ROMA – «Attraverso i nostri referenti locali, ci giunge in queste ore comunicazione ufficiale che la ASL di Brindisi, con disposizione ad effetto immediato, messa in atto dal Direttore Generale, ha sospeso fino a fine 2021 altri quattro infermieri (uno era già stato sospeso alcuni giorni prima), che rimaranno, di conseguenza, si legge nelle disposizioni dell’azienda, anche senza stipendio per molti mesi. Un provvedimento durissimo, che rientra certo nelle ipotesi previste dalla recente normativa sull’obbligatorietà della vaccinazione, ma che rappresenta a nostro modo di vedere una forma di estremizzazione che, in un momento così delicato per la sanità italiana, alla luce di una emergenza che finalmente ci sta lasciando respirare, ma che ci ha attanagliato per oltre un anno, e delle carenze che ci pendono sulla testa come una spada di Damocle, potrebbe essere evitata con piani strategici adeguati che da troppo tempo nessuno attua».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«La sanità italiana annaspa ogni giorno nel “mare magnum” di lacune strutturali a cui nessuno sembra far caso da troppo tempo.
Mancano all’appello strategie concrete in settori chiave come la formazione, la prevenzione attraverso l’educazione sanitaria, anche e soprattutto in favore dei cittadini.
Gli infermieri che decidono di non vaccinarsi certamente si assumono le loro responsabilità e sanno che, per il periodo previsto dall norme, non potranno esercitare a contatto con i pazienti e con soggetti a rischio. Ma sono professionisti con tanto di laurea! Possono e devono essere reinseriti: si deve fare il possibile per arrivare a questo, usando la logica della “pars costruens” e non la mannaia delle punizioni.
Perché nessuno ha pensato alla possibilità di impiegare in modo alternativo questi infermieri, che decidono di non vaccinarsi, con funzioni utili alla comunità? Anche questo la medesima norma lo prevede, non è forse vero?
Possibile che non si possa pensare a progetti, nell’ambito sanitario, dove gli infermieri dipendenti che non si vaccinano, quelli comunque regolarmente assunti a tempo indeterminato, rimanendo nella medesima Asl, non possano occupare funzioni di educazione sanitaria nell’ambito di programmi di prevenzione in favore dei cittadini?
Ecco la parola chiave, la prevenzione! Quella che oggi manca come il pane!
I sindacati come il nostro, mai come in questo caso, andrebbero ascoltati. E per l’ennesima volta cerchiamo, oggi più che mai, con le Regioni, un solido dialogo.
Mai come in questo momento, con la dura esperienza del Covid alle spalle, che dovrebbe averci insegnato molto, la prevenzione, agita attraverso l’educazione sanitaria per la comunità, erogata con strumenti telematici adeguati, può essere una chiave di volta per il futuro. I professionisti infermieri possiedono tutti i requisiti per essere l’elemento cardine per questi progetti ambiziosi. Qualcuno ancora ahimè non lo ha compreso.
Di fronte a questa condizione oggettiva, chiedono chiarimenti le sospensioni degli infermieri, ai quali oltre tutto viene anche sospeso lo stipendio, quando di fatto si possono creare progetti di impiego temporaneo.
Non si tratta, in un frangente del genere, con il piano vaccinazioni entrato nella fase decisiva, di prendere le parti dell’una o dell’altra. Il nostro sindacato, con coraggio, rispetto ad altri che hanno preferito tacere, ha messo subito in chiaro la sua posizione.
La legge non l’abbiamo chiesta, ma c’è e ne dobbiamo tenere conto.
Il nostro sindacato del resto ha sempre difeso la posizione dei malati e dei soggetti fragili, invocando l’importanza della vaccinazione, ma dall’altra continua a chiedere di non discriminare, e lo dice anche la legge, coloro che non si vaccinano.
Non dimentichiamo quanti si sono ammalati sul campo, cercando di combattere con armi di cartone un virus mortale, in un momento in cui le istituzioni non hanno saputo e potuto garantire la loro incolumità fornendogli i dispositivi di protezione necessari. Mai si sono tirati indietro, eppure nessuna norma è stata adottata d’urgenza per vietare ad ospedali ed aziende sanitarie di impiegare gli infermieri sul campo “senza dotarli prima” dei dispositivi di protezione indispensabili, cosa che avrebbero dovuto fare senza dubbio.
Insomma, solo l’anno scorso questi operatori erano stranamente tutti abili ed idonei a combattere, ad infettarsi e talvolta a morire al servizio di Ospedali e/o ASL che nemmeno erano in grado di garantirgli i dispositivi indispensabili per la loro incolumità. Oggi, invece, quegli stessi ospedali sono pronti a mandare sul lastrico chi tra loro sceglie di non vaccinarsi visto che nemmeno gli pagano lo stipendio. E’ proprio così che lo Stato ha deciso di trattarli, e per poterlo fare in tranquillità, ha prodotto una norma che gli consente di fare ciò.
Si sappia che gli infermieri italiani non hanno mai avuto bisogno di questa legge, agiscono da sempre con coscienza e consapevolezza, e mettono la loro esperienza, la loro abnegazione, al servizio dei cittadini.
Dove stiamo andando? Le Asl possono oggi arrivare al punto di sospendere per mesi infermieri dipendenti e regolarmente assunti, privandoli anche dello stipendio? Siamo sicuri che lo fanno dopo avere opportunamente verificato che non c’erano soluzioni alternative e di certo più equilibrate?
Siamo altrettanto certi che in una Regione Puglia con carenze di personale pari a 15mila unità già prima del Covid, non si potessero trovare alternative occupazionali degne di tal nome, per cinque infermieri, dico cinque, sempre nell’ambito della medesima Asl, consentendo loro di mantenere un dignitoso stipendio?
Da tempo abbiamo cercato di aprire con le Regioni una costruttiva forma di dialogo, e vogliamo continuare a farlo. Al Presidente Fedriga ci rivolgiamo pubblicamente, per sottoporre questa nostra proposta, che rappresenta un progetto solido, dalla parte della sanità italiana: progetti di educazione sanitaria, nell’ambito di macro programmi di prevenzione organizzati finalmente dalle ASL, da erogare per via telematica sia ai giovani che al resto della cittadinanza. Ecco come si potrebbero impegnare medici, infermieri e/o altri professionisti sanitari che decidono di non vaccinarsi, senza arrivare a sospendergli lo stipendio.
Insomma, se le Regioni non sanno davvero come impiegare gli infermieri che non si vaccinano, allora si rivolgano a noi. Costruiamo un dialogo proficuo tra Conferenza delle Regioni e sindacati dei professionisti interessati, che hanno a cuore il loro futuro, ma anche quello dei cittadini e dei malati, il futuro della sanità italiana.