– di PepPe Røck SupPa –
Lo scrittore americano dalla guerra inviava struggenti lettere a Oona O’Neill, la quale però preferiva Charlie Chaplin che aveva 36 anni più di lei. Quando muore Albertine, il Narratore della Recherche di Marcel Proust ha una rivelazione universale, grandiosa: dopo aver sofferto molto, si accorge che quella ragazza l’ha amata quando l’aveva appena intravista agli Champs Élysées, cioè quando non la conosceva affatto. In effetti gli amori corrisposti sono anche i più pallosi e deprimenti. I promessi sposi finiscono proprio quando i due tornano al paesino e si possono sposare, e comunque senza quello stronzo di Don Rodrigo non c’era storia: grazie a lui Renzo e Lucia acquistano un qualche interesse agli occhi del mondo. Insomma, bisognerebbe riscrivere il romanzo dalla parte di Don Rodrigo per capire quanto soffriva, e magari accorgersi che la vera vittima era lui, perché come si può dare una motivazione all’innamoramento? Se l’amore è quel sentimento incontrollabile di cui si parla, non ci si può accontentare, come invece succede: il cicciottello si mette con la cicciotella, il brufoloso con la brufolosa ecc… Se l’amore fosse vero, saremmo tutti pazzi perché ci innamoreremmo di chi ci fa battere il cuore e non potremmo mai accettare il non essere riamati né accontentarci di chi ci ama perché alla nostra portata.
In ogni caso, a parte Manzoni, che sceglie una contadina sfigata, le donne, in letteratura, sono sempre delle stronze viziate e insoddisfatte. Modello fra tutte Emma Bovary di Flaubert, ma anche Anna Karenina di Tolstoj, Isabel Archer di Henry James, e la Lotte per la quale si suicida il giovane Werther, e tante altre. E fuori dalla letteratura di esempi ce ne sarebbero a centinaia, soprattutto tra gli scrittori, e Leopardi ebbe solo il culo di invaghirsi di una Silvia incorniciata in una finestra morta e sepolta, tuttavia gliel’ha fatta pagare una viva e vegeta: Fanny Targioni Tozzetti. Non mi venite a dire che Leopardi era basso e gobbo, era Leopardi, un cazzo di genio, si poteva pure concedere quella cretina.
Ma qui torna utile ricordare Costance Dowling, per la quale si ucciderà Cesare Pavese, perché molto simile alla vicenda sentimentale romanzata da Frédéric Beigbeder in “Un amore di Salinger”, ossia la passione dello scrittore più schivo e invisibile di tutti, l’autore de Il giovane Holden, per Oona O’Neill, figlia del drammaturgo e premio Nobel Eugene O’Neill.
Donna fatalissima, Oona, aspirante attrice, alla fine degli anni Trenta incanta mezza New York, e ci scappa un flirt con Salinger. Non dura molto ma comunque il tempo da fargli perdere la testa per sempre, anche quando si mette l’elmetto per andare in guerra: era tra coloro che sbarcarono in Normandia, per fortuna non in prima fila. Lui le scrive lettere davvero strazianti dal fronte, la pensa sempre, lei risponde «Caro Jerry, la tua ultima missiva mi fa schifo. Quando ti ho incontrato avevo quindici anni. Ero troppo giovane e stupida per sapere cos’è l’amore». Siamo nel giugno del 1943, adesso Oona è cresciuta e ha diciassette anni, sa cos’è l’amore, e sposa Charlie Chaplin, che ha trentasei anni più di lei. Quando lo sa, Salinger, tra un colpo e l’altro sparato dalle truppe naziste, avrà avuto un colpo al cuore, e le scrive: «Ti sciroppi un vegliardo inglese con problemi di prostata che prende pillole di cantaridina per cercare di svegliare il suo povero attrezzo usurato. Non so se davanti a una simile situazione si debba ridere a crepapelle o scoppiare in lacrime».
Magari sarà stato amore vero, quello tra Oona e Chaplin, però non si può non parteggiare per il giovane Holden e non odiare la prostata e il pisello usurato di Chaplin.
D’altra parte, come scrive proustianamente Beigbeder: «L’amore è più bello quando è impossibile, l’amore più assoluto non è mai reciproco. Ma il colpo di fulmine esiste, ha luogo ogni giorno, a ogni fermata dell’autobus, tra persone che non osano parlarsi. Gli esseri umani che si amano di più sono quelli che non si ameranno mai».