POLLICA – Un cartellone ricco di appuntamenti di qualità teso a valorizzare alcuni dei luoghi più suggestivi del Cilento. Questo lo spirito del Cilento Festival – Pollica, che si svolgerà dal 4 settembre tra il Castello dell’Abate di Castellabate e il Teatro Sala Keys di Pioppi. Il progetto, giunto alla quarta edizione, è fondato e voluto dal direttore artistico Girolamo Marzano.
Si parte il 4 settembre alle 21 al Castello dell’Abate con “La fabbrica degli angeli senza tempo”, una produzione MDA produzioni danza – associazione Domenico Scarlatti: uno spettacolo di teatro-danza con Lucia Cinquegrana, Rosa Merlino, Paola Saribas e Mario Brancaccio. Musiche di Nicola Antonio Porpora. Regia e coreografia di Aurelio Gatti. “Nel ‘600 Napoli era la città più grande e popolata d’Europa e “faceva” musica, tanta musica. Tra il Sei e Settecento la gerarchia sociale poneva i musicisti al livello dei servi, costretti a lavorare per un tozzo di pane. A Napoli e in Italia, la maggior parte della gente viveva in stato di semischiavitù, assoggettata a gente straniera. Gli apprendisti delle botteghe musicali, come per l’arte figurativa, erano spesso gli autori reali delle musiche, mentre i compositori di successo, incaricati dai potenti di turno, supervisionavano il lavoro e questo spiega come un compositore riuscisse a comporre in poche settimane una mole immensa di musica. I copisti professionisti – spiega Gatti – mettevano assieme opere con pezzi diversi, traendo temi e brani da materiale preesistente. Questa situazione era diffusa in tutta Europa e come non c’erano geni in Italia, così non c’erano geni neppure in Europa … C’erano solo bravi artigiani e validi Maestri di bottega. L’idea del genio è tutta romantica. Nel Settecento è del tutto fuori luogo, mentre nell’Ottocento è frutto di fantasia. Ci si è concentrati sul Barocco come tempo storico, come condizione esistenziale di una epoca che pone alla base una asimmetria fra tempo del mondo e tempo vissuto, tra il vuoto di prospettiva e l’attesa dell’occasione per il riscatto. Un momento storico attraversato da inquietudini e contraddizioni potenti con eccessi in tutti i campi, da quello artistico a quello scientifico, come nella vita sociale e quotidiana, determinando un diffuso senso di relativismo, di precarietà , di caducità, di morte. Il riscatto è il tema di questo danza teatro, attraverso la musica e le visioni di un ormai vecchio Nicola Antonio Porpora, ennesimo protagonista dei fasti e dell’oblio di un’epoca tanto straordinaria quanto indifferente ai suoi numerosi artefici”.
Il 6 settembre, alle 21.15, al Castello dell’Abate, l’associazione Michelangelo presenta “Memorie dell’atomica” con Elena Arvigo che ne cura anche la regia. Lo spettacolo è tratto da “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich (premio Nobel per la letteratura 2015) e “Racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi. Con la presenza di Monica Santoro per la traduzione in consecutivo di alcuni brani in russo. Elena Arvigo, porta al centro la figura femminile come testimone di episodi tragici legati alla guerra e alla criminalità delle scelte umane. I due luoghi all’origine dello spettacolo: Chernobyl e Hiroshima. Il 26 aprile 1986 scoppia la centrale nucleare di Cernobyl, il 9 agosto 1945 viene lanciata una bomba atomica su Nagasaki per accelerare la resa del Giappone: due capitoli oscuri ,due eventi che hanno segnato le coscienze. Attraverso alcune testimonianze/monologhi tra le quali quella di Ljudmila Ignatenko, moglie di un vigile del fuoco, soldati , bambini e da Kyoko Hayashi, una scrittrice ma soprattutto una hibakusha, così si chiamano in Giappone i sopravvissuti alla bomba atomica. La ricostruzione non è degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Il racconto di queste voci si concentra sulla dimensione umana della tragedia, sui sentimenti dei sopravvissuti, sulla storia individuale di chi quegli avvenimenti li ha vissuti sulla propria pelle. Una serie di studi iniziato da Elena Arvigo nel 2013 su figure di donne, testimoni scomode mitiche e reali, legate dal filo rosso della guerra, donne imperdonabili perché́, appunto, testimoni scomode della realtà̀ che le circonda. Donne che scelgono di non tacere e resistere – resistere ed agire. L’atto giornalistico e l’atto poetico diventano così simbolo e testimonianza di una resistenza, prima di tutto, del pensiero. “Quello che spero di riuscire a restituire è la tragica fatalità di queste umanissime storie – spiega Arvigo – Avvicinare ciò che sembra distante nel tempo e nello spazio per sentire un senso di responsabilità̀ per il futuro. L’uomo e l’animale si ascriva nelle terrificanti capacità esclusive dell’uomo: l’uomo è l’unico animale in grado di distruggere la Terra”.
