ESTATE DI CLASSICI – “LE DUE SORELLE”, BRIAN DE PALMA: IL MONDO DIETRO L’OCCHIO

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di Mariantonietta Losanno 

IMG 2493 300x169 ESTATE DI CLASSICI   “LE DUE SORELLE”, BRIAN DE PALMA: IL MONDO DIETRO L’OCCHIOMesso in circolazione nel 1972, Get to Know Your Rabbit (Conosci il tuo coniglio) non ebbe riscontri positivi. Ed è – in effetti – una pellicola piuttosto infelice, fatta salva la performance di Welles, che si era appassionato al ruolo del maestro-mago. Nell’ambiente californiano Brian De Palma – pur essendo “accreditato” – non poteva uscire indenne da una simile esperienza. A peggiorare le cose fu il suo rifiuto a dirigere la commedia poliziesca Fuzz, perché non riusciva a procedere con il cast (Raquel Welch, Burt Reynolds, Yul Brynner) e per altre difficoltà sul set. Il regista sembrava bruciato: superstiziosa e ossessivamente timorosa dei “perdenti”, la gente di Hollywood non voleva avere più nulla a che fare con lui. 

Lasciata Los Angeles, allora, De Palma si accostò – finalmente – al sistema di “genere” che avrebbe ratificato le sue maggiori fortune. Durante le riprese di Hi, Mom! il regista già pensava a un suspense-movie alla maniera di Hitchcock, che doveva essere un “esercizio tecnico, stilistico”. L’idea si definì nel corso dello sfortunato episodio hollywoodiano e trovò esito e possibilità di realizzazione in modo “indipendente”. Le due sorelle è – prima di ogni altra cosa – “allegoria della visione”. La prima scena è il “programma” di tutto il dispositivo: una ragazza viene osservata mentre si spoglia da un uomo, ma non è “realtà”, solo il brano di una trasmissione televisiva dal titolo Peeping Toms (anglicismo per designare il voyeur e riferimento al piccolo cult di Michael Powell su un guardone omicida), che fa la parodia della candid camera. È tutto finto, quindi. Siamo nella dimensione del voyeurismo inteso come pratica sovrana e chiave (è letteralmente così, dato che la porta da cui la ragazza della prima scena – Danielle – entra ha la forma di un buco della serratura) di volta del mondo. 

%name ESTATE DI CLASSICI   “LE DUE SORELLE”, BRIAN DE PALMA: IL MONDO DIETRO L’OCCHIOLe sue sorelle è lo sguardo di tutti contro tutti. A cominciare dallo spettatore, che osserva l’occhio della cinepresa guardare personaggi che guardano e così via, senza soluzione di continuità. Ancora di più, la vera colpa non si individua nel delitto, ma nel voyeurismo stesso. De Palma si muove alla maniera di Hitchcock, dalla citazione testuale al riferimento di plot, dal procedimento linguistico alla colonna sonora di Bernard Hermann (Psyco, Intrigo internazionale). Tutta la prima parte del film ricalca la struttura di Psyco; in particolare, il diverbio tra Danielle e la gemella-doppio, con le ombre proiettate sulla porta, è un’evidente derivazione della “madre” di Norman Bates. La donna “sotto influenza” evoca Notorious, lo psicanalista Io ti salverò. Le ascendenze hitchcockiane appaiono collocabili a diversi livelli della rappresentazione; De Palma riprende anche il singolare procedimento narrativo applicato a Psyco, quello che consiste nel cambiare il punto-di-vista (e relativa identificazione dello spettatore) a racconto avanzato. 

Oltre tutte queste (eccessive?) citazioni ad Hitchcock, il tema de Le due sorelle è il “doppio”. Ciascuno dei personaggi rappresenta il doppio di sé stesso, Danielle  non ha soltanto un alter ego, ma anche un repertorio di identità, in sequenza diacronica: vittima dell’ex marito, detentrice di un orribile segreto, assassina, alienata mentale. Doppio e doppio nel doppio, dunque: struttura in abisso. De Palma, però, sembra semplificare troppo, adagiandosi sulla pratica citazionista. Vengono un po’ le vertigini da questa finestra (sul cortile).