CAPUA – “Don Milani e la didattica per la pace” è stato questo il tema del convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose”Santi Apostoli Pietro e Paolo”, al quale hanno partecipato studenti e docenti Irc. I partecipanti al meeting hanno avuto l’occasione di confrontarsi con il professore Sergio Tanzarella, docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli e presso l’Università Gregoriana di Roma. In passato ha fatto parte del corpo docente dell’Issr di Capua San Roberto Bellarmino. E’ stato per lui, quindi un ritorno a casa, incontrando i suoi ex studenti, ora insegnanti. Di recente proprio il professore Sergio Tanzarella ha indirizzato una lettera ai rettori delle Pontificie Università in Italia e ai presidi delle Pontificie facoltà teologiche per esortarli alla ricerca ed attuazione di “Una teologia per la pace”. In linea con la sua proposta “di verifica di un nuovo impianto teologico adeguato alle emergenze della storia e attento ai segni dei tempi”, quindi al tema della guerra, ecco approfondire e rilanciare la figura di Don Lorenzo Milani, riguardo proprio l’impellente necessita di una “didattica per la pace”.
Ad aprire i lavori del convegno il neo direttore dell’Issr Santi Apostoli Pietro e Paolo, Don Guido Cumerlato, il quale ha contestualizzato e riportato all’oggi l’insegnamento di don Lorenzo Milani rispetto ad una società definita “liquida, ma divenuta anche gassosa”, figlia del consumismo. La domanda generativa del convegno è stata incentrata sul: come attualizzare nella didattica e nella teologia la figura di don Milani rispetto ai principi della nuova evangelizzazione proposti da Papa Francesco nell’Evangeli Gaudium?
“Don Lorenzo Milani è stato uno dei personaggi più famosi, ma meno conosciuti del secolo scorso” – ha sottolineato il professore di Storia Contemporanea dell’Issr di Capua, Antonio Romano, che nelle vesti di moderatore dell’evento ha evidenziato come “su don Milani ci siano centinaia di citazioni, ma la sua figura resta ancora tutta da studiare e decriptare, nonché da approfondire”. Per uno storico, pertanto è un lavoro arduo cimentarsi con un personaggio del genere, nel contempo proprio il professore Tanzarella negli anni ha svolto ricerche appassionate, che di recente hanno portato all’elaborazione della sua ultima fatica “Il pentagramma di Lorenzo Milani. Musica per la libertà” edito dal Pozzo di Giacobbe. A partire da questo testo e da come Don Lorenzo Milani riuscì a rompere il muro dell’esclusione sociale degli studenti poveri di Barbiana rispetto alla conoscenza della musica classica, che al tempo era alla portata soltanto dell’élite, il professore invitato ad intervenire nel suddetto dibattito ha catapultato per 2 ore l’assemblea di insegnanti e studenti nel mondo del parroco di origine ebrea, ma appartenente ad una delle famiglie della borghesia fiorentina.
