– di Francesca Nardi –
Non siamo riusciti, neppure questa volta, a liberarci di quella seconda pelle vischiosa e appiccicosa, in cui tendiamo a paludarci, ogni qualvolta, la società imbrogliata ed imbrogliona, di cui siamo parte semovente, riteniamo stia offrendoci l’occasione per farci guadagnare un punto. L’affaire Morisi, squalliduccio anziché no, comprese le derive mollicce e “lumachevoli” che ha generato, è stato giusto quel che serviva per abbattere ulteriormente e drammaticamente, lo spessore, assai friabile di una campagna elettorale che, per l’originalità dei contenuti, ha fatto il paio con il festival della patacca e per la raffinatezza dialettica del confronto, ha mandato nell’angolo persino l’ultima cena di Trimalchione. Fallisce in partenza il tentativo di stabilire se oggi sia stilisticamente peggiore la solidarietà di Salvini al suo gaudente ispiratore o la tirata dell’avversario che, in attesa sul ramo come un corvo, fin dai tempi della scampanellata purista allo spacciatore, oggi si sbatte il petto a colpi di “tiè tiè tiè, ben gli sta!”. Quel che resta nel setaccio di una tornata elettorale, fortunatamente quasi a compimento, e che la declassa al giusto ritmo della pochezza che l’ha ispirata, è la conferma che i nostri aspiranti politici, sindaci e consiglieri, plurimasterizzati e arcilaureti che siano, non riescono ad essere interessanti perché sono, semplicemente, politicamente ignoranti, fatta salva qualche rara eccezione. Un abisso tenebroso e spettrale per la profondità acquisita nei lunghi anni dell’assenza di consapevolezza, li divide dal senso e dal messaggio autentico della politica, dalla linfa vitale che alimenta e percorre il libero pensiero e dalle strategie naturali e vincenti che soltanto, la lettura umile e consapevole, delle cose dettate dallo sguardo sfinito della gente a quella parte microscopica ma ricettiva della nostra anima, può ispirare. Chiunque abbia contezza di cosa sia la politica e a cosa essa debba essere funzionale, chiunque abbia della morale una visione onesta e fredda, senza alcun indugio emozionale o religioso, dovrebbe, mostrando quella indispensabile visione di sé, consapevole dell’importanza della vita in branco, indignarsi non già delle abitudini dello spin doctor di Salvini, oggi sulla graticola, giacché delle sue abitudini da chierichetto in libera uscita, sinceramente poco importa, ma per la facilità con cui noi tutti, manovali dell’informazione a più livelli, quindi con precise responsabilità, pubblichiamo immagini, notizie, orrori, stupri e “gaudenzie”, morti ammazzati e vivi in trono, senza soffermarci un millesimo di secondo a chiederci se sia normale, pubblicare la foto dell’ultimo yacht di Tornatore e subito dopo quella di un bambino che ansima, con l’acqua nei polmoni, facendo appello alle coscienze, perché con un euro e 50 al mese, tu puoi contribuire a salvarlo…o pubblicare che Morisi consuma 4mila euro in una notte di sesso e droga e nella pagina seguente, mostrare un altro bambino che sta morendo di fame e tu con un euro e 75 puoi contribuire a sfamarlo…La rapidità digitale fa il resto e rapidamente ci classifica, noi autori, come materiale inerte. Noi dobbiamo chiudere bottega, decisamente, e fare la pace con noi stessi, perché non stiamo bene…decisamente…non stiamo bene….dobbiamo resettarci…una parte di noi non si è evoluta e si tratta di quella parte che avrebbe dovuto ispirare un interrogativo e pretendere una risposta: cosa stiamo pubblicando?…questo getta 4mila euro in sesso e droga in una notte e quello muore soffocato perché non ha medicine…e noi cosa facciamo, oltre a far finta di essere uomini e donne? Incassiamo o facciamo audience e tutto finisce lì, tra lo scandalo e la morte in agguato a goduria del lettore morboso? O ci stiamo sbagliando e forse il giornalismo è soltanto quello che una volta, con sommo dispregio, noi illusi, chiamavamo l’arte di passare le veline? La memoria del paradiso perduto dell’informazione narra di battaglie per l’uguaglianza e per la libertà…ma è solo memoria…Tutto sommato, alla gente non interessa se un bimbo muore di fame, se non c’è un microfono che raccoglie la sua momentanea commozione, che puntualmente si traduce in consenso, né gliene frega più di tanto se si gettano 4mila euro in una scopata a lungometraggio, se non c’è qualcuno da fregare e tradurre, anche in quel caso, in consenso. Ma forse questa campagna elettorale così povera di tutto è il massimo che siamo riusciti a fare…e l’informazione schizofrenica la più redditizia e meno compromettente… anche se …decisamente non stiamo bene…Hasta la vista!