PRETI PEDOFILI, NON BASTA CHIEDERE PERDONO

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–   di Vincenzo D’Anna*   –

Durante il viaggio in Belgio, ove si calcola siano stati più di un migliaio i preti che hanno abusato sessualmente dei ragazzi affidati alla loro custodia, il Papa ha affrontato il tema che ormai da molto tempo turba ed in qualche misura disonora tutta la Chiesa: quello della pedofilia. È bene ricordare come il Pontefice sia stato dichiarato, dal Sillabo di Papa Pio IX (nel lontano 1864), infallibile in materia di fede. Tutto ciò che afferma in altri campi, che non siano quelli dottrinari, è da ritenersi opinabile anche da parte dei fedeli, quindi non incorrerò in peccato…. Ma torniamo a noi. Bergoglio ha rivevutonuna delegazioni di persone abusate, chiesto scusa ed invocato il perdono delle vittime. Francesco ha parlato di “mostruosità” commesse da parte del clero. Un prete non può continuare a essere tale se è un molestatore, sia esso malato oppure un criminale. Il sacerdote esiste per dirigere gli uomini a Dio e non per distruggerli in nome di Dio. Insomma: tolleranza zero. E deve continuare a essere così. Così afferma il Papa ,perfettamente in linea con quello che occorre fare!! Tuttavia non si conosce quale sia il sistema e quali gli strumenti per irrogare le necessarie sanzioni draconiane che il Papa argentino annuncia e, soprattutto, quali e quanti siano i preti pedofili già sospesi “a divinis” oppure ridotti allo stato laicale. E’ il caso di riesumare un vecchio adagio popolare, con un pizzico di sarcasmo, che recita: “di buone intenzioni è lastricato l’inferno le cui pareti sono costruite con le chieriche dei preti”. Orbene se il Papa è in linea con l’idea che coloro che a vario titolo si sono macchiati, reiteratamente e spesso con l’uso della coercizione e della violenza, di tali infamie, allora questa gente va espulsa pubblicamente dal corpo sacerdotale. Semplicemente non resta che attivare gli strumenti per cacciarli via. Bergoglio cita nel suoi discorso anche principii di natura diversa da quelli religiosi, come il rispetto delle libertà e della dignità degli individui, e sopratutto del fatto che molti uomini, fin dalla loro infanzia, siano stati defraudati della prerogativa di costruirsi una vita nel corso della quale cercare e realizzare la propria felicità. Parole gradite alle orecchie liberali e che riportano la linea papale nell’ambito di quegli enunciati consoni alla dottrina sociale della Chiesa che Francesco spesso ha disatteso per soccorrere l’idea del pauperismo socialista ad oltranza. Libertà che sono legate alla natura stessa degli uomini al libero arbitrio loro concesso dal creatore e che il cristianesimo ha sempre tenuto nel debito conto distinguendosi dalle altre fedi coercitive e retrive come quella dell’Islam. La violenza fideistica è quindi cieca e sorda ai richiami delle civile convivenza, della tolleranza e della pace che sono ancelle della carità cristiana. Benedetto XVI lo aveva previsto e predicato a Ratisbona non certo per creare un distinguo strumentale ed una separazione, men che meno per vantare una superiorità etica dei cristiani rispetto a coloro che praticano altre fedi. Quelli che in omaggio ad una fede intransigente e manichea, oggi come ieri insanguinano il medio oriente con una guerra di religione per distruggere gli ebrei ed annichilire il loro Stato. Oggi la crisi generale della fede, la secolarizzazione della Chiesa, la spoliazione del sacro a vantaggio del profano e della modernità oppure, peggio ancora, della mondanità, ha enormemente svuotato i luoghi di culto ed i seminari. La chiesa ha bisogno quindi di recuperare molte pecorelle al proprio gregge e nel mondo della iper informazione, della velocità a scapito della riflessione, del benessere che divora l’idealità, c’è bisogno di un lavacro battesimale anche per le parrocchie ed i loro sacerdoti. La mano ferma e soprattutto il concreto esempio di pulizia morale sono necessari per fare da contraltare alla società dell’immagine e dell’effimero, a restituire la santità all’agire del clero, a far in modo che il cristiano avveduto e partecipe, noti che ci sono quelli che sono preti e non quelli che fanno i preti per mestiere. Un grande Papa come Roncalli, Giovanni XXIII, seppe avviare, con il concilio Vaticano II, il rinnovamento senza perdere nulla della tradizione millenaria della Chiesa, non gradiva i preti vestiti ed agghindati nei loro clergyman, muniti solo di una piccola croce appuntata al bavero. Il Papa ammoniva che il sacerdote deve indossare i suoi abiti talari per mostrarsi per quello che effettivamente è senza seguire le mode. Vietava gli applausi anche al Papa quando si era in chiesa e durante le funzioni religiose. Oggi tutto questo è stato stravolto ed archiviato come espressione retriva ed anacronistica della fede. Insomma una specie di “politicante corretto” religioso. In un matrimonio a cui ho partecipato di recente sono risuonati applausi a scena aperta e come sottofondo alla celebrazione e’ risuonata in Chiesa la musica di “A Whiter Shade of Pale “ famosa canzone dei Procol Harum in voga negli anni 70 del secolo scorso, cantata ,fortunatamente, in Inglese essendo il testo abbastanza inadeguato. Cacciare i pedofili, i mercanti e le mode dal tempio non è anacronismo ed i fedeli ne saranno convinti, è solamente un ritorno alla tradizione sulla quale la fede vive.

*già parlamentare

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