“PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO…E ANCORA PRIMAVERA“: A CONTATTO CON SE STESSI – E NON CON IL MONDO – IN UN TEMPO SOSPESO

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di Mariantonietta Losanno 

“Spazio e cattività sono i due temi ricorrenti nella mia opera”, ha osservato in un’intervista Kim Ki-duk. E proprio “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” è il film che condensa al meglio le riflessioni del regista sull’idea di spazio (inteso come luogo per conoscere approfonditamente se stessi) e di cattività (da concepire come reazione all’isolamento, al rigore, alle rinunce); i due concetti restano legati per tutto il corso della narrazione, come se non potessero muoversi autonomamente. Come se, addirittura, si “incastrassero” al punto di limitarsi a vicenda; quasi come se fossero legati “ad un sasso” che impedisce i movimenti e rende vincolati, costretti, (persino) succubi. Il binomio “spazio e cattività” si inserisce in un contesto di formazione: in un piccolo monastero coreano (una sorta di casa-isola) su un laghetto circondato dalle montagne, un bambino apprende dal suo maestro la dottrina buddhista. Dopo qualche anno, l’allievo approccia all’amore e fugge dal tempio; la vita “reale”, però, ha un impatto così forte sulla sua emotività da convincerlo a tornare indietro e a proseguire il suo percorso spirituale. 

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C’è un fascino particolare nelle opere di Kim Ki-duk: ammaliante, folle, annebbiante. “Io sono l’acqua…semplicemente fluisco. Non ci sono sistemi o ideologie”: è lo stesso Kim Ki-duk a chiarire il senso del suo cinema, a raccontare la sua esigenza di raccontare la verità attraverso poesia e violenza. Nelle sue opere la solitudine e il dolore fungono da protagonisti; la brutalità di alcune immagini mette persino in discussione il sistema dei valori e, addentrandosi nel lato più oscuro dell’essere umano, penetra nelle ferite dei suoi personaggi e del suo pubblico. Si tratta di opere d’amore ma profondamente amorali, che si muovono in equilibrio tra continue contraddizioni; interi film procedono senza che si parli perché il cinema di Kim Ki-duk lavora (volutamente) su sottrazioni e perché la comunicazione tra i personaggi avviene attraverso il corpo. La parola perde il suo valore e ne acquisiscono uno più forte il suono, il contesto, l’emozione. Esempio emblematico è “Ferro 3”, in cui è la musica a creare un legame di intimità tra i due protagonisti che non pronunciano neppure una parola. 

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Linguaggio essenziale ed esigenza di sottrazione (e privazione): “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” è un’opera simbolica, che si sofferma sull’idea di ciclicità e di irripetibilità. Se è vero che le stagioni si susseguono seguendo un ciclo, è vero anche che ci sono attimi irripetibili che non si potranno più verificare; la vita può essere concepita come ricerca di istanti di irripetibilità o come attesa che i cicli si ripetano. Attesa o azione: un “semplice” racconto di formazione suggerisce una riflessione sul senso del tempo e sulla necessità di attesa e azione da concepire (anche) come metafora di Bene e Male e crescita e regressione. Si perdono i confini tra le stagioni, le età, il silenzio ed il rumore, l’istinto e la razionalità, la disciplina e la ribellione. Questi stessi confini potrebbero non avere tratti definiti e potrebbero essere intesi all’interno di altri confini; anche il contrasto tra divertimento e disperazione (e tra tenerezza e crudeltà) può assumere un confine così labile da diventare impercettibile. I dialoghi non sono necessari per comprendere la poetica di un’opera che va vissuta come “puro” cinema: la narrazione si sottrae alla sintesi e alla descrizione lineare. 

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“Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” è visione/contemplazione, poesia e violenza, amore e dolore. Kim Ki-duk apre (letteralmente) le porte sul suo “piccolo” mondo di innocenza e crudeltà, suggerendo spunti di riflessione contrastanti; il ciclo ricomincia o, in realtà, è sempre stato tutto fermo? La storia potrebbe “ricominciare” o “iniziare”: potrebbe trattarsi di un flashback o potrebbe essere un’altra storia e, dunque, un altro ciclo.