OCCIDENTE ALLO SBANDO

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vincenzo danna OCCIDENTE ALLO SBANDO

di Vincenzo D’Anna*

Circola sui social un filmato raccapricciante, la cui attualità è forse dubbia, ma che rende bene l’idea di cosa possa significare aver consentito ai talebani di riprendersi l’Afghanistan senza colpo ferire. Si tratta dell’esecuzione sommaria di una donna che, pur ben coperta, non indossava però il burqa mostrando, impudicamente, i piedi ed il volto. Nuovo oppure vecchio che sia, quel filmato resta maledettamente dimostrativo di fin dove possa arrivare la “sharia” proclamata dai fondamentalisti islamici, combattenti in nome della fede in Allah che operano affinché, nei paesi a maggioranza musulmana, siano instaurati modelli di stato islamico, ovvero una società organizzata e governata secondo la legge coranica, nella più intransigente interpretazione dei precetti comandati ai fedeli. Insomma, un paese che torni al buio del più profondo medio evo, che neghi radicalmente l’attualità dei costumi e dei modelli di vita di una società libera e tollerante. Lo sprofondare all’indietro di una comunità nella quale le regole democratiche vengono messe al bando e si impedisce ai liberi cittadini di potersi fare portatori di diritti laici, pena severi castighi o addirittura la soppressione fisica o di chiunque osi ribellarsi. D’altronde altre immagini diffuse, in questi giorni, dai telegiornali e dalle agenzia di stampa di mezzo mondo, mostrano come migliaia di persone tentino disperatamente di fuggire dal paese aggrappandosi ai carrelli ed alle ruote degli aerei in partenza. Molti, purtroppo, quelli che precipitano al suolo, sfracellandosi, pur di sfuggire ai rigori ed alle vendette dei nuovi padroni. Le immagini richiamano alla mente quelle già viste negli ultimi giorni prima della caduta di Saigon, la capitale dell’ex Vietnam del Sud, prima dell’ingresso dei miliziani comunisti del Nord. Furono quelli i giorni – correva il 1975 – in cui gli americani abbandonarono quella nazione al proprio destino, così come era capitato in precedenza ai colonialisti francesi dopo la loro sconfitta a Dien Bien Phu, nel 1954, da parte dei Viet Minh. Allora si fuggiva dal regime comunista e dal suo modello massificante e liberticida, dagli eccessi dovuti all’applicazione pedissequa dei dettami del marxismo leninismo in nome del quale, nella vicina Cambogia, milioni di persone erano state trucidate dal regime sanguinario dei Khmer rossi di Pol Pot. Pensate: anche solo portare gli occhiali, in quel paese, era pericoloso perché chi li aveva era ritenuto un intellettuale e come tale un potenziale borghese e dunque nemico del popolo. Tanto bastava per farlo passare per le armi oppure condannarlo a marcire nei campi di rieducazione politica. Oggi in Afghanistan non si fugge dalla guerriglia perpetua dei gruppi marxisti quanto dai rigori e dalle tragedie di una teocrazia che fa leva sulla ottusa e sanguinaria applicazione di regole religiose arcaiche, liberticide e anti-sociali. In entrambi i casi, quello asiatico (Vietnam e Cambogia) da una parte e quello dei talebani in Afghanistan, non perde solo quella parte di popolo che rifiuta la violenza scaturita dai dettami basati su una teoria politica oppure su dogmi religiosi, quanto il mondo civilizzato. Un mondo nel quale l’uomo ha saputo imparare dai suoi stessi errori, rifiutando la guerra e la violenza come strumenti per dirimere le controversie tra gli Stati, fino ad amalgamare in un regime di libertà e di diritti la cosiddetta “società civile”. Perdono altresì le Nazioni Unite sotto la cui bandiera gli eserciti delle potenze occidentali hanno combattuto per venti anni in Afghanistan e negli altri paesi colpiti dalle bande omicide dell’Isis. Tra queste nazioni quella che ne esce malconcia è senz’ombra di dubbio l’America, che per decenni è assurta al ruolo di “guardiana del mondo” in nome non solo di un principio di libertà ma anche per la difesa dei propri interessi internazionali. Diciamocela tutta: il paese delle libertà e delle opportunità già da tempo aveva smesso di credere nella vecchia dottrina che prefigurava per gli Usa il ruolo di garanti della pace e dei regimi liberali. L’elezione di presidenti poco avveduti ed impregnati di demagogia pacifista e terzomondista come Barak Obama, di sprovveduti come Donald Trump e di un debole ed indeciso come Joe Biden, ha, via via, indebolito l’immagine americana nel mondo offuscandone la sua missione. I prodromi di questo disimpegno e di una politica estera americana piegata su se stessa, si erano già visti allorquando Obama aveva girato le spalle ai vecchi alleati in medio oriente come Muḥammad Ḥosnī Mubārak in Egitto e poi, complici Francia ed Inghilterra, aveva inferto un colpo mortale al regime di Mu’ammar Gheddafi in Libia. Inoltre abdicando in Iraq e dando tregua all’Iran ed ai suoi piani nucleari, gli Usa hanno aperto le porte al fondamentalismo in quello stesso teatro mediorientale. Oggi gli States voltano le spalle agli Afghani e cedono alla Cina il ruolo di protettore di quell’area. Un regime dittatoriale, quello di Pechino, che non avendo titolo di invocare diritti civili e democrazia, lascerà correre le cose badando solo ai commerci. Tutto l’occidente ne esce con le ossa rotte. Il sonno della ragione genera mostri, quegli stessi che ci hanno portato morte ed attentati in Europa.

*già parlamentare