“SE SUCCEDE QUALCOSA, VI VOGLIO BENE”: AGGRAPPARSI ALLE OMBRE E ALLE LUCI PER CAMBIARE FORME E COLORI

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di Mariantonietta Losanno

Due corpi in silenzio, vicini ma lontanissimi, e due ombre che urlano e discutono. Diventano enormi, si fondono e svaniscono. Non sono “ombre” in senso stretto, sono immagini o proiezioni di sé, figure, anime; capaci di comunicare anche quando i corpi restano in silenzio, sono “la vita che resta” – e resiste – oltre il Dolore. 

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Will McCormack e Michael Govier dirigono un cortometraggio di animazione di soli dodici minuti che riflette sull’elaborazione del lutto di due genitori che, nel corso di una sparatoria a scuola, hanno perso la figlia. Il corto – vincitore del premio Oscar 2021 come miglior corto d’animazione – è caratterizzato da uno stile grafico minimale e dalla prevalenza (quasi assoluta) del bianco e nero. L’unico colore è l’azzurro, che è associato, generalmente, alla “tristezza”, come ci ricordano l’espressione “feeling blue” (letteralmente “sentirsi blu”) da intendersi come “sentirsi tristi” o il “Blue Monday”, ovvero il giorno più triste dell’anno. Le uniche cose ad essere colorate appartengono all’unica persona non più in vita: tutto il resto è in bianco e nero, scuro, cupo, privo di consistenza e colore. Le vere protagoniste sono le ombre, le uniche che riescono ad interagire tra loro, a comunicare attraversando anche il Vuoto e la Sofferenza (da intendere come soggetti); le uniche capaci anche di sfiorarsi, abbracciarsi e “consolarsi da sole” abbracciando i “propri corpi” che non riescono ad esternare quello che provano. E sono ancora le ombre a cercare di impedire la tragedia, provando a sbarrare la strada che porta alla scuola. Quando, però, il messaggio arriva ai genitori (“se succede qualcosa, vi voglio bene”), “si rompe” per poi diventare pioggia e i loro Dolori “si dividono”, andando in direzioni diverse. Solo la figlia può provare ad “avvicinare” – ma non ad unire – i dolori dei genitori per fare in modo che viaggino insieme, parallelamente ma comunque insieme. 

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Il momento della sparatoria – quello che, apparentemente, poteva essere considerato come il più importante nella storia – avviene nel silenzio quasi assoluto; una scelta fatta anche da Gus Van Sant che in “Elephant” ricostruì il massacro della Columbine High School (dal punto di vista, però, degli assassini e non delle vittime) senza ostentare la brutalità degli omicidi, ma concentrandosi sulle decisioni, sulla pianificazione del massacro, sul contesto scolastico e familiare. 

“C’è una crepa in ogni cosa, ma è da lì che entra la luce”, canta Leonard Cohen nel brano “Anthem”: non c’è solo orrore, solo buio. O, meglio, l’orrore e il buio ci sono, ma non possono esistere da soli; ci vogliono – necessariamente – colori e luci. Non si può descrivere il Dolore di perdere un figlio, anche soltanto pensando che non esiste un termine che lo definisca. Un figlio che perde un genitore diventa orfano, un marito che perde una moglie diventa vedovo, ma non esiste una definizione per un lutto simile. Come se le parole fossero inadatte, irrispettose, insignificanti. Ed è per questo che il corto sceglie di raccontare senza usare le parole. I registi affidano alle ombre i sentimenti dei personaggi; sono loro a cambiare forma, a diventare appuntite, a reagire alle emozioni di chi ha dato loro origine, ma che non sa controllarle. La musica, poi, si fa narrazione e accompagna i personaggi nel loro processo di “controllo” sul Dolore. 

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“Se succede qualcosa, vi voglio bene” è un ingarbugliarsi di ombre che, alla fine, sono l’unica salvezza per riuscire a (ri)aggrapparsi alla vita. Perché, lasciarsi “consolare” da quelle ombre – nel senso di rappresentazioni di sé al di fuori del proprio “io” – è la sola possibilità per trasformarsi, trasformare la Sofferenza e sopravvivere. L’opera prova a tenersi al riparo dalla “pesantezza del dolore”, ma non si può evitare di soffrire. I registi hanno ascoltato le testimonianze di diversi genitori ai fini della realizzazione del corto, provocando (forse) una ferita ancora più grande, oppure per impedire che si chiudesse un circolo di incomunicabilità. “Se succede qualcosa, vi voglio bene” è una storia di Sofferenze che cambiano forma, preservando la possibilità che, a causa loro, le persone si annullino.