“LA CULTURA NON ISOLA”: PROCIDA TRA MITO, RESPONSABILITÀ E FUTURO

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PROCIDA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2022 

Pasquale Pisaniello, Docente e cultore di lettere, storia e scienze religiose, ci fornisce riferimenti sulla nascita mitologica di Procida e nel contempo cenni di di cultura latina sull’isola flegrea.

L’autore ci introduce nella cultura greco-romana con i miti che identificano i vulcani come dimore di divinità; il riferimento è ai Campi Flegrei ed alle vicine isole di Procida ed Ischia cui sono legati le figure mitologiche di Ercole, Ulisse ed Enea.

Il mito racconta che i Giganti sepolti nelle profondità dei vulcani, nel tentativo di liberarsi, si agitano e sprigionano l’energia distruttiva dei luoghi. Sotto l’isola di Procida risiederebbe il gigante Mimante, ucciso da Efesto o dal dio Marte nella lotta tra i giganti e gli dèi dell’Olimpo.

L’editoriale non è solo narrazione mitologica perché molti sono i richiami dell’autore alla cultura latina di Catone (“praecidaneae hostiae” per indicare le vittime immolate il giorno prima di una festa solenne) o di Giovenale quando esprime “la sua amarezza nel constatare che Roma è diventata una città invivibile, a cui preferire, pertanto la vita modesta ma tranquilla dei piccoli centri della Campania, tra cui la nostra isola: ego vel Prochytam praepono Suburae (Per me anche Procida sarebbe meglio della Suburra).

Pisaniello delinea anche una visione in cui Procida “ha innanzitutto la responsabilità di salvaguardare la sua stessa anima, la sua cultura e l’unicità del suo ambiente umano e naturale, facendo attenzione al rischio di riqualificazione accelerata, capace di stravolgerne l’autenticità e l’unicità”.

Il progetto “Procida Mediterranea 2022”,presentato dall’ Associazione Ambiente e Cultura Mediterranea al Comune di Procida, fornisce ogni mese il suo contributo di cultura mediterranea, con editoriali scientifici ed opere artistiche su Procida, in omaggio al riconoscimento ottenuto dall’isola flegrea di “PROCIDA CAPITALE ITALIANA della CULTURA 2022”.

PROCIDA MEDITERRANEA 2022

“LA CULTURA NON ISOLA”: PROCIDA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2022

