di Mariantonietta Losanno
Film di apertura della 78esima Mostra del Cinema di Venezia, “Madres Paralelas” è una pellicola “sospesa”, in cui la “centralità” è nello stesso tempo chiara e confusa. Innanzitutto, ci sono due donne (e, di conseguenza, due generazioni a confronto) che dominano la scena: Penélope Cruz e Milena Smit. Due madri diversissime e due donne (in gran parte) irrisolte. Le donne, ma soprattutto la maternità, sono temi che contraddistinguono la filmografia dì Almodóvar e il suo stile. Si tratta di personaggi liberi, donne carismatiche che combattono i propri dolori, spesso sole con se stesse e con i propri fantasmi. Almodóvar enfatizza ogni aspetto come se fosse un punto di forza o di debolezza, esplora la loro intimità in modo da portare sullo schermo personaggi “completi”; nella sua filmografia ci sono donne innamorate come ne “Il fiore del mio segreto”, donne disperate come in “Cosa ho fatto per meritarmi questo”, e, ancora, donne tradite come in “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Nel suo desiderio di voler analizzare l’universo femminile, poi, è possibile anche che si ricada in banali cliché, naturalmente. Come è altrettanto plausibile “attaccare” la scelta di Almodóvar di soffermarsi su caratteristiche definite “femminili” (semplicemente perché alla base vige un ideale patriarcale difficile da intaccare) e, quindi, mostrare donne sofferenti, distrutte dall’amore o dalle fatiche familiari. Superando la superficialità di questi stereotipi, però, si può riconoscere in Almodóvar il desiderio di mettere in scena personaggi in esplorazione, inediti, intensi, non ruoli confinati al consueto campionato di luoghi comuni.
Se il primo elemento caratterizzante sono le donne, subito dopo c’è quello politico. In “Madres Paralelas” Almodóvar si confronta, infatti, con il passato franchista della Spagna: “Mi interessava unire pubblico e privato, la memoria storica e la vicenda intima. A partire dal dilemma morale di Janis, affronto il tema delle fosse comuni dove furono seppelliti gli oppositori del regime. È la grande vergogna del nostro Paese, siamo la seconda nazione al mondo dopo la Cambogia con il maggior numero di desaparecidos”, ha detto il regista in un’intervista. Dalla politica scaturiscono, poi, altri temi come la memoria, l’identità, sia nella vicenda privata delle due protagoniste che nei confronti della Spagna. La storia di “Madres Paralelas” è, quindi, un dramma collettivo che, però, si muove – o meglio, si dovrebbe muovere – in parallelo.
La pellicola mostra l’incontro di due donne di diversa età che condividono la stanza di ospedale nella quale stanno per partorire: sono entrambe single e al termine di una gravidanza inattesa. Janis non ha rimpianti e nelle ore che precedono il parto esulta di gioia, Ana è spaventata e traumatizzata. Il legame tra le due madri si unisce, poi, alla macro-storia che riguarda la persecuzione del regime in Spagna. “Madres Paralelas” è, dunque, un film sulla memoria e sulla responsabilità di un paese e di due donne. Il legame tra i due temi di base resta, però, poco concreto. Almodóvar vorrebbe “connettere” i suoi due punti di forza – le donne e la Spagna – ma i punti di unione cedono. La ricerca della propria identità e il bisogno di offrire un ritratto articolo (e persino provocatorio) della Spagna post-franchista non riescono ad “incastrarsi” con il suo talento nel dipingere personaggi femminili incredibilmente originali. Almodóvar riapre delle cicatrici storiche per porsi un’unica e fondamentale domanda: di chi – storicamente e biologicamente – si è figli? Le storie parallele non sono, quindi, quelle delle due donne, ma quella privata e quella storica.
“Madres Paralelas” è tutto costruito sull’impossibilità di vivere all’oscuro e di ritrovare le proprio radici e, proprio a partire da quelle, rinascere. Almodóvar riflette sui legami materni facendo diventare l’atto di nascita non solo il motore narrativo del film, ma anche una sorta di percorso propedeutico a “partorire” una propria identità. Se in “Dolor y Gloria” aveva messo in scena la sua infanzia, in “Madres Paralelas” si sposta verso una “maternità collettiva”; l’importanza della memoria storica e la conoscenza delle atrocità commesse in passato, però, sono temi che avrebbero meritato un approfondimento maggiore. È indubbiamente interessante l’idea di accostare una vicenda privata ad una verità storica, ma i due piani si muovono fin troppo “in parallelo” senza incontrarsi mai.