti della sinistra, generando così un quadro di crisi strutturale, costituita da innegabili giganteschi problemi, che vanno però imputati a tutti o a nessuno. Travaglio accoglie quest’ottica con scetticismo, riscattando dal titolo di sciagure, le opere promosse dal governo precedente, come il reddito di cittadinanza e il super bonus, individuando i positivi riscontri in campo di risparmio e posti di lavoro, identificati anche dal servizio finale di Paolo Pagliaro, in cui viene anche svelata l’inefficienza della modalità di azione dei progetti, a cui risulta diretta meno della metà del fondo monetario a disposizione.
Il direttore del Fatto individua come punto di contatto tra il governo attuale e quello precedente, la demolizione di quest’ultimo, seguita da un’assenza di validità progettuale, che svela le contraddizioni emerse durante la campagna elettorale.
Viene nominata la Schlein, di cui Cacciari critica un’opposizione puramente astratta e vuota e di cui invece la Gruber, tiene a ricordare le parole relative alla natura affabulatoria della Meloni, posizione condivisa anche da Travaglio, al punto da considerare il voto al governo attuale, un errore di cui il popolo italiano con il tempo diverrà conscio.
Con la pubblicità al libro ‘Il Santo’ di Travaglio, si chiude la puntata, in cui, più che fornire spunti di riflessioni, sono stati toccati elementi di analisi comune, conditi con un tocco di reclame di troppo.