CASSINO – I Finanzieri del Gruppo di Cassino, al termine di un’articolata indagine di polizia giudiziaria delegata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 11 persone, di cui 2 in carcere, responsabili della commissione, in forma associativa, dei reati di autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta e falso in bilancio. L’operazione di servizio è scaturita da un’attività di verifica condotta nei confronti di una società, con sede per un breve periodo a Cassino, esercente l’attività di servizi di pulizia generale di edifici, la quale, pur avendo indicato nei bilanci ricavi per più di 20 milioni di euro, non aveva ottemperato correttamente agli obblighi dichiarativi per gli anni dal 2013 al 2018, risultando sconosciuta al Fisco.
I primi accertamenti condotti dai Finanzieri mettevano subito in evidenza il ruolo di “testa di legno” svolto dall’amministratore di diritto della società e la connessione della stessa con un contesto più ampio, ramificato nell’hinterland capitolino.
Lo sviluppo delle indagini, durate oltre due anni e coordinate dalla Procura capitolina, consentiva di individuare un sodalizio criminoso dedito alla commissione di plurimi reati di natura economico-finanziaria.
In particolare, le investigazioni di polizia giudiziaria, svolte attraverso l’esecuzione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, accertamenti bancari, approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette e attività di osservazione e pedinamento, hanno consentito di individuare un’associazione per delinquere, strutturata come una vera e propria holding della truffa, che gestiva una galassia di società – di cui 8 italiane, con sede in Roma, e 3 estere, con sede in Bratislava (Slovacchia) -, tutte formalmente amministrate da soggetti “prestanome” privi di esperienze manageriali nonché di capacità economica, utilizzate con l’unico fine di ottenere la concessione di ingentissimi finanziamenti da parte di istituti di credito.
Gli organizzatori avevano messo a punto una strategia criminale organizzata sin nei minimi dettagli: dapprima si preoccupavano di presentare le società come affidabili e fiorenti, mediante la presentazione di bilanci di esercizio che indicavano ricavi per oltre 150 milioni di euro e business plan con importanti progetti di crescita e sviluppo; in un secondo momento, istruivano i prestanome nella interpretazione del ruolo di manager di successo in occasione degli incontri con le banche e con i fornitori, scegliendo finanche i capi di abbigliamento che dovevano indossare e suggerendo le frasi da utilizzare nel corso dei colloqui.
Grazie a tali espedienti, raggirando i funzionari preposti ai controlli, i sodali carpivano la
fiducia degli istituti di credito, ottenendo complessivamente finanziamenti per oltre 7 milioni
di euro.
Una volta ricevuti i prestiti, le società venivano portate al fallimento, causando non solo un
danno nei confronti delle banche per circa 5 milioni di euro, ma anche dell’Erario, con debiti
tributari per oltre 70 milioni di euro.
Fondamentale, nella strategia criminale, è risultato l’apporto di conoscenze e competenze
da parte dei due soggetti a capo del sodalizio criminale, peraltro gravati da plurimi e specifici
precedenti di polizia, i quali curavano con cura scientifica e maniacale tutte le fasi dell’illecita
attività: il sodalizio, infatti, disponeva di uffici nei quali erano impiegati, in pianta stabile,
collaboratori e segretarie che demoltiplicavano incessantemente le disposizioni dei capi a
tutti i sodali.
Gli accertamenti bancari eseguiti nel corso delle investigazioni hanno consentito di
ricostruire puntualmente i flussi di denaro illecitamente ottenuti, giustificati da operazioni
commerciali mai poste in essere: sono state ricostruite, infatti, sui vari conti correnti delle
società, movimentazioni bancarie per oltre 9 milioni di euro, in parte destinate anche
all’estero.
Sulla base delle evidenze acquisite, il G.I.P. del Tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza
di applicazione di misure cautelari nei confronti di 11 soggetti, di cui 2 in carcere e 9 agli arresti
domiciliari, oltre ad un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni
costituenti profitto dei reati ascritti per un valore pari a 4,5 milioni di euro.
I due soggetti al vertice del sodalizio criminale (L.R. di 46 anni e M.V. di 57 anni), entrambi
di Roma, amministratori “di fatto” di tutte le società coinvolte – nei confronti dei quali è
scattata la custodia cautelare in carcere – conducevano una vita “da nababbi”, riciclando i
guadagni illeciti mediante l’acquisto di immobili, auto di grossa cilindrata ed orologi di lusso,
mentre agli amministratori di diritto veniva riconosciuta una “paghetta” mensile di poche
centinaia di euro.
L’attività in argomento testimonia come la Guardia di Finanza rivesta un ruolo centrale,
quale polizia economico-finanziaria, a tutela dell’economia in generale e del sistema
creditizio in particolare.
L’aggressione dei patrimoni illeciti così accumulati, infatti, tutela al contempo sia il risparmio
dei consumatori che il sistema finanziario, particolarmente esposti nell’attuale crisi
economica causata dall’emergenza pandemica.