– di Ursula Franco* –
Matilda Borin, 22 mesi, è stata uccisa il 2 luglio 2005 in una casa colonica di Roasio (Vercelli). Quel giorno la bambina era in compagnia di sua madre Elena Romani, che all’epoca aveva 31 anni, e del compagno, Antonio Cangialosi, all’epoca 33enne. Sia la Romani che il Cangialosi sono stati rinviati a giudizio per l’omicidio di Matilda e sono stati assolti.
Grazie alle risultanze medico legali si possono ricostruire i fatti che condussero alla morte della bambina:
Matilda è morta in seguito ad uno shock emorragico da emoperitoneo secondario ad un trauma dorsale che le produsse multiple lacerazioni del fegato, la sezione del rene destro e una lesione del sinistro. L’errore degli inquirenti è stato credere che quel trauma dorsale fosse stato prodotto da un calcio sferratole. La piccola Matilda è morta invece in seguito ad un trauma da schiacciamento causato dalla pressione di un ginocchio sul suo dorso.
All’esame autoptico furono riscontrate una lesione ecchimotico escoriativa complessa in sede dorsale, due ecchimosi grossolanamente simmetriche sulle spine iliache antero superiori, multiple escoriazioni sul lato sinistro del corpo, sulla bozza frontale sinistra, sul gomito sinistro, sul braccio e sull’avambraccio sinistro, la frattura della VII costa destra sulla linea ascellare posteriore con consensuale minima lacerazione pleurica ed intensa infiltrazione emorragica e un traumatismo delle coste dalla IX alla XII sinistre.
La “lesione ecchimotico escoriativa complessa in sede dorsale” è compatibile con l’impronta di un ginocchio e non con quella di una scarpa o di un piede. E le “due ecchimosi grossolanamente simmetriche sulle spine iliache antero superiori” provano che la forza lesiva scaricata su Matilda non la spinse nel vuoto ma la schiacciò contro una superficie semirigida.
In poche parole, chi uccise Matilda appoggiò il proprio ginocchio sul dorso della bambina schiacciandola contro una superficie semirigida poi la povera Matilda cadde sul pavimento e si produsse “multiple escoriazioni sul lato sinistro del corpo, sulla bozza frontale sinistra, sul gomito sinistro, sul braccio e sull’avambraccio sinistro”.
Subito dopo, l’omicida la raccolse da terra prendendola sotto il braccio destro con la sola mano destra e, con la pressione del proprio pollice, le produsse “la frattura della VII costa posteriore destra sulla linea ascellare posteriore e la consensuale minima lacerazione pleurica”.
La frattura costale non fu contestuale alla lesione dorsale che danneggiò gli organi addominali né secondaria alle manovre rianimatorie, fu invece la conseguenza di un secondo fatto traumatico che seguì allo schiacciamento dorsale. Infatti intorno alla frattura costale fu rilevata una intensa infiltrazione emorragica, prova che il trauma precedette lo shock ipovolemico e l’arresto cardiaco e che quindi non fu causata dalle manovre rianimatorie che seguirono invece lo shock.
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* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari