Riceviamo e pubblichiamo alcune considerazioni del dott. Alfredo Grado, criminologo e docente della Sociologia della devianza, in merito a quanto dichiarato dall’avv. Sergio Pisani – legale di Pietro Loffedro, papà della piccola Fortuna precipitata dalla terrazza di un palazzo del Parco Verde –
“Quando si parla di infanzia sono numerosi i dubbi e le perplessità che assalgono, visto che questo termine comprende in un unico nome un periodo molto esteso, sia dal punto di vista strettamente temporale, oggettivo (va da 0 a circa 12 anni), sia da quello dell’esperienza soggettiva del bambino che vede avvenire in sè importantissime trasformazioni.
Se poi si parla di minori vittime, dirette o indirette, di eventi traumatici, la cosa si complica ancor più. Per tale motivo mi hanno colpito le parole dell’Avv Sergio Pisani in occasione di una intervista rilasciata a Telemia 2 in data 30.06.2017. In essa, senza voler entrare in merito della faccenda, viene dichiarato che “la minore X non è credibile […] in base ad un presupposto logico”.
Ciò rimanda alla complessità e alla multidimensionalità della testimonianza, specie quando essa riguarda eventi traumatici. Infatti, non bisogna mai trascurare gli elementi contestuali ed emotivi che accompagnano non solo il racconto, ma l’intero processo di acquisizione e consolidamento dei ricordi. A tale proposito, va detto che di solito i bambini codificano preferibilmente dettagli relativi a persone, azioni e oggetti che attirano il loro interesse. In pratica, essi prestano maggiore attenzione a dettagli che riguardano azioni e oggetti piuttosto che a quelli concernenti persone e luoghi. Spesso non focalizzano l’attenzione su dettagli “centrali” di un evento ma su dettagli periferici. Per dettagli centrali si intendono quelle informazioni relative agli individui, agli oggetti, alle azioni caratterizzanti l’evento ricordato; ad esempio, nel caso del reato sessuale, quelle informazioni relative alla dinamica dell’azione sessuale, alle parti del corpo interessate, ecc. Mentre con dettagli periferici ci si riferisce a quelle informazioni non specifiche rispetto all’evento; in altre parole quei particolari cambiando i quali non dovrebbe cambiare la trama dell’evento. Queste particolari caratteristiche della fase di decodifica implicano la possibilità che il bambino non ricordi aspetti di un evento che per l’adulto sarebbero importanti.
Ciò detto, è rilevante capire se e per quale eventuale motivazione il minore mente. Anche in questo caso è doverosa una premessa. Il recupero di un ricordo avviene attraverso una ricostruzione di elementi che non sempre sono ben collegati tra loro e che subiscono influenze ambientali, culturali ed emotive. Ma non solo. Quelle che preferisco definire distorsioni della memoria, possono dipendere anche dall’influenza di fattori relazionali e comunicativi, come suggerimenti, nuove informazioni e conoscenze che causano una distorsione del ricordo o producono, nei casi più estremi, un falso ricordo. Ciò non significa mentire, ma essere compiacente o, più semplicemente, suggestionabile. L’effetto compiacenza accade quando al soggetto vengono rivolte le stesse domande più volte; alla fine il testimone risponde con ciò che l’esaminatore vuole sentirsi dire. La semplice ripetizione della stessa domanda nel caso di bambini può portare al ricordo di eventi mai avvenuti.
Per concludere. E’possibile affermare che la maggior parte dei bambini possiede una adeguata capacità cognitiva per fornire una testimonianza accurata, fermo restando che la testimonianza in sede giudiziaria non è esente dai succitati fattori di distorsione. Il professionista del settore non può prescindere da tale considerazione. Va tuttavia tenuto ben presente che il contatto con il contesto penale e soprattutto la richiesta ripetuta di riportare l’esperienza traumatica, oltre ad essere di per se potenzialmente stressante, rischia di indurre distorsioni nel racconto”.
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