Si è trattato di un viaggio che ha toccato varie tappe, a partire da quella del rapporto tra la Costituzione e il Vangelo che per il Priore rappresentava un modo nuovo di evidenziare le contraddizioni della società del tempo nel tentativo di far emergere e riscattare le cosiddette classi escluse dalla scuola italiana (ancora di matrice gentiliana e considerata come un “ospedale che cura i sani, ma abbandona i malati”). Ma Tanzarella ha tirato fuori dal cilindro vari temi ponendosi anche in maniera critica contro l’uso improprio e superficiale delle idee, dei principi e dei modelli proposti da don Milani da parte del Ministero dell’Istruzione, mostrando come, ancora oggi, nel mondo della scuola italiana, si conosca pochissimo il Priore di Barbiana. Dopo alcuni colpi di fioretto al sistema di valutazione Invalsi e agli strani tentativi della politica italiana e del ministero dell’Istruzione di esplicitare solo delle citazioni di don Milani o copiarne superficialmente i suoi motti (tra quelli più noti, il famoso I CARE), ecco che si è scesi nel dettaglio del tema della pace legatissimo ai principi della giustizia e della verità, nonché di quello del riscatto sociale delle classi degli esclusi dalla cultura, dell’obbedienza che non è più una virtù, della rivisitazione storica e delle riletture date alle vere motivazioni della Prima Guerra Mondiale che causò circa 700.000 morti e chiamò alle armi 5 milioni di italiani. “La discesa in campo dell’Italia nella prima guerra mondiale fu solo la palese occasione di fabbricare e vendere armi da parte del tessuto industriale. Quindi la giustificazione del completamento dell’unificazione nazionale è stata per anni propinata agli studenti italiani, nelle scuole, come una verità costruita per convincerci della guerra giusta” – ha tuonato Tanzarella – Don Milani ci aiuta a fare chiarezza analizzando criticamente e mettendo in discussione tutto cio’ che viene proposto dal sistema educativo”. Quello del Priore di Barbiana però “non è un modello didattico e pedagogico riproponibile tenendo conto dei limiti di orario e delle turnazioni imposti dal sistema scolastico italiano e nel contempo tenendo conto delle dimensioni dei numeri della scuola di massa – ha poi ribadito, nel suo successivo intervento, il professore di didattica generale Genoeffo Pirozzi, che ha cercato di analizzare l’attività didattica posta in essere a Barbiana e verificare se vi fossero dei collegamenti con delle strategie didattiche di oggi. “Il fatto che il ritmo dell’apprendimento fosse determinato dal tentativo di non andare avanti nell’azione didattica finché l’ultimo della classe non avesse compreso rappresenta un qualcosa di irrealizzabile nel nostro modello di scuola attuale. Per applicare poi l’apprendimento tra pari (peer to peer) bisognerebbe destrutturare la dinamica didattica nelle ore di lezione. Il punto di forza della proposta di Barbiana è invece la non frattura tra l’esperienza di vita e la scuola, che permette di dare senso alle esperienze vissute dai ragazzi. Cio’ che emerge dall’insegnamento di don Milani, e che è propedeutico per l’Irc, è di non fermarsi all’insegnamento disciplinare cattolico e confessionale, che deve al massimo diventare un mezzo, uno strumento per raggiungere dei fini didattici. E don Milani proponeva una ricerca della “Pace” non disgiunta dalla verità e dalla giustizia”.
In linea con il collega che lo ha preceduto è stato l’intervento del professore di didattica dell’Irc, Franco Accardo, ribadendo “Don Milani non era un pedagogista, ma i più grandi pedagogisti sono stati proprio coloro che non sono definibili come tali. Il suo modello non era esportabile e fu proprio lui a dirlo, ma possiamo ispirarci come insegnanti di religione cattolica adattando sul tema della pace le Indicazioni nazionali per le varie discipline e quelle relative alla disciplina dell’Irc”. Al riguardo, il docente in questione ha fatto notare come nelle indicazioni diramate dal ministero negli anni il termine pace non compaia quasi mai. “Troviamo il termine pace solo nelle Linee generali delle competenze per il biennio della secondaria di secondo grado. Tocca pertanto all’Irc estrapolare dalle Indicazioni cio’ che si può adattare alla didattica per la pace: sviluppando il dialogo, il confronto, il riconoscere l’impegno della comunità umana per la giustizia e la carità nelle scuole del Primo ciclo, mentre per il Secondo ciclo fare riferimento all’educazione alla libertà nella prospettiva della pace e della giustizia”.
A conclusione dei lavori del convegno, è intervenuto anche il professore e dirigente scolastico Paolo Graziano, che ci ha tenuto a precisare come oggi una “didattica per la pace” non significa che “noi siamo in grado di costruirla come insegnanti, ma la lezione di don Milani che chiama in causa un altro grande esempio: Mario Lodi, ci sprona a ‘trasmettere’, dare ‘strumenti’ agli studenti e ‘spiegare i processi’ che permettono alle nuove generazioni di decodificare la nostra realtà e abbattere ogni barriera. Solo così – ha evidenziato Graziano – possiamo costruire la tolleranza, la condivisione, la convivenza. Nel processo educativo la pedagogia e la didattica della pace non si fanno nei ministeri, ma nelle scuole”.