Il 14 settembre alle 19.15, nel Teatro Sala Keys di Pioppi, l’associazione Michelangelo presenta “Irene 15” di Girolamo Marzano, con Girolamo Marzano, per la regia di Mario Brancaccio. “Si tratta di una serie di racconti che hanno come tema l’abuso. L’oltraggio che un privato cittadino può commettere su un altro cittadino stuprandolo, facendogli violenza, ma anche l’abuso che si può commettere volendosi vendicare di qualcosa che ci ha profondamente feriti e che può spingerci, accecati dal dolore a farci giustizia da soli, molto spesso arrecando morte e danno anche a persone innocenti. Da ultimo, e forse ancor più grave è l’abuso che può commettere uno stato oppressivo e violento contro la libertà dei suoi cittadini o quella di altri paesi. Infine i limiti e la violenza che può imporre uno stato “canaglia” verso i propri cittadini imponendogli limiti sulla sfera personale e di genere contrari al loro benessere sia sociale sia umano – spiega Brancaccio – Gli autori che proponiamo in questa sorta di letture teatralizzate sono: Slawomir Mrozek, scrittore, drammaturgo e fumettista polacco e Girolamo Marzano, attore, drammaturgo e produttore. Irene 15 è il titolo emblematico che rimanda ad un nome di persona e allo stesso tempo ad un numero. a suggerirci una umanità e una possibile sua spersonalizzazione che la limita in un numero. In scena due attori a leggio coinvolgeranno il pubblico in cinque storie torbide e surreali allo stesso tempo”.
Mario Brancaccio e Simona Esposito daranno vita ad una performance moderna, dai contenuti forti e drammaticamente attuali. La musica farà da complemento e da ulteriore racconto tra i racconti. A Mario Brancaccio è affidato il coordinamento artistico della messa in scena.
Il 21 settembre alle 19.15, sempre presso gli spazi del Teatro Sala Keys di Pioppi, La contemporanea presenta “I belli, i brutti, i cattivi” di Edoardo Siravo e Silvia Siravo, tratto da William Shakespeare. “Per fortuna ancora si recita Shakespeare… E quanti monologhi provati ed interpretati negli anni in tante vere e proprie imprese teatrali! Da qui nasce la volontà di presentarli in una sorta di galleria, nasce l’idea di guardare con una lente di ingrandimento i personaggi “buoni, brutti e cattivi” del variegato mondo shakespeariano. Il Bardo è infatti riuscito attraverso l’invenzione drammaturgica a rappresentare il mondo e le vicissitudini dell’esistenza, a raccontare come nessuno i tanti diversi tipi umani. Il male e l’oscuro, l’aspirazione al potere e il conseguente tumulto delle passioni, il sacrificio dell’innocenza più assoluta, la cattiveria più infernale, il dramma, il ridicolo e il grottesco – spiegano gli autori – Ma anche il bene, l’amore, le speranze e le passioni più nobili, tutto l’informe universo umano si ritrova narrato nelle sue opere e si alterna, si fonde e si lega indissolubilmente nel tragico e nel comico in una conturbante promiscuità. La scelta dei brani di questo omaggio a William Shakespeare, rifletterà il paradigma della vita e del sogno attraverso i drammi e le commedie, ma anche attraverso alcuni mirabili sonetti, immortali anch’essi come il suo immenso teatro”. Edoardo Siravo e Silvia Siravo faranno idealmente duellare alcuni tra i personaggi più famosi dell’opera shakespeariana mentre saranno accompagnati nel bel viaggio poetico dalle suggestioni musicali originali eseguite dal vivo dal maestro Francesco Forni.
