LA SHOA AFGHANA

0

di Vincenzo D’Anna*

Se il sonno della ragione genera mostri, quello della coscienza fa nascere immani tragedie. Il senso di questo ammonimento storico sta nel comprendere che tutti coloro i quali si sono assuefatti, accontentandosi di riempire la pancia e rintanandosi a vivere, irragionevolmente, in ambiti sociali senza consapevolezza e senza interesse, hanno poi supinamente accettato che la democrazia morisse e che il mostro della dittatura prevalesse. Coloro che oltre ai propri diritti di cittadinanza hanno rinunciato ad avere una coscienza sociale, hanno dovuto poi patire immani sacrifici per le tragedie umanitarie che l’ignavia dei medesimi aveva contribuito a determinare. Non a caso celebriamo ogni anno “il giorno della memoria” per ricordare l’olocausto dei sei milioni di ebrei sterminati nei lager nazisti. E tuttavia quella piaga che negli anni dell’ultima guerra marchiò a sangue l’umanità, , si ripresenta, oggi, sotto altre forme e diverse circostanze. Non sono più i campi di concentramento né le camere a gas, oppure gli stenti e le malattie, a mortificare e trucidare gli uomini senza più una patria, quanto le condizione di disagio nelle quali vive la maggior parte degli 80 milioni di profughi e di rifugiati nel mondo. Tra questi molti sono le vittime mai conteggiate di guerre, satrapie e regimi liberticidi che costellano non pochi paesi tra cui “brilla”, si fa per dire, l’Afghanistan, luogo che detiene un triste record: quello del conflitto militare con più sfondi – politici, etnici e religiosi – a seconda del periodo storico. Da quarant’anni, infatti, quel paese ha contribuito, con oltre tre milioni di profughi, ad alimentare quella fiumana poc’anzi indicata. Si cominciò, con l’esodo verso il vicino Pakistan di circa mezzo milione di persone che lì trovo rifugiò per sottrarsi al regime filo comunista instauratosi a Kabul. A quel regime seguirono guerre tribali e religiose con, in mezzo, l’occupazione dell’Armata Rossa, alla fine degli anni ’70 con il suo lungo e sanguinoso calvario. Morale: altre migliaia di rifugiati fuggirono verso Iran e Turchia, dove sorsero immensi campi profughi in cui centinaia di migliaia di persone si videro costrette a vivere in condizioni sub umane. Durante il periodo di intervento delle forze Internazionali sotto il mandato dell’Onu, il loro numero si ridusse di molto con il ritorno in patria di tanti rifugiati. Un esodo che ora, purtroppo, è ripreso dopo la (ri)conquista di Kabul da parte dei Talebani e del loro regime fideistico e violento. Una parte di quei profughi si sta dirigendo in massa anche verso l’Europa e l’America, dove oggi si sente il peso del repentino ed approssimativo abbandono dell’Afghanistan. Anche in Italia si inizia a prendere coscienza della bontà di fondo dell’intervento di pace in quella zona del mondo ed a contempo ci si interroga su chi debba farsi carico di questa ulteriore ondata di rifugiati. Le lacrime versate in pubblico dal presidente americano Joe Biden sono la più vera e cruda testimonianza del senso di colpa e del rammarico per la superficialità con a quale si è lasciato l’Afghanistan. Non è dato sapere se ci saranno ripensamenti in merito ad una nuova, eventuale escalation militare. Ma una cosa è certa: se questa tragedia avesse ancora bisogno di immagini icastiche per dimostrare quelle grande errore abbia fatto la diplomazia a stelle e strisce, basterà guardare i filmati nei quali gli stessi guerriglieri talebani vestono con divise ed imbracciano armi di marca statunitense. Si tratta dei moderni “scalpi” che gli indiani di oggi nostrano orgogliosi ai pionieri che hanno invaso i territori delle loro tribù. Oltre alla caritatevole e doverosa accoglienza di coloro che hanno collaborato con i contingenti italiani, occorre disciplinare e razionalizzare l’accoglienza di quanti busseranno alle nostre porte. Suonano già male i distinguo di qualche leader europeo di chiudere i confini delle loro nazioni e si spera non trovi, nuovamente, sostegno da parte dei leader della destra italiana. Non solo perché essi furono tra i più convinti fautori dell’impegno militare per pacificare l’area ove si annidava l’Isis ed il terrorismo, quanto perché questo profughi sono espressione e conseguenza della nostra politica estera. Sul fronte politico interno, che annuncia la federazione del centrodestra, se si dovessero ignorare i valori fondativi del liberalismo ed il modello di società aperta e tollerante, non si segnaleranno punti di discontinuità col passato, ed poco servira’ novità federativa annunciata. Se per carpire i voti degli intolleranti che agitano il ventre molle dell’elettorato, si userà ancora la politica dei muscoli senza cervello, potranno forse aumentare le percentuali nei sondaggi non quelle sulla credibilità di un fronte politico che si candida a governare la Nazione in alternativa alla sinistra. Non serve mostrare muscoli, orbace e stivaloni, ma uomini capaci e tolleranti.

*già parlamentare