EMERGENZA PSICHIATRIA, 100 DIRETTORI DI DIPARTIMENTO A ROMA

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under17 1 1 300x225 EMERGENZA PSICHIATRIA, 100 DIRETTORI DI DIPARTIMENTO A ROMAROMA – Emergenza psichiatria: con tre Position paper (uno per il milgiore utilizzo delle risorse, un secondo dedicato a un modello integrato per i Dipartimenti di Salute mentale in Italia e il terzo specificamente mirato alle proposte operative per garantire la sicurezza di fronte ai pazienti violenti e autori di gravi reati)Coordinamento nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani ha concluso a Roma i lavori di un confronto programmato dopo i gravi fatti di cronaca degli ultimi mesi culminati con l’assassinio a Udine della Psichiatra Barbara Capovani e la strage sfiorata a Napoli al cnetro di Salute mentale di  Secondigliano.

Gli operatori chiedono di non vedersi attribuire compiti di custodia del paziente autore di reato, sottolineando invece il ruolo di erogatori di percorsi di trattamento sanitario. Il riconoscimento del ruolo integrativo del Dsm che coinvolge anche altri servisio socio sanitari e per le dipendenze. E ancora l’attivazione del Punto unico regionale (Pur) recepito dalla Stato Regioni del 30 novembre 2022 con funzioni di coordinamento dei percorsi di cura dei soggetti autori di reato che comprenda i referenti clinici forensi di tutte le ASL, i direttori delle REMS e delle strutture di osservazione o delle aree tutela salute mentale delle carceri. Diavere assegnate adeguate risorse umane e strutturali per non mettere in crisi la gestione clinica degli altri pazienti non autori di reato. E poi l’istituzione in tutti i Dsm delle articolazioni forensidi esserpresenti nei tavoli ministeriali o regionalidove si decidono le norme e le risorse, la revisione dell’impianto del codice penale per superare il cosiddetto doppio binario, che prevede che un soggetto considerato “prosciolto per vizio di mente” non possa rimanere nel luogo di detenzione, il superamento dell’articolo sulla seminfermità mentale (art. 89 CP)in conseguenza dell’allargamento, spesso improprio, dell’infermità mentale ai disturbi di personalità e alle “nevrosi”,  il superamento del concetto di pericolosità sociale (art. 202 CP)inteso come quesito sulla “pericolosità sociale psichiatrica”. Infine  un’adeguata formazione dei periti in ambito psichiatrico attestata in un Albo nazionale che fornisca utili indicazioni ai Magistrati nella scelta del perito rispetto alle specifiche competenze, all’esperienza lavorativa in ambito forense, alla conoscenza delle risorse territoriali di riferimento al periziato. 

Violenza, gravi  reati contro cittadini e operatori, minacce, omicidi e tentati omicidi: l’ordine pubblico c’entra poco con la psichiatria Questi atti non sono riconducibili alla malattia mentale e quest’ultima non è sinonimo di violenza e non esiste alcun dato scientifico a riprova di questa equivalenza. Di più la violenza non è una malattia ma un comportamento e come tale non può essere curata. Ciò non significa mettere in discussione la legge Basaglia-Orsini per la desitituzionalizzazione della malattia mentale ma semmai è il presupposto per potenziare e garantire i percorsi di cura, dotare di risorse, uomini e mezzi i Dipartimenti di Salute mentale in Italia ridotti all’osso.  E’ questo il messaggio che arriva da oltre 100 direttori di dipartimento di Salute mentale che si sono riuniti ieri a Roma in un tavolo di lavoro organizzato dal Coordinamento nazionale dei Dsm e da Motore Sanità” (con il contributo non condizionato di Angelini Pharma, Otsuka, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson). Un’iniziativa tesa ad aprire un dialogo  tra psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e medici delle dipendenze con i rappresentanti delle Società scientifiche, delle categorie professionali e soprattutto con le istituzioni e i parlamentari. Al tavolo hanno partecipato, per la parte istituzionale Maria Domenica Castellone, vice Presidente del Senato, Francesco Zaffini, Presidente della 10° Commissione Affari Sociali e Sanità XIX Legislatura del Senato, le senatrici Elisa Pirro, Ylenia Zambito, i deputati Chiara Colosimo, Carmen Di Lauro, Gian Antonio Girelli, Lorenzo Malagola, Ilenia Malavasi e  Rachele Scarpa. Per la parte tecnica Maria Nacci direttore Dsm di Taranto, Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, Simona De Simone, Direttore Dsm Asl Roma 3, Diana Di Pietro a capo del Dsm Asl Roma 6, Annamaria Parente, già Presidente Commissione Sanità XVIII Legislatura, Enrico Rossi, Relazioni con le Regioni e le Autonomie Motore Sanità (già presidente Toscana), Emanuele Scafato, Osservatorio Nazionale Alcol, dipendenze e doping, dell’Iss, Fabrizio Starace, presidente Siep, Enrico Zanalda, direttore Dsl Asl Torino 3 con il coordinamento dei lavori di Giuseppe Ducci direttore Dsm Asl Roma 1.

La Psichiatria in Italia e drammaticamente sottofinanziata e assorbe solo il 3-3,5% in media del fondo sanitario nazionale mentre l’asticella è fissata da almeno venti anni al 5% che sarebbe il minimo inderogabile a fronte di 17 milioni di italiani che soffrono di patologie mentali. Obiettivo: rimettere al centro del Governo della Salute in Italia il nodo dell’assistenza Psichiatrica gravato dai gravi fatti di cronaca delle ultime settimane culminati nel barbaro assassinio a Pisa della psichiatra Barbara Capovani e nei più recenti fatti di Secondigliano a Napoli dove si è sfiorata un’altra tragedia.

GLI INTERVENTI

“Non spetta agli psichiatri, in quanto medici della mente, “curare” la violenza e proteggere l’incolumità di operatori e cittadini – hanno spiegato gli psichiatri – un soggetto violento deve essere neutralizzato dalle forze dell’ordine e poi richiedere, se utile e necessario, l’intervento curativo e riabilitativo del personale dei servizi di Psichiatria”. Di più: “La circolare del ministero degli Interni diramata negli anni scorsi che demanda alla Salute mentale gli interventi contenitivi per i pazienti classificati con disturbo antisociale della personalità deve essere rivista – ha aggiunto Michele Sanza direttore del dipartimento di Salute mentale di Forlì Cesena e componente del board di coordinamento dei dipartimenti di Salute mentale in Italia – urge un tavolo interministeriale che coinvolga Salute ed interni e che dia spazio alle rappresentanze degli operatori dei Dipartimenti anche all’interno del tavolo sulla Psichiatria di recente attivato dal ministero”.
Bisogna riprogrammare la psichiatria in Italia superando ogni steccato ideologico, senza toccare minimamente le tutele offerte ai malati dalla legge Basaglia-Orsini fondativa del Servizio Sanitario nazionale nel 1978. In sintesi spetta alle forze dell’ordine alla magistratura e ai luoghi deputati alla custodia di autori dei reati assicurare la sicurezza di personale e cittadini. Non sono i centri di salute mentale né le strutture riabilitative il luogo per attuare queste misure in un malinteso senso della legge di tutela dei malati di mente.   Inaccettabile infine ritenere i medici e gli psichiatri penalmente responsabili dei gravi reati che alcuni soggetti in carico ai servizi commettono.

Nodi irrisolti in un quadro epidemiologico, finanziario, strutturale, strumentale e di personale della psichiatria in Italia drammatico.

Non solo vanno messi in sicurezza gli operatori sanitari ma serve più personale per garantire i Lea”.  Il Italia il 6% della popolazione generale ha un disturbo mentale grave e senza risorse i dipartimenti di Salute mentale diventano come i chirurghi senza anestesisti, gli infettivologi senza antibiotici. “Questo incontro di oggi tra tutti gli operatori dei dipartimenti italiani – ha sottolineato Ducci – è un momento decisivo per raccogliere le istanze di tutto il mondo della Salute mentale. Nei Dipartimenti non ci sono solo psichiatri ma anche psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, infermieri e altri operatori in collegamento con l’intero mondo della sanità in grande difficoltà in questo momento”. “Non abbiamo bisogno di leggi speciali – ha proseguito lo psichiatra – come non ci sono leggi speciali per la cardiologia. Abbiamo invece bisogno di una riforma del Codice Penale, dell’abolizione degli articoli 88 e 89 del Codice Penale e anche di una profonda revisione della Legge 81 che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari. La Salute mentale deve stare al centro dell’agenda politica di questo Paese”.
“Mancano le persone, i fondi e l’organizzazione non è uguale in tutte le regioni italiane” ha poi aggiunto Enrico Zanalda del Dipartimento  Interaziendale di Salute Mentale della Asl Torino 3 e presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense- “Anche la Legge 81 del 2014, che ha superato gli ospedali psichiatrici giudiziari – ha proseguito- ha dato ai Dipartimenti di Salute Mentale compiti che sono al di sopra delle loro possibilità”.
Sono i numeri a dire che i disturbi psichici sono in aumento. Gli ultimi dati dell’Oms indicano una persona su otto soffre di disturbi psichici, circa 17 milioni in Italia.