PROCIDA TRA MITO, RESPONSABILITÀ E FUTURO

Pisaniello. LA CULTURA NON ISOLA”: PROCIDA TRA MITO, RESPONSABILITÀ E FUTURO

 di Pasquale Pisaniello

Docente e cultore di lettere, storia e scienze religiose

“La prima funzione di una mitologia, miti e rituali mitici, canzoni
sacre e danze cerimoniali, è di risvegliare nell’individuo un
senso di rispetto, di meraviglia e di partecipazione per l’imperscrutabile mistero dell’essere” (Joseph John Campbell).
I fenomeni vulcanici hanno sempre generato miti, in ogni cultura ed in ogni tempo. Le narrazioni mitologiche della cultura greco-romana hanno sempre individuato i vulcani come dimore di divinità. Basti pensare al culto del dio romano del fuoco terrestre Vulcano, assimilato al dio greco Efesto, che aveva la sua dimora nelle viscere dell’Etna, in Sicilia. I Campi Flegrei, con le vicine isole di Procida e di Ischia, sono un campo vulcanico, facente parte del Distretto Vulcanico Flegreo, con attivi numerosi centri eruttivi differenti. Molte le figure mitiche legate a questa zona ed alla sua particolare natura: Ercole, Ulisse ed Enea
innanzitutto.
Il fuoco che esce con potenza e fragore dalle viscere della terra, ha fatto nascere molte
leggende e miti non solo in ambito pagano, ma anche in quello cristiano con chiese erette
ai bordi del vulcano, perché il santo titolare della chiesa fermasse la lava, o le tante
processioni per scongiurare il pericolo distruttivo che incombe durante un’eruzione.
L’Etna ci offre, non di rado, uno spettacolo stupendo e carico di apprensione con le sue
colonne di fuoco che si innalzano nel cielo limpido della Sicilia.
In molti miti, nati in ambiente mediterraneo soprattutto, si racconta che sotto i vulcani vi
erano sepolti i Giganti che, nel tentativo di liberarsi, si agitano e danno vita alla mobilità
distruttiva dei luoghi. Troviamo miti analoghi anche fuori dal Mediterraneo. In Giappone,
per esempio, il vulcano Fuji è una delle tre montagne sacre del paese (insieme al monte
Haku e al monte Tate, entrambi di natura vulcanica) nato dal sogno di un Gigante che
voleva riempire l’Oceano Pacifico.
Per l’area flegrea molti sono i testi che trattano questo argomento e abbastanza esaustivi
sono i riferimenti nei classici greci e latini.
Tra i primi mi piace citare il testo del professor Mario Sirpettino, noto per la sua
cinquantennale attività tutta dedicata ai Campi Flegrei, “Mito e mistero nei campi Flegrei”,
edito da Franco di Mauro nel 1983.
I Giganti sono figure mitologiche di cui si tratta soprattutto nella “Gigantomachia“ e in altri
testi classici. Le fonti antiche non sempre concordano sullo svolgersi della lotta, sui nomi
e sui destini dei vari Giganti; comunque il termine indica “il combattimento dei giganti
contro gli dèi celesti, provocato dal proposito della Terra, madre dei giganti, di vendicarsi
della sorte dei Titani precipitati nel Tartaro” (cfr. Enciclopedia Treccani). Enea, come
narrato da Virgilio nel libro VI dell’Eneide, incontrerà i Giganti ed i Titani nel suo viaggio
nell’Ade che ebbe inizio proprio nella zona dei Campi Flegrei, non lontano da Cuma. La
Gigantomachia venne rappresentata da Fidia nello scudo della sua statua di Atena e
nell’Altare di Zeus a Pergamo, nell’attuale Turchia, uno dei capolavori dell’arte
ellenistica, oggi al Pergamonmuseum, il più importante museo archeologico tedesco,
situato sulla cosiddetta “Isola dei musei”, sul fiume Sprea a Berlino.

La lotta tra gli dei dell’Olimpo ed i Giganti ebbe termine con l’intervento di Ercole. I Giganti sconfitti vennero sprofondati nel sottosuolo flegreo o sotto l’Etna ed altri vulcani. I Giganti che parteciparono alla feroce guerra che ebbe come teatro gran parte del Mediterraneo, furono 24, tra cui il più terribile si chiamava Alcioneo, ucciso da Ercole con la clava. Un altro Gigante si chiamava Encelado ucciso dalla dea Atena che gli gettò addosso la Sicilia. Il respiro del gigante è all’origine dell’attività vulcanica dell’Etna e dei terremoti che colpiscono quella terra. mappa golfo napoli LA CULTURA NON ISOLA”: PROCIDA TRA MITO, RESPONSABILITÀ E FUTUROAnche un altro Gigante, Polibote, fu ucciso, stavolta da Nettuno, che gli scaraventò contro un enorme masso che lo travolse e divenne l’isola di Nisiro, un’isola vulcanica non lontana da Rodi in Grecia.
Mimante, un altro dei Giganti, figlio di Urano, il cielo, e di Gea, la dea primordiale della terra, nato completamente armato con i piedi simili a code di serpenti, fu ucciso da Efesto, dal dio Marte o da un fulmine di Giove, le fonti non sono concordi. Le fonti concordano invece sul fatto che fu posto sotto l’isola di Procida.
L’attuale nome dell’isola deriva da quello di epoca romana Prochyta. Fantasiose sono le
derivazioni proposte, da “Prima Cyme”, ovvero “prossima a Cuma”, dal termine greco
“pròkeitai”, cioè “giace”; o da un’altra parola greca “prochyo, cioè “messa fuori dal mare”.Tabula Peutingeriana in Procida 2022 LA CULTURA NON ISOLA”: PROCIDA TRA MITO, RESPONSABILITÀ E FUTURO

