– di Vincenzo D’Anna* –
Echi positivi giungono dalla tradizionale kermesse politica di Atreju che si tiene presso il Circo Massimo di Roma. Ospite d’eccezione: il premier argentino Javier Gerardo Milei, economista di stampo Liberale, che tenta di rimettere in sesto il bilancio del grande paese sudamericano proponendo la libera economia del mercato di concorrenza. Qualche mese fa Milei aveva ricevuto, a Buenos Aires, la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni impartendole una vera e propria lezione di economia politica liberal liberista. Insomma: aveva chiaramente detto di non credere nello Stato interventista e monopolista, onnipotente, burocratico e pervasivo nella vita degli individui, di voler liberare da ogni ostacolo burocratico e pesante gravame fiscale chiunque volesse intraprendere e creare ricchezza. Per dirla tutta: niente mezze misure né ibridi di sorta tra politiche statali criptosocialiste e liberali. Come abbiamo già avuto modo di scrivere, la lezione sarà senz’altro servita (oltre che gradita) al capo del governo italiano se ha ritenuto di invitare il presidente argentino alla manifestazione culturale politica di Fratelli d’Italia. Non credo, infatti, che si tratti di una semplice cortesia istituzionale, bensì di un modo per presentare le idee di Milei al popolo della destra nazionale. Esattamente l’opposto di quel che dice la dem Elly Schlein, ossia che i meloniani siano oscurantisti e reazionari. Chi cerca, infatti, nuove e più opportune strade per evolversi e migliorarsi fa l’esatto contrario di un oscurantista che, per definizione, si pone all’antitesi delle novità che non solo poco comprende ma che addirittura rifiuta per partito preso. La stessa cosa vale per il termine reazionario che semmai si attaglia meglio sulle spalle di coloro che si ostinano – come in via del Nazareno – a riproporre vecchie politiche stataliste se non una minestra riscaldata di marxismo in salsa moderna. Insomma: la donna che ci governa guarda ben oltre l’esistente tentando di approdare a nuovi lidi per fondare una destra moderna di stampo liberale. L’altra donna, invece, capo dell’opposizione, non si perita di cercare una nuova direzione che consegni al passato la tragica smania di affidare allo Stato poteri ed esclusive che finora hanno solo prodotto disservizi, sprechi, sperperi, debito pubblico, assistenzialismo clientelare e solidarismo di maniera (a senso unico). Insomma una sorta di Bad Godesberg della sinistra italiana, emula di quello che avvenne nel 1958 nel celebre quartiere della capitale tedesca in cui si tenne il congresso dei socialisti teutonici i quali si diedero un programma di stampo socialdemocratico. In poche parole: dal Pci al Pd a sinistra di trasformazioni della linea politica se ne sono tentate diverse ma nessuna ha mai abiurato l’idea dello Stato egemone e monopolista e di un’economia pervasa dai privilegi statali. Per farla breve: mentre la Meloni tenta di andare oltre Fiuggi, il congresso del 1995 durante il quale il vecchio Msi-Dn si trasformò in un movimento moderato politicamente ed interclassista sul piano economico, la Schlein torna indietro, da Veltroni ad Occhetto, dal progressismo liberale a quello parolaio buono per tutte le stagioni, ultima quella di un ipotetico campo largo “progressista” che si dovrebbe aggregare contro qualcuno e non per qualcosa. Un’aspirazione quella della milionaria italo-svizzera che pagherà il conto delle contraddittorie posizioni qualunquiste del M5S che tutto pare voglia fare salvo aggregarsi al Pd. Politologia? Chiacchiere tra addetti ai lavori? Nossignore, cari lettori!! Una semplice evidenza, un semplice ragionamento necessitato dal fatto che senza idee e propositi la politica non esiste, se non come pratica del potere appannaggio di piccoli trafficanti. Un esempio di scuola renderà concreta l’idea. Lo Stato, oltre che monopolista, possiede compartecipazioni in migliaia di aziende, enti e centri di produzione: insomma un autentico carrozzone di cui ripiana puntualmente i debiti. Soldi nostri, intendiamoci: dei contribuenti che gli statalisti chiamano “soldi pubblici”. Nelle aziende partecipate, in diversi ambiti produttivi, chiamati eufemisticamente “strategici”, ove non possiede la maggioranza azionaria, lo Stato rivendica la cosiddetta “Golden Share” , oppure “Golden Power”. Il che significa che, pur con la minoranza delle quote azionarie, può intervenire lo stesso bloccando acquisti, vendite o decisioni strutturali, con buona pace degli azionisti di maggioranza. In poche parole: se un’azienda ha la necessità di tagliare manodopera per sopravvivere o per fare altro, lo Stato può opporsi a prescindere. E’ quello che in queste ore la Schlein sta chiedendo per la Beko, fabbrica di Atlantis: intervenire ultroneamente con gli ammortizzatori sociali. Insomma si deve salvare quello che non sta più in piedi, che produce debito perché questo vuole la politica politicante, che ne conosce la ineluttabilità degli esiti nefasti di quella azienda. Questo si chiamerebbe “progressismo”? E chi sarebbero allora gli oscurantisti? E soprattutto come etichettare chi si preoccupa di una fabbrica che produce deficit e che, prima o poi, senza ristrutturazione e conquista di quote di mercato, sarà costretta a chiudere i battenti? Insomma basta! Lo Stato non può fare il baro e sperperare i nostri soldi come gli pare o peggio ancora gli conviene per pregiudizio ideologico!!
*già parlamentare