“Quello dello psichiatra oggi – ha poi aggiunto Starace – è la stessa condizione del chirurgo chiamato ad intervenire senza anestesista, dell’infettivologo che dispone di un solo blister di antibiotici da suddividere tra pazienti che necessitano di terapie a lungo termine. Se è vero che mancano risorse è altrettanto vero che nell’illusione di poter dare risposta a tutti i bisogni di salute mentale della popolazione si finisce col fare male e corrompere il rapporto fiduciario con i cittadini. Bisogna usare bene i soldi e verificare le azioni. Tra le attività condotte dal Tavolo tecnico multidisciplinare in funzione fino a pochi giorni orsono abbiamo documentato inadempienze al Piano d’Azione Nazionale Salute Mentale, a 10 anni dalla sua approvazione, da parte della metà delle Regioni. Recenti analisi sui percorsi di cura in Lombardia Veneto ed Emila (regioni benchmark, figuriamoci le altre) segnalano che le attività erogate sono meno della metà di quelle necessarie in termini di interventi fondati su evidenze consolidate da anni alle persone con diagnosi di schizofrenia. Per non parlare del monitoraggio della salute fisica nei pazienti con disturbi mentali, che hanno una attesa di vita di 20 anni inferiore rispetto alla popolazione generale. Prima di porre in atto qualsiasi scelta innovativa buonsenso vorrebbe che si partisse da un’attenta valutazione di cosa ha funzionato, cosa va modificato, cosa va accantonato perché non produce valore aggiunto. E occorre considerare le interazioni profonde e significative che il sistema di cura per la salute mentale ha con le politiche sociali, con il sistema giustizia che garantisce l’ordine pubblico. La Salute mentale non può essere il contenitore indifferenziato in cui si riversano le contraddizioni che un approccio settoriale inevitabilmente determina”.

I TEMI

Sicurezza, psichiatria e giustizia: la salute mentale è elemento fondante non solo della salute della popolazione generale ma anche della convivenza civile. Investire in questo campo ha un ritorno immediato in tutti i campi, dalla scuola e università, al mondo del lavoro, all’integrazione e alla sicurezza sociale. Nel medio termine, molti autorevoli studi valutano in termini di incremento del Pil gli investimenti in salute mentale. Lo scenario attuale, al contrario è caratterizzato da un crescente divario tra bisogni e risposte. Da un lato assistiamo all’incremento costante dell’incidenza dei disturbi mentali gravi, in particolare della dis-regolazione in adolescenza, sia sul versante esternalizzante (Dca, disturbi di personalità, autolesionismo, poliabuso di sostanze, violenza) che internalizzante (depressione, ansia, ritiro sociale), oltre che alla vera pandemia dei casi di co-morbilità con l’uso di sostanze e al dato stabile dei disturbi del neuro-sviluppo come i Disturbi dello spettro autistico (DSA), ADHD, Schizofrenia e Disturbo bipolare (insieme rappresentano oltre il 6% della popolazione generale); dall’altro ci troviamo di fronte ad un enorme e drammatico problema di carenza di risorse umane, più grave nell’ambito della salute mentale che negli altri campi della sanità.

La quota del Fsn dedicata alla salute mentale, definita dalla Stato Regioni al 5% nel 2001, è oggi in media inferiore al 3%. Ciò rende vano qualunque cambiamento organizzativo che possa cogliere i bisogni emergenti e mina l’efficacia degli interventi, sia di natura psicosociale che farmacologica. A ciò si aggiunge l’emergenza drammatica dei pazienti autori di reato, cresciuti a dismisura dopo la legge che ha chiuso gli Opg, emergenza che ricade totalmente sui Dsm che sono tenuti oggi anche a compiti di custodia.  Infine va rimarcato come il Pnrr ignori totalmente la salute mentale, puntando su investimenti strutturali in conto capitale piuttosto che sulla spesa corrente. È necessario quindi riportare la salute mentale al centro dell’agenda politica del paese. I Dsm italiani vogliono farlo segnalando l’urgenza e proponendo dati e strumenti secondo un approccio clinico e scientifico.