Una spiegazione etimologica molto meno fantasiosa ne riconduce il nome all’aggettivo
proto-latino praecidaneus (‘vendemmiale’), bene attagliandosi questo alle caratteristiche
di quell’isola, la quale, poiché non offriva agli antichi villeggianti né passatempi termali,
come invece la vicina Baia, né cittadini, era con ogni probabilità da quelli frequentata
solo in occasione della vendemmia delle sue ancor oggi ottime uve. In effetti, prima di
cominciare a tagliare i nuovi frutti maturi, era d’uso sacrificare a Cerere, dea della terra,
un’agnella o una scrofa, da cui appunto il verbo praecaedo (gr. προχέω), dal significato
appunto di ‘sacrifico prima’, (fonte Wikipedia).
Catone usa il termine “praecidaneae hostiae” per indicare le vittime immolate il giorno
prima di una festa solenne.
In un passo della terza Satira del poeta e retore romano Decimo Giunio Giovenale,
vissuto tra la fine del I secolo e l’inizio del II secolo d.C. a Roma, si parla della decisione
di un suo amico di lasciare Roma e di trasferirsi in Campania. Umbricio, questo è il nome
dell’amico, racconta a Giovenale la sua amarezza nel constatare che Roma è diventata
una città invivibile, a cui preferire, pertanto la vita modesta ma tranquilla dei piccoli centri
della Campania, tra cui la nostra isola: ego vel Prochytam praepono Suburae (Per me
anche Procida sarebbe meglio della Suburra).

L’isoletta di Procida, pressoché disabitata e frequentata solo in poche occasioni, viene
dal poeta opposta alla caotica Suburra, il quartiere più popolare e malfamato di Roma e,
quindi, alla città stessa, troppo ellenizzata, ricca di colori, di vivacità e di gente, ma, al
tempo stesso, anche di frastuono, di confusione e di pericolo.
Vicinissima alla terraferma, Procida è un’isola che riesce ad evocare ancora la magia di
antichi miti e la sensazione primordiale di benessere che solo una natura quasi intatta e
una cultura che non si è persa isolandosi, ma ha continuato a coltivare il senso antico
dell’essere comunità, possono ancora comunicare. La costa incantevole e varia, con
spiagge basse e sabbiose, o con suggestivi strapiombi a picco sul mare, ricca di baie e
promontori rendono unica, con l’armoniosa varietà delle forme, la natura dei luoghi.
L’isola ha una grossa opportunità da giocarsi il prossimo anno, nonostante la pandemia
e, ne sono sicuro, al di là di essa. Ma oltre agli eventi da gestire, alle iniziative da
prendere e da curare per rendere proficuo l’anno 2022 anche dal punto di vista della
ricaduta economica, soprattutto oggi che il settore del turismo e dell’ospitalità è in grossa
sofferenza, l’isola ha una responsabilità ed un compito da cui non si potrà esimere.
Ha innanzitutto la responsabilità di salvaguardare la sua stessa anima, la sua cultura e
l’unicità del suo ambiente umano e naturale, facendo attenzione al rischio di
riqualificazione accelerata, capace di stravolgerne l’autenticità e l’unicità.
La perdita dell’anima collettiva può costituire un danno irreparabile, se non si saprà
gestire con avvedutezza ed umiltà la possibilità e l’opportunità di esaltare nel modo
corretto quanto la nomina a capitale italiana della cultura metterà a disposizione.
Procida ha, infine, come compito, quello di indicare una via da seguire alle tante piccole
meravigliose realtà locali italiane e ai numerosi borghi sulla via dello spopolamento che
devono trovare nella cultura e nel recupero del mondo contadino un’occasione possibile
di riscatto. Carmina non dant panem, dicevano i romani; concetto che ha del vero se
molti scrittori e poeti lo hanno ripreso e commentato nel corso dei secoli. Tuttavia, in
senso più lato e mutate nel tempo molte condizioni, oggi la cultura ha assunto un ruolo
ben diverso ed è uno dei primi motori dell’economia italiana. Per questo i piccoli borghi
possono ben sperare e nella cultura ritrovare l’anima perduta o messa in ombra. Procida
ne sarà un esempio.

Ha ben ragione, dunque, il ministro Dario Franceschini a dire: “Viva Procida, che ci accompagnerà nell’anno della ripartenza. Oggi è un segnale per guardare al futuro. Nel 2022 saremo tornati alla normalità e la cultura e il turismo torneranno importanti e fortissimi come lo erano prima della pandemia”.