Il 28 settembre al Teatro Sala Keys alle 19.15 Scena Verticale presenta “Via del Popolo” di e con Saverio La Ruina. Regia di Saverio La Ruina. Il passo è rilassato, elegante, per non disturbare troppo la quiete di un piccolo cimitero, caratterizzato da alcuni lumini sparsi qui e là.
Parola dopo parola, la memoria del passato viene vivificata grazie a gesti, suoni, frasi a comporre ricordi di un tempo rimasto indelebilmente scolpito nel cuore e nella mente. Ruota attorno al concetto di tempo – esplicitato anche dalla scena, dove campeggia un orologio da taschino che scivola molle sulla superficie su cui è adagiato, forse ispirandosi nelle forme al dipinto “La persistenza della memoria” di Dalì, rielaborato da Riccardo De Leo – “Via del Popolo”, il nuovo lavoro scritto, diretto e interpretato da Saverio La Ruina, che torna alla forma monologante di cui padroneggia stilemi e tecniche, con leggerezza e ironia, delicatezza e garbo. E torna alla sua terra, il monte Pollino, a metà fra il mare dello Ionio e del Tirreno, da cui la famiglia si mosse per raggiungere poi Castrovillari, provincia di Cosenza, casa e dimora anche della compagnia Scena Verticale a cui La Ruina, insieme a Dario De Luca – che dello spettacolo cura il disegno luci – e Settimio Pisano ha dato vita ormai 30 anni fa. Ma la storia che La Ruina racconta e compone sulla scena con maestria e rigore va ancora più indietro nel tempo, da recuperare, da custodire con prezioso riguardo: è un viaggio dagli anni ‘60 ai nostri giorni. La via del Popolo, di cui La Ruina tratteggia storie e volti, quasi fossero i protagonisti di una laica Via Crucis del ricordo, è un tratto di strada che, come molti, un tempo brulicava di attività: due bar, tre negozi di generi alimentari, un fabbro, un falegname, un ristorante, un cinema… luoghi oggi inghiottiti dal tempo, trasformati in altro oppure desolatamente chiusi. Ma basta poco per rivedere le vicende del passato, ricordarne le storie, le persone, rievocate con dovizia di particolari, leggerezza, ironia e un pizzico di nostalgia da La Ruina che, alla sua, alterna altre voci e altre vite sulla scena, come un mosaico dai mille colori. Un racconto sì autobiografico, quello imbastito con una narrazione leggera e poetica, densa e ricca di sfumature, dal quale emergono, attraverso flash back prima i genitori, poi gli abitanti di quella Castrovillari che accoglie la famiglia La Ruina. Ma anche una porta verso il passato, l’occasione preziosa per osservarne cambiamenti e direzioni. E il fulcro della narrazione è quella via del Popolo crocevia di storie e di vite: ci sono il bar Rio dei La Ruina, il padre Vincenzo e lo zio Nicola, avamposto di libertà e di voglia di trasformazione, dove Saverio ha iniziato a lavorare, le botteghe di generi alimentari, le officine artigianali di fabbri e falegnami, la merceria, il frequentato Cinema Astor col suo proiezionista Giannino, che hanno colorato la vita della strada, sulle note delle canzoni di quegli anni, dai Beatles ai New Trolls.
Il 4 ottobre, nel Teatro La Provvidenza di Vallo della Lucania, Pex srl presenta “La foto del carabiniere (la storia di Salvo D’Acquisto e di mio padre)” di e con Claudio Boccaccini. Collaborazione artistica di Silvia Brogi. Regia di Claudio Boccaccini. Nell’estate del 1960 Claudio Boccaccini, all’epoca bambino, scopre che il papà Tarquinio conservava gelosamente, e ai suoi occhi misteriosamente, la foto di un giovane in uniforme nella sua patente di guida. Il piccolo ne chiede al padre la ragione e, dopo molte insistenze, riesce a farsi raccontare la storia del giovane carabiniere, Salvo D’Acquisto, della loro amicizia e del suo eroico sacrificio che, nel 1943, salvò la vita di Tarquinio e di altri 21 uomini innocenti. La struttura narrativa ripercorre gli anni di un’Italia ingenua e spensierata, fruga tra i ricordi di una tipica famiglia romana, quella dell’autore, e attraverso una serie di istantanee di “come eravamo” compone un quadro ricco di emozioni, di nostalgia e di aneddoti esilaranti. La forza evocativa del testo è quella dirompente di una storia “vera” lasciata in eredità da un padre e trasformata dal figlio in uno spettacolo teatrale nel quale si ride e ci si commuove con la stessa intensità.
Il 5 ottobre, nel Teatro Sala Keys di Pioppi, Pex srl presenta “Le nuove Eroidi – Il mito dalla parte delle donne” con Emanuela Rossi, Beatrice Gregorini e Silvia Brogi per la regia di Claudio Boccaccini. Poco più di duemila anni fa Ovidio scrisse una raccolta di lettere poetiche straordinariamente moderna e originale: le Eroidi, una serie di epistole in versi in cui le eroine del mito si rivolgevano ai loro (generalmente non irreprensibili) mariti e compagni, rovesciando il tradizionale punto di vista maschile sulle storie raccontate.
Oggi tre tra le più importanti scrittrici nate negli anni Settanta reinterpretano il classico di Ovidio con assoluta libertà, giocando in modo innovativo e appassionante con i miti originali.
Così Valeria Parrella sposa il punto di vista di Didone, in una lunga e crudele invettiva contro il pavido Enea, colpevole contro le leggi dell’amore, partecipiamo del dramma di Ero e Leandro, in fuga dal loro paese su un barcone nel Mediterraneo, nelle parole di Ilaria Bernardini, Michela Murgia, infine, dà voce a Elena, perché́ “quando bellezza e guerra diventano sinonimi, non c’è più differenza tra ammirare e prendere di mira”.
Tre bravissime attrici, Emanuela Rossi, Beatrice Gregorini e Silvia Brogi danno voce rispettivamente a Elena, Didone e Ero.
Lo spettacolo di Claudio Boccaccini parte dall’attualità̀ del mito e mette al centro la prospettiva femminile, con una breve collezione di storie intense e universali, sospese tra modernità ed eternità.
Il 15 ottobre, alle 19.15, al Teatro Sala Keys di Pioppi, Teatro delle Temperie presenta “Retrogusto Pop” di Lidia Ferrari, con Lidia Ferrari, Francesca Fatichenti, Michela Lo Preiato e Zelia Pelacani Catalano. Quattro anziane si incontrano intorno a un tavolo per la quotidiana recitazione dell’Angelus.
Le donne constatano con rammarico che il loro piccolo villaggio è oramai lontano dall’Italia retta e integra che tanto amavano in passato. Il paesino è invece di giorno in giorno più̀ corrotto dalle giovani dissolute che lo abitano, potenzialmente letali per l’ordine famigliare e pubblico della comunità̀.
Agli occhi delle quattro amiche c’è un’unica soluzione: diventare omicide seriali per il bene della morale collettiva. Betta, Rosa, Concetta e Greta -questi sono i nomi delle anziane- sono solo le prime di molte protagoniste di Retrogusto Pop: uno spettacolo che narra sei storie, attraverso dieci quadri. Tramite ritmi sostenuti e tempi comici che attingono alla tradizione della Commedia dell’Arte e al clown contemporaneo, lo spettacolo propone una carrellata di giornate consuete in cui qualcosa cambierà̀ per non tornare più come prima.
Ogni scena è legata da un fil rouge: che cosa significa oggi vivere il femminile? Lo spettacolo volge uno sguardo ironico alle riflessioni che questa domanda genera, non tradendo mai la profondità̀ delle tematiche che sorreggono il testo.
La drammaturgia è scandita da dialoghi snelli e serrati, che narrano situazioni paradossali ma realistiche, aprendo davanti agli occhi del pubblico scenari comico- grotteschi del quotidiano. Le fonti di ricerca che sostengono la creazione di Retrogusto Pop sono varie, prima fra tutte è sicuramente L’enciclopedia delle Donna, testo pubblicato in venti volumi in Italia da Fratelli Fabbri nel 1963, da cui sono state ispirate le tre scene delle Enciclopedine. L’Enciclopedia non spinge solo le donne ad arrendersi a un ruolo sottomesso ma ad abbracciarlo con un sorriso splendente. All’interno del testo di Retrogusto Pop, le tre enciclopedine -zelanti venditrici della raccolta- sono effettivamente in apparenza perfette e vengono capitanate da una rigida e crudele regista. Con l’evolversi delle scene le tre donne compiranno una scelta inattesa dal manuale.
Il 18 ottobre, negli spazi di Teatro Sala Keys, andrà in scena “Alessandrina” di Mariella Marchetti. La protagonista è Alessandrina Tambasco, analizzata con l’obiettivo di avvicinare i giovani alla conoscenza della storia e incoraggiarli all’impegno civile e politico.
Nel suo monologo racconta la sua tragica vicenda e quella dei suoi familiari ad opera dei Borbone. Protagonista della storia dei Moti cilentani del 1828, è un simbolo fortemente identificativo della lotta per la libertà che fu combattuta nel 1828 in Cilento, ma anche delle lotte che oggi, in ogni angolo del mondo, vengono combattute in nome dei diritti umani, delle donne oppresse e discriminate, della pace, per il conseguimento del bene più grande: la libertà.
Il 1 novembre, negli spazi della Cappella di San Marco Evangelista, a San Marco di Castellabate, alle 21.15 andrà in scena “Alina atmosfere mediterranee” prodotto da Artisti cilentani associati con Alina Di Polito. Uno spettacolo che fonde le sonorità etno world con la canzone d’autore, esprimendo attraverso la musica, un ideale percorso alla scoperta delle affinità che uniscono le culture ed i popoli del bacino mediterraneo. Alina accompagnata da una band acustica di due elementi condurrà con la sua particolare vocalità gli ascoltatori nei vari porti della musica, valorizzando gli aspetti propri dell’internazionalità del linguaggio, dei costumi, delle storie e delle usanze dei popoli che nei secoli hanno attraversato il mediterraneo.
Attraverso una ricerca etnologica che parte dalla tradizione cilentana e campana emergeranno le analogie che accomunano le culture dei popoli che si affacciano sul Mare Nostrum, da sempre culla di grandi civiltà, mettendo in eveidenza con i conflitti che ne animano le azioni.
II 2 novembre, alle 19.15, nel Teatro Sala Keys di Pioppi, Teatro Out Off presenta “4.48 Psychosis” di Sarah Kane con Elena Arvigo. Un grido disperato d’amore e una lucida fragilità magistralmente interpretati da Elena Arvigo, che in scena dà voce e corpo ad uno dei testi più assoluti e intimi del teatro contemporaneo mondiale. 4:48 Psychosis è il testamento di Sarah Kane, autrice morta suicida nel 1999. Il dramma è scritto dal punto di vista di qualcuno con gravi problemi di depressione, un disordine mentale di cui Sarah Kane stessa soffriva. Il monologo è una partitura lirica sull’amore e sull’assenza che va oltre ogni possibile definizione, ma che pure, quando il fiume della vita pare attraversato tutto e la barca della speranza respinta al largo, lascia parlare la verità. Elena Arvigo ne è straordinaria interprete, spingendosi fino alle corde più profonde e dando immagini emotive al silenzio. Il monologo, molto più del punto di vista di chi soffre la depressione, è una forte denuncia, al tempo stesso socio-culturale e squisitamente intima.
Ultimo appuntamento, in data da definire, alle 19.15, nell’Auditorium di Stella Cilento, Unac srl presenta “Opera” con Francesco Formicola. “Che cos’è un’opera? Tutto ciò che vediamo, leggiamo etc. Che significato dare al concetto di “Opera”? Attività, azione, iniziativa intervento etc. Ecco in questo profilarsi molteplice e variegato nasce l’idea di uno spettacolo dalle diverse sfaccettature: poesia, musica, pittura, danza. In questa ottica abbiamo immaginato un mèlange di brani musicali, comprensive di brani di opere. Ma anche di proporre opere poetiche che vanno dal Petrarca al Merisi dalla Divina Commedia a brani di quella Eduardiana”, spiega Marzano. Interpreti saranno Francesco Formicola, tenore e musicista, Mario Brancaccio attore e scrittore, Girolamo Marzano e Patrizia Spinosi attrice e cantante. Nelle serate degli spettacoli al Teatro Sala Keys verrà allestita una mostra di pittura naif e artigianale denominata Croste.
Si ringrazia l’amministrazione provinciale e, nello specifico, il sindaco Franco Alfieri e il delegato alla cultura Francesco Morra per il patrocinio morale.