LA TUTELA DEI DISABILI NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

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   –   di Mariarosaria Canzano   –     

Il primo principio, posto a fondamento dell’intero impianto della Costituzione italiana pone al vertice dell’ordinamento la dignità e il valore della persona e suppone pertanto il riconoscimento dell’anteriorità della persona umana e la funzionalizzazione sia delle istituzioni pubbliche che delle formazioni sociali a tale anteriorità: quale espressione del valore della dignità umana, esso è tale da condizionare l’esercizio di ogni potere e contribuisce a definire la stessa teoria della Costituzione. Per quanto riguarda l’altro principio sancito dall’art. 2, bisogna ricordare che la solidarietà è affermata quale ratio giustificatrice dei doveri imposti dalla Costituzione, ed è in quanto tale inseparabilmente congiunta al principio personalista: così che si deve ritenere i due principi non possono essere “separabili né concettualmente né praticamente: essi sono piuttosto la medesima cosa o, per meglio dire, il principio solidarista è quello personalista in azione, in alcune delle sue più genuine espressioni che ne consentono il pieno appagamento”.

La combinazione tra i due principi contribuisce a definire il concetto di persona quale creatura relazionale, segnando la differenza tra le espressioni di individuo e persona. Per tale ragione, non può sorprendere l’affermazione “che la piena eguaglianza delle persone con disabilità passa non solo per il riconoscimento di diritti, ma anche attraverso l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà” .

Quanto invece all’art. 3 Cost., esso include il riconoscimento del principio di eguaglianza, sia nella dimensione c.d. formale (“tutti sono eguali davanti alla legge”) che in quella c.d. sostanziale. Nella dimensione costituzionale, l’eguaglianza non è più concepita soltanto quale un obbligo per le istituzioni (a partire dal legislatore) di trattare in modo eguale situazioni eguali o simili, ma anche di regolare in modo diverso situazioni diverse: in questa seconda dimensione, “il cuore e la funzione del principio di eguaglianza si sposta dal piano dei rapporti formali tra la legge e i cittadini a quello della considerazione delle situazioni di diseguaglianza di ordine economico e sociale in cui essi vivono, che impone al legislatore di rimuoverle, mediante interventi riequilibratori” .

Con riferimento più specifico al secondo comma dell’art. 3, la condizione di “debolezza” richiede uno statuto giuridico differenziato: c’è insomma un diritto per i forti, per i sani; e specularmente c’è (o dovrebbe esserci) un diritto per i deboli, i diversi”. Proprio per questo è stato autorevolmente sostenuto che l’art. 2 tende soprattutto e preferenzialmente a garantire i soggetti deboli, il cui patrimonio di diritti è “maggiormente sottoposto, per la loro condizione umana, a condizionamenti e compressioni”.

Al riferimento a questi due articoli, contenuti nella parte della Costituzione riguardante i Principi fondamentali, viene aggiunta l’indicazione di altre disposizioni, contenute nella Prima parte della Costituzione, dedicata ai Diritti e doveri dei cittadini.  L’art. 32 impone di tutelare la salute, sia come fondamentale diritto dell’individuo che come interesse della collettività, anche attraverso la garanzia di cure gratuite agli indigenti. Può essere rilevante anche il secondo comma, che nel consentire trattamenti sanitari obbligatori solo nei casi previsti dalla legge, può essere richiamato come fondamento (insieme ad altre disposizioni) del principio di autodeterminazione personale con riguardo alla salute. Che il diritto alla salute si configuri come “diritto sociale di primaria importanza”, il cui contenuto è conformato mediante la determinazione dei livelli essenziali di assistenza “di cui il finanziamento adeguato costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per assicurare prestazioni direttamente riconducibili” a tale diritto, è stato recentemente ribadito dalla sentenza n. 62 del 2020 della Corte costituzionale. Infine, l’art. 38 stabilisce che “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”, che devono essere garantite forme di tutela nel caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. Inoltre si stabilisce che “gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale” perché tale previsione costituisca un’esplicitazione del principio di eguaglianza è riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, che ha espressamente inscritto la condizione di disabilità tra le condizioni personali che limitano l’eguaglianza.

Insomma non ottemperare a tali disposizioni di legge, significa violare la legge e chi viola la legge, commette un reato.