ROMA – «Pronto soccorsi italiani sempre più nel caos: la carenza di personale sanitario tocca i massimi livelli, laddove, tra nuovi contagi di medici e di infermieri legati alla nuova ed insidiosa variante di Omicron, e il buco nero di una penuria strutturale di 80mila unità, mai sanata, e le ferie dei professionisti, sacrosante, sempre che vengano concesse, i reparti nevralgici degli ospedali si riempiono di pazienti, ma ahimè si svuotano tristemente di professionisti che devono occuparsi di tutelare e promuovere la salute della collettività.
La triste verità è che potrebbero farlo al meglio, lo hanno ampiamente dimostrato, se fossero naturalmente messi nella condizione di uscire dal buio tunnel dei disagi in cui sono piombati.
Una vera e propria emergenza, da Nord a Sud, di cui stranamente nessuno osa parlare, su cui la politica tace e fa finta di nulla da troppo tempo, con le informazioni, da fornire alla collettività che non può non conoscere la gravità della reale situazione in corso, che sono affidate ai bravi cronisti locali, e nel nostro caso ai referenti regionali, che denunciano quasi quotidianamente quanto sta accadendo.
Oggi vi raccontiamo dello scabroso caso dell’Emilia Romagna, e in particolare dell’ospedale di Rimini, più volte finito nell’occhio del ciclone, dove gli infermieri sono talmente pochi che si è stati costretti a chiedere l’intervento dei volontari della locale Protezione Civile per provare a gestire, a loro modo, “la tempesta perfetta” di malati bisognosi di cure e di parenti di pazienti inviperiti, laddove i tempi di attesa si allungano maledettamente, e un infermiere da solo arriva anche ad occuparsi di dieci soggetti alla volta».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Seguiamo da tempo le vicende della sanità emiliano-romagnola e più volte abbiamo denunciato, attraverso i nostri coordinatori locali, quanto sta accadendo.
E mentre i bandi di assunzione vanno addirittura deserti (ci sarà un motivo se si arriva a tutto questo?), nello scorso dicembre fummo i primi a raccontare, attraverso una accurata indagine condotta dai nostri referenti regionali, che in alcune aziende dell’Emilia Romagna si sarebbe deciso addirittura, nei fatti, di bloccare le ferie degli infermieri. Siamo di fronte ad un pericoloso paradosso, con conseguenze nefaste per la salute psicofisica dei nostri operatori sanitari.
Abbiamo parlato di professionisti che in molti casi, già da due anni, a causa dell’incubo Covid, non avevano usufruito di tutto il congedo ordinario che gli spettava, quel legittimo periodo di pausa dal lavoro, regolarmente retribuito per legge.
Ci chiediamo, poi, legittimamente, che tipo di contributo possono offrire i volontari della protezione civile, quelli sprovvisti di qualunque esperienza sanitaria, in una affollata zona triage di un pronto soccorso, se non assistere chi attende da ore il suo turno, accompagnando magari in bagno gli anziani.
E’ davvero di questo che ha bisogno il pronto soccorso di un ospedale, alle prese anche con situazioni di reale emergenza, ma sprovvisto del numero minimo di operatori sanitari per garantire prestazioni dignitose?
Il PNRR porterà in Emilia-Romagna un tesoro di oltre 529 milioni di euro, per la gran parte destinati all’ammodernamento informatico, tecnologico e delle strumentazioni sanitarie, e in misura minore ma sempre consistente alla realizzazione, riqualificazione e adeguamento strutturale delle unità territoriali destinate alla prima accoglienza e alla cura dei cittadini.
La grande assente, tra le voci di spesa finanziate dal PNRR, è quella relativa al reperimento del personale sufficiente a portare avanti strutture e servizi.
Cosa puntiamo a creare, cattedrali nel deserto? Sempre che saremo in grado di usare i fondi del Pnrr e di non sprecare l’enorme occasione, ricordando che si tratta di risorse prestate dall’Europa.
I paradossi, uno dopo l’altro, continuano a caratterizzare questa infernale estate della sanità italiana», conclude